La campagna
22 Febbraio 2024
Lo scorso 7 febbraio è stata la giornata nazionale contro il bullismo, ma la sensazione forte è che non si parli, ma sopratutto non si faccia abbastanza contro quella che è certamente una delle più grosse piaghe sociali che riguardano adolescenti, giovani e - con altri nomi e contorni - anche gli adulti.
Il bullismo e un contenitore di prepotenze, prevaricazioni e ingiustizie che ha come scopo, da parte di chi le esercita, quello di acquisire dei privilegi o uno status all’interno di un gruppo, a danno di altri elementi più deboli. Ma se a parole è universalmente contrastato e condannato - e proprio questo è il vero problema - nei fatti e nel quotidiano il bullismo è un fenomeno ampiamente tollerato sia dalle figure che maggiormente sarebbero tenute a intervenire, come insegnanti, istruttori, o anche dagli stessi genitori, sia da una più generale “opinione comune” che nel bullo riconosce indirettamente una figura forte, dominante; uno che ha la meglio sugli altri. In ambito sportivo, ad esempio, il bullo non sarà mai il più gracile, o quello più “scarso”, è molto più facile che sia un elemento prezioso per stazza o per doti, uno di cui non ci si vuole privare perché è quello che fa vincere le partite, e che per questo gode di una buona dose di tolleranza e impunità.
Non è un caso che in tema di bullismo le azioni e le iniziative non siano spesso tese a far smettere il bullo di essere un bullo, bensì a insegnare al bullizzato come sopportare, e possibilmente uscire, da quella situazione. Lo dice un semplice pensiero logico del resto: se il bullismo non fosse una strategia socialmente vincente, se essere un bullo portasse a conseguenze negative o peggio all’essere in prima persona emarginati, verrebbe abbandonato immediatamente. E invece non è così, anzi. Tanti adulti considerano il bullismo come qualcosa di naturale, che può persino aiutare a formare il carattere, a far diventare uomo. «Ma sì, sono cose fra ragazzi» oppure «Così ti fai le ossa…». E invece il bullismo è qualcosa che lascia ferite profondissime nella psiche di un ragazzino che già in adolescenza attraversa una tempesta di emozioni contrastanti, che va a minare la traballante autostima di chi viene “preso” di mira proprio per i suoi problemi, o per le sue differenze.
Se lo scorso 7 febbraio non ha avuto un’eco sufficiente, qualcosa vogliamo provare a fare anche noi insieme ai nostri ragazzi e al nostro mondo. Consapevoli che il bullismo è un problema giovanile di cui sono soprattutto gli adulti a doversi fare maggiormente carico. Questa campagna vuol essere proprio questo: un grido d’aiuto dei ragazzi verso coloro che sono responsabili della loro educazione e della loro crescita; un appello alla capacità di ascolto dei loro modelli di uomo, ai quali i ragazzi naturalmente tenderanno. Non c’è una soluzione magica al problema del bullismo; ma ci dev’essere almeno una direzione, da provare a seguire tutti insieme.
Per comprendere l’entità del problema occorre, come spesso accade, distinguere il mondo delle idee da quello della realtà. In molti film, fumetti o racconti, il bulletto di paese e di quartiere viene neutralizzato e messo in fuga con una torta in faccia, o con una fionda, dal gruppetto di bullizzati che trovano nella forza gruppo e nei valori dell’amicizia il potere di fare trionfare il bene sul male senza particolari conseguenze. Avere a che fare con un bullo vero, invece, è molto più complicato e pericoloso. La cosa più semplice e naturale sarebbe evitarlo: ma il bullo spesso è un tuo compagno di classe o di squadra, frequenta il tuo oratorio, il tuo parchetto. Non è facile staccarsi, perché inevitabilmente verrai etichettato (dal bullo in primis), come un debole, uno smidollato, uno che non è stato capace di affrontare il problema, uno che è andato a piangere dal professore - con il rischio che lo stesso finisca magari per minimizzare l’accaduto, se non addirittura incolpare la vittima (il bullo per definizione non ha onore, quindi non si fa problemi a mentire, a recitare o a ricorrere ad altri tipi di meschinità -.
