Riforma dello sport
05 Aprile 2025
È possibile riconoscere ai volontari delle società sportive un compenso così come lo abbiamo sempre fatto fino alla introduzione della riforma? La risposta è assolutamente no!
Dopo la Riforma non è più possibile ricorrere ai c.d. “compensi sportivi” di cui all’art. 67, co. 1, lett. m) del TUIR per remunerare l’attività prestata da atleti e tecnici dilettanti.
A maggior ragione, una tale facoltà non è prevista in favore dei soggetti volontari, nei confronti dei quali anzi vige un espresso divieto per ASD e SSD di corrispondere il loro favore ogni sorta di corrispettivo per l’attività svolta, fatto salvo esclusivamente il riconoscimento di rimborsi spese, analiticamente dettagliati dal volontario ovvero concordati forfettariamente con la ASD/SSD sino ad un massimo mensile di Euro 400.
Il volontario, infatti, pratica l’attività sportiva solamente per fini ludici e di divertimento, non facendone un’attività professionale come, al contrario, accade per i lavoratori sportivi – anche dilettanti – che offrono la loro prestazione in favore degli enti sportivi dietro il pagamento di un corrispettivo.
In sostanza, il volontario offre il suo tempo “spontaneamente” e “gratuitamente”.
Con la Riforma dello Sport, è stata introdotta anche nel mondo sportivo la possibilità di stipulare contratti di apprendistato con i giovani atleti, con l’obiettivo di fornire a questi ultimi un’adeguata formazione anche in vista del loro accesso al mercato del lavoro al termine della carriera.
Il Legislatore, tuttavia, non ha previsto una disciplina specifica per i giovani apprendisti sportivi, ma ha deciso di utilizzare i riferimenti normativi già esistenti e applicati dal diritto comune, seppur con alcuni rilevanti accorgimenti che rendono indubbiamente tale figura peculiare nel panorama della formazione giovanile.
Le tipologie di apprendistato sportivo sono tre: (a) per la qualifica e il diploma professionale, per il diploma di istruzione secondaria superiore e per il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato “scolastico”); (b) di “alta formazione”; (c) professionalizzante.
Il ricorso all’apprendistato professionalizzante è tuttavia rimesso alle società professionistiche che assumono un apprendista tra i 15 ed i 23 anni.
Seppur in attesa che vengano emessi gli appositi decreti attuativi con riguardo alle prime due tipologie, applicabili anche nel settore dilettantistico, pare utile sottolineare che, in virtù del richiamo alla normativa di diritto comune di cui al D.lgs. 81/2015, le ASD e le SSD che decideranno di valersi dei contratti di apprendistato scolastico o di alta formazione, potranno tesserare – e dunque “vincolare” – i giovani atleti sino a tre anni.
Il che potrebbe rappresentare un vantaggio, o comunque un’opportunità, per ambo le parti contrattuali: da un lato, all’atleta verrebbe garantito l’accesso ad un percorso di formazione e istruzione – con la possibilità di conseguire un titolo di studi e accedere al mercato del lavoro – dall’altro lato consentirebbe alle ASD ed alle SSD di usufruire del giovane atleta per un tempo certamente maggiore rispetto alla singola annualità prevista a seguito dell’abolizione del vincolo sportivo.
La risposta, come spesso accade in questi casi, è “dipende”.
Ed anzi, non vi è alcuna automaticità tra lo svolgimento di un’attività lavorativa sportiva oltre le 24 ore settimanali e la subordinazione, in quanto occorre la prova di ulteriori requisiti.
Ciò che accade – e questo sì automaticamente – è che la presunzione stabilità dal Legislatore all’art. 28 del D.lgs. 36/2021, per cui il rapporto lavorativo deve intendersi autonomo nella forma del co.co.co., viene evidentemente meno. Questo, però, non significa che il rapporto si trasformi automaticamente in un rapporto di lavoro subordinato.
Ed infatti, nel caso in cui il collaboratore dovesse rivendicare l’esistenza di un tale rapporto, le ASD e SSD potranno comunque dimostrare la genuinità della collaborazione e l’assenza dei requisiti per la subordinazione.
Gli indici rivelatori della subordinazione sono riassumibili in tre macro-categorie: etero-direzione, etero-organizzazione e potere disciplinare in capo al datore di lavoro. In particolare, pur con tutte le particolarità del mondo sportivo, possono essere considerati indici di subordinazione la presenza di direttive (non solo tecniche), i poteri di controllo e disciplinare, l’inserimento del lavoratore (sportivo) nell’organizzazione aziendale, il pagamento a scadenze periodiche, l’osservanza di un orario di lavoro, l’esecuzione della prestazione mediante strumenti del datore di lavoro.