30 Novembre 2020
La provenienza di Diego dal contesto malridotto e fatiscente delle favelas argentine si rifletteva sul suo modo di occupare il campo e d’imporsi nel gioco con un attaccamento furioso al pallone e una contemporanea gentilezza verso i più deboli, i dimenticati. Proprio come ricorda Gianfranco Maione, tecnico del Lucento: «Diego era l’uomo del popolo, s’immedesimava nel popolo, provenendo dalla strada. Io sono cresciuto con le gesta di Maradona, l’ho visto tutte le volte che ne ho avuto la possibilità. Vedere una squadra “piccola” come il Napoli sconfiggere un gigante come la Juventus è stata un’emozione incredibile».
La dedizione che Maradona rivolgeva ai suoi tifosi, ai tifosi del Napoli, è qualcosa che difficilmente si potrebbe spiegare e replicare. Un esempio ci viene raccontato da Vincenzo Peluso, allenatore dell'Under 14 del Ciriè: «Nell’87 andai a vedere un allenamento al centro Paradiso insieme ad un paio di amici. Aspettavamo fuori, sperando che Diego uscisse a firmarci l’autografo. D’un tratto eccolo lì con un sorrisone e una scatola enorme tra le mani piena di cioccolato e regalini vari; ci chiese dove avessimo parcheggiato e ce la fece caricare nel portabagagli. Lui s’identificava con Napoli, si rivedeva nei napoletani e diceva sempre “Io voglio far felici i ragazzi di Napoli”. Era sovrumano».
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