12 Novembre 2020
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Il problema più grande che si è riscontrato con l’utilizzo di questo strumento sta nel fatto che non c’è certezza circa la sua natura: non si sa se il DPCM rientri nella categoria dei regolamenti o delle ordinanze. La differenza è importante poiché mentre i regolamenti servono semplicemente a specificare il modo in cui una legge del Parlamento deve essere attuata, le ordinanze sono invece strettamente legate alla sussistenza di uno “stato d’emergenza” e sono quindi contraddistinte da una scadenza temporale. Inoltre i regolamenti devono sempre tener conto di ciò che le leggi del Parlamento impongono (riserva di legge assoluta) mentre le ordinanze, proprio in virtù del fatto che vengono emanate durante situazioni eccezionali, possono in parte sostituirsi alle leggi (riserva di legge relativa). Un parziale superamento di questi dubbi si è avuto grazie a un altro decreto-legge (n. 19/2020) con il quale i DPCM sono stati di fatto equiparati alle ordinanze. Sono però rimaste aperte alcune questioni dal momento che per molte delle misure previste dai DPCM non sono state previste scadenze temporali. Sempre con questo secondo decreto-legge, sono stati superati molti dei problemi che l’utilizzo dei DPCM poneva dal punto di vista della conformità alla Costituzione. In particolare il fatto di limitare la libertà di circolazione attraverso uno strumento così ambiguo ha suscitato forti critiche. Proprio l’equiparazione del DPCM all’ordinanza ha però di fatto chiarito la questione dal momento che per l’art. 16 della Costituzione (sulla libertà di circolazione) è prevista una riserva di legge soltanto relativa ed è dunque possibile limitarlo anche tramite ordinanze (come deciso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68/1964) Dunque una sigla di cui, ahi noi, sentiremo ancora molto parlare e che è destinata a incidere sulle nostre vite chissà fino a quando...