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Riflessioni

A 15 anni c'è chi esordisce nel Barcellona e chi viene escluso dalla propria squadra di quartiere

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un nostro sostenitore

A 15 anni c'è chi esordisce nel Barcellona e chi viene escluso dalla propria squadra di quartiere

Questo articolo riporta nomi di fantasia per raccontare fatti realmente accaduti nella primavera del 2023 in una società di calcio della periferia di Torino. Sono un sognatore e penso che lo sport sia di tutti e che il business debba venire sempre dopo il messaggio educativo che viene trasmesso ai giovani. Non sempre noi adulti, io in primis come genitore, siamo all’altezza del compito. Ma abbiamo sempre la possibilità di scusarci, di ripensarci o di rivedere le nostre posizioni.

A 15 anni e 290 giorni ha fatto l’esordio col Barcellona Lamine Yamal. Talento blaugrana di origini marocchine ed equatoguineane. Mi è rimbombata in mente stanotte questa notizia e non mi ha lasciato piu’ dormire. Ho cosi deciso di raccontare invece la storia di Hassan, Francesco, Gianluca, Abdul, Joao e dei loro compagni di squadra.

Ognuno di loro con la loro breve storia e ognuno col suo piccolo bagaglio di successi e fallimenti nel corso della loro vita. C’era chi, con la pioggia o con il sole , faceva 1,5 km per andare ad allenamento tre volte a settimana, c’era chi era sempre in ritardo di 3 minuti ma era sempre presente, c’era chi aveva nel calcio la sua seconda famiglia e nel recinto della società spesso passava soltanto per prendere una bibita o guardare la partita dei più piccoli o dei più grandi.

Tutti giocavano a pallone con lo stesso sogno. Essere parte di qualcosa. Essere gruppo. Nessuno di loro si sarebbe mai sognato di esordire in Serie A a 15 anni e nessuno se lo sarebbe mai aspettato. C’era un allenatore innamorato del pallone e dei ragazzi che in un biennio aveva preso una squadra che prendeva 7/8 gol a partita in un campionato provinciale in una squadra che se la giocava con le altre rivali del girone. Non era riuscito nell’intento di portare risultati come avrebbe voluto ma aveva tirato fuori la carica agonistica e soprattutto aveva lavorato sulla coesione del gruppo e nella creazione di un forte spirito di squadra. Aveva ormai quasi finito il suo mandato e la squadra era pronta a lavorare con un nuovo mister per la stagione successiva.
Questo gruppo di ragazzi si vedeva fuori dal campo, per un giro nel borgo, per una partita al parco con gli altri giovani della città, per un film al centro commerciale.


Purtroppo la società in questione ha deciso di allontanare Hassan,Francesco,Gianluca, Abdul e Joao per motivi disciplinari sostenendo che il comportamento dei ragazzi non era conforme allo spirito societario convocandoli in direzione senza neanche convocare i genitori. Eppure mi ricordo che quando ho iniziato a giocare a calcio io , 35 anni fa, le società avevano l’obiettivo di allontanare i ragazzi dalla strada e farli piuttosto stare in un campo da calcio. Ricordo che avevano la missione di correggere i loro comportamenti sbagliati e di educarli a essere in futuro degli uomini. Ricordo anche che il calcio è uno sport fatto di tecnica, tattica ma anche tanta atletica e aggressività e siamo pieni di esempi di giocatori sempre al limite del regolamento nelle massime serie. Ora, dopo qualche settimana dall’episodio la squadra non esiste più poiché altri cinque ragazzi hanno deciso spontaneamente di abbandonare la società. L’allenatore è stato esonerato e la squadra ha ripreso a perdere copiosamente come due anni fa.

Ma quali potranno essere i risultati a lungo termine di queste decisioni prese cosi alla leggera da un gruppo di adulti poco preparato dal punto di vista sociologico? Potranno essere di aver perso dei ragazzi che mai più torneranno al calcio giocato in Federazione, potranno essere aver lasciato dei ragazzi potenzialmente con un vissuto familiare complicato in balia degli eventi, al giardino davanti casa a fumare o in giro per il centro… Ora questi ragazzi non stanno più insieme, alcuni di loro si allenano in un’altra società e stanno iniziando una nuova avventura, altri sono fermi e sono un po’ spaesati sulle decisioni da prendere, altri ancora hanno invece deciso di lasciare il calcio definitivamente.

Per fortuna c’è un compleanno, una domenica libera, un sabato disponibile e questi ragazzi si ritrovano. A una festa, al parco, al centro commerciale. Perché sono adolescenti, sono i nostri ragazzi, i nostri figli. Sono il nostro futuro. Sembrano dei bulli ma sono estremamente fragili e hanno enormemente bisogno di stare in gruppo, di una guida, di un esempio o di un supporto durante questo periodo della loro vita. Invece noi adulti li abbiamo mandati via, li abbiamo fatti sentire indesiderati, abbiamo piantato in loro il seme del rifiuto, del non essere adeguato, del non essere amato. Abbiamo fatto capire loro che per il bene della società era meglio perderli definitivamente che sprecare del tempo a educare allo sport dei ragazzi di 14 anni.

Fra tutte le modalità educative possibili questa è la peggiore che avessimo potuto attuare con degli adolescenti. Abbiamo perso tutti. Noi adulti una opportunità di essere degli educatori; la Federazione, col ritiro prematuro di alcuni suoi atleti; la società, con la cancellazione della squadra, ma soprattutto i ragazzi. Lamine Yamal ha esordito a 15 anni in Liga col Barcellona. Noi abbiamo allontanato cinque ragazzi di 14 anni senza dargli la possibilità di confrontarsi.

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