Altrettanto difficile è tentare la via di un dialogo o di un negoziato, con il bullo o con la sua famiglia (se un ragazzo è un bullo è molto probabile che lo siano anche le sue figure di riferimento). Ribellati, si sente dire, combatti, se subisci e basta non può che peggiorare. Ed è vero. Ma se fai un torto al bullo il suo primo pensiero sarà quello di vendicarsi e di ripristinare la sua posizione di dominio. Il bullo quindi non sparirà magicamente, anzi è più facile che tu te lo ritrovi, insieme ad altri bulli, all’uscita da scuola. Il risultato è uno stato di costante terrore, una pressione psicologica enorme che grava su un soggetto spesso fragile (e per questo bullizzato), dal quale la vittima non vede alcuna via d’uscita.
La FIGC-SGS sponsorizza - tra le sue iniziative - il progetto “Un Calcio al Bullismo", rivolto a tutti gli studenti e studentesse della Scuola Primaria e Scuola Secondaria, nato con l'intento di prevenire e fermare l'evoluzione del bullismo e del cyberbullismo nelle scuole. Per sensibilizzare in modo concreto gli studenti, la FIGC ha previsto incontri formativi direttamente negli istituti. Nella primavera del 2023 in una delle tappe apripista del progetto, i ragazzi del collettivo “Ma Basta” fondato dal giovane Mirko Cazzato hanno illustrato il modello di prevenzione agli alunni dell’istituto comprensivo Montessori di Roma, insieme al Segretario Nazionale del Settore Giovanile e Scolastico Vito Di Gioia. Un modello che prevede anche la collaborazione con l'applicazione “Convy School” e il movimento “MaBasta”. La prima è un'app progettata con il supporto di psicologi, psicoterapeuti e responsabili scolastici per dare supporto agli studenti, alle famiglie e agli istituti scolastici. L’applicazione fornisce un innovativo servizio di messaggistica crittografato che permette agli studenti e alle loro famiglie di comunicare, in modo sicuro e immediato, direttamente al referente eventuali situazioni sospette. Invece, nell’ambito del movimento Mabasta, sono previste attività di informazione presso le scuole (per studenti, docenti, referenti per il bullismo, dirigenti) e attività di formazione rivolta ai docenti (MabaProf) e a particolari studenti "Bulliziotti”, ragazzi rispettosi e rispettati ma non temuti, che abbiano la capacità di mettere pace e soprattutto che riescano a captare ogni forma di bullismo all'interno della classe. L'intento di quest'ultima è, infatti, quello di spronare ogni singolo ragazzo a fare qualcosa di concreto, a non rimanere in silenzio, a non dire la fatidica frase «io mi faccio i fatti miei» ma ad agire. [Giada Laurenti]
L’espressione “leone da tastiera” è ormai entrata a far parte del linguaggio comune. Demonizzare gli strumenti del proprio tempo invece di studiarli e comprenderli non è mai un’operazione saggia, ma che tra gli effetti collaterali del web vi sia una forte de-responsabilizzazione nei confronti delle proprie azioni e delle proprie parole, è un dato di fatto. Non bisogna essere uno psicologo o un sociologo per capire che spesso le persone non si sognerebbero mai di dire faccia a faccia ciò che scrivono sui social. Il che significa che le pagine web, e in particolare il mondo dei social, possono diventare (anzi, evidentemente lo sono già diventati) fertile ricettacolo per nuove categorie di bulli che un tempo non esistevano.
Si tende a pensare che il bullismo sia qualcosa di prettamente “fisico” e maschile, ma ce n’è un altro tipo, più sottile e subdolo ma con conseguenze altrettanto gravi. Pericoloso anche perché è meno visibile rispetto a quello classico, e su cui quindi si interviene ancora meno. È un bullismo psicologico fatto di maldicenze, pettegolezzi, diffamazioni basate su falsità, cattiverie che vanno a toccare le sfere più fragili, messo in atto nella maggioranza dei casi dalle ragazze. Questo tipo di bullismo ha effetti devastanti sulle più giovani, perché l’adolescenza, probabilmente più di tutte, è l’età in cui è fortissimo il bisogno di sentirsi appartenenti a un gruppo. [Giada Laurenti]