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Festa del Papà

Tanti auguri a tutti i papà del nostro calcio!

«I figli hanno bisogno della nostra protezione, ma ci ricordano ogni giorno ciò che nella vita conta davvero»

“Non riesco a pensare ad alcun bisogno dell'infanzia altrettanto forte quanto il bisogno della protezione di un padre.” Lo diceva un certo Sigmund Freud nel sottolineare il legame unico, e sacro, che ci lega ai nostri figli. Nel cuore di un padre non vi è istinto più forte del tutelare, accudire, supportare, sostenere e soccorrere il proprio figlio. Ma forse è utile spostare per un momento il punto di osservazione, e provare a comprendere quanto i figli possano a loro volta insegnare ai padri operando, una sorta di inversione dei ruoli.
I bambini sono creature pure, innocenti e trasparenti. I bambini nascono senza le zavorre e le tare che nel corso degli anni si accumulano sulle spalle degli adulti, oscurandone gli orizzonti. Bisogna ammetterlo senza mezze misure: i bambini sono personcine migliori di noi. Non sanno cosa sia la cattiveria, la prevaricazione, la discriminazione. Presto lo impareranno, ma solo perché saremo noi adulti a insegnarglielo. Senza nemmeno rendercene