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Dopo 15 anni da allenatore passa dietro la scrivania con una missione: «Generare calciatori pensanti e liberi di scegliere»

Agostino Schenato il mentore del nuovo responsabile della preagonistica gialloblù: «Il calcio è divertimento ma anche espressione della fantasia»

Città di Segrate

SCUOLA CALCIO: Città di Segrate

Il duro lavoro premia sempre, lo sa bene Roberto Raimondi che, dopo ben 15 anni passati ad allenare, va a ricoprire il ruolo di responsabile della preagonistica al Città di Segrate. Lui di chilometri ne ha macinati prima di tutto come calciatore, fino a quando un brutto infortunio interruppe la sua carriera. Così, in un giorno qualunque, vedendo dei bambini allenarsi nei campi del La Salle, scattò nuovamente la scintilla. In quella realtà di quartiere cominciò a muovere i primi passi come allenatore. Aspirando a fare sempre meglio, e crescendo sempre di più, il tecnico, arrivò ad essere notato anche da una società come la Pro Sesto: «Lì ho passato degli anni bellissimi, ero a contatto con tecnici preparati e di rilievo che mi hanno insegnato molto. Iniziai ad allenare i Pulcini, poi gli Esordienti. Successivamente mi spostai al Seregno, allenando gli Under 13. Grazie ai buoni risultati dello scorso anno ricevetti diverse proposte da società differenti, ma fra le altre accettai quella della Città di Segrate. Una scelta di cuore, poiché è una società a cui mi sento appartenere, in cui sono cresciuto. Loro mi conoscono bene e credo che sia per questo motivo che mi abbiano lasciato carta bianca».

Assumere un ruolo dirigenziale, con un elevato carico di responsabilità, alle volte può spaventare. In generale, uscire dalla propria comfort zone richiede uno sforzo notevole, una miglior concentrazione per affrontare il carico di stress: «Sono consapevole delle responsabilità che dovrò addossarmi, ma si è trattato di una scelta ponderata. Dopo anni passati da istruttore, avevo bisogno di nuovi stimoli. Allenare è bellissimo e so che mi mancherà molto vivere il campo, ma questa posizione corona un percorso. Lo abbiamo deciso assieme, con il 50 e 50 tra la mia volontà e quella della società».

Esistono modi di allenare che permettono l’instaurarsi di legami forti; ciò che più colpisce del tecnico è l'applicazione di una metodologia che migliora l'autostima dei più giovani: «Seguo i ragazzi applicando ciò che viene definita metodologia deduttiva. Il mio obiettivo è quello di crescere calciatori con capacità di problem solving. Il mio aiuto è esplicito in fase di allenamento, dove offro suggerimenti su come superare le difficoltà sul campo, mentre durante la partita non esprimo pareri. Parto dall’idea che il calcio sia sì divertimento, ma anche fantasia. Se sono sempre io a indicare come fare, il bambino non si sentirà mai libero di applicare la sua visione. Fare un’azione diversa da quella che ti suggerisce l’allenatore, non è un errore, è una scelta. È una scelta perché se funziona, vuol dire che eri padrone della situazione, mentre se qualcosa è andato storto, non significa che per forza che la visione fosse sbagliata, ma che forse c'è qualche elemento tecnico da migliorare».

Tra i suoi primi obiettivi, dunque, vi è la diffusione della metodologia a livello societario: «Generare calciatori pensanti sarà il nostro macro obiettivo. Io suggerirò delle linee guida di riferimento, dopodiché ogni tecnico dovrà sentirsi libero di sperimentare. Ho la fortuna di lavorare con persone di alto profilo come Gino Zumpano, che mi ha “affidato” il suo ruolo e Daniele Tacchini, direttore tecnico di grandissima esperienza, un UEFA A, con cui condivido la stessa visione del calcio. Ma  tra le persone a cui devo molto ci sono: Luca Tettamanti e Marco Grossi della Pro Sesto che mi hanno dato la possibilità di ampliare il mio curriculum, Luca Rossi e Andrea Cioffi due miei giovani ex colleghi ed infine il mio riferimento, Agostino Schenato, a cui ho fatto da secondo mentre lui faceva i nazionali. Un grazie di cuore».

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