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Riflessioni

Genitori "elicotteri" o "tigri": un problema in ogni caso

Sono spesso le prime cause di abbandono dell'attività soprattutto per le fasce d'età più giovani

Genitori "elicotteri" o "tigri": un problema in ogni caso

Nel 1969 Haim Ginott, autore del libro "Between Parent and Teenager”, scriveva: «Mia madre si librava su di me come un elicottero». Questo termine venne recuperato per poi allargarsi a macchia d'olio anche nel calcio, marchiando alcune tipologie genitoriali di baby calciatori.

Genitore elicottero

Iperprotettivi, librano in alto, ruotano intorno ai loro figli, per sostenerli e favorirne le loro performance calcistiche. I genitori elicottero nel calcio, sono attenti e pronti a prendere le loro difese con comportamenti sempre a sostegno delle loro prestazioni di campo. Come elicotteri, si alzano, si abbassano, girano e rigirano sulle loro teste, vedono e sentono tutto. Quando atterrano sono guai.

Genitore spazzaneve

Sono invece coloro che abbattono ogni ostacolo, e ripuliscono le strade che percorrono i loro figli di ogni cosa che possa intralciare una loro sperata carriera nel calcio rendendogli così (erroneamente) la vita facile. Controllano chi manca agli allenamenti, i minuti giocati di chi occupa lo stesso ruolo del figlio nei tre/quattro tempi della gara, pronti ad intervenire chiedendo spiegazioni. Sono super dannosi.

Genitore tigre

Coloro che investono denaro sui loro figli già da piccoli con lezioni private a pagamento, poi appena più grandi, con tutor sempre pronti a riferire, e mental coach (figura ormai fondamentale per i genitori tigre) dei quali necessitano per sbloccare alcuni complessi mentali dei loro figli durante la gara. Già da piccoli devono primeggiare in tutto, e se giocano a calcio devono arrivare in Serie A. Non c'è altra strada.

Genitore sommergibile

Sono i preferiti dalle società di calcio (non si vedono mai) le statistiche dicono che sono i papà e le mamme dei bambini più bravi e promettenti. Li lasciano in pace liberi di giocare senza mai indagare, o voler sapere, se il loro figlio è bravo o no. Emergono sulle onde del mare solo quando convocati per eventuali comunicazioni. Si presentano educatamente, e se c’è qualche notizia buona per i propri figli ringraziano sorridenti presidenti e società. Dovrebbero essere presi come esempio da tutti.

Nel calcio giovanile faccio una mia personale distinzione tra genitori con i figli nelle società professionistiche, e genitori con i figli nelle società dilettantistiche. Ho vissuto personalmente le due esperienze, nel primo caso come allenatore nei professionisti, nel secondo come responsabile di settore giovanile per numerosi anni nei dilettanti. Per far capire meglio la differenza che c'è, lo faccio con un esempio irreale, non veritiero, ma significativo. Se si convocasse a mezzanotte una squadra di bambini appartenenti ad una società professionista per una partita, i genitori arriverebbero con i loro figli, tutti, due ore prima. Nei dilettanti accuserebbero tutti di essere dei matti da legare, chiedendo subito un incontro con i vertici della società. Nei professionisti i genitori si vedono solo a fine anno e se i loro figli non sono confermati chiedono spiegazioni, a volte contestando tali decisioni. Però bisogna riconoscere che tutte queste tipologie diverse di genitori, e i loro modo di comportarsi, hanno tutti un comune denominatore: il "volere troppo bene ai propri figli" senza sapere che facendo così, qualcuno di loro, trovandosi in difficoltà nell'età più importante della sua vita sportiva, e con il timore di deludere i genitori, lo abbandonano precocemente interrompendo uno sport che favorisce salute fisica e benessere, che insegna a vincere, ma soprattutto a perdere, così da poter affrontare nel miglior modo possibile il percorso della vita fuori dal campo.

Il grande scrittore uruguaiano, Eduardo Galeano

Concludo regalando per Natale una frase che è rimasta scolpita nella mia mente. L'autore è un grande scrittore uruguaiano, Eduardo Galeano. Un giornalista chiede a uno psicologo: «Come spiegherebbe ad un bambino cos'è la felicità»? «Non glielo spiegherei, darei a lui un pallone per giocare». Ecco, cari genitori, non togliete la felicità ai vostri figli, lasciateli giocare senza pressioni familiari, saranno poi loro stessi a decidere per un eventuale abbandono. I più bravi decideranno, insieme a voi e alla società, qual è la strada migliore da percorrere per il prosieguo di una eventuale carriera nel calcio che conta.

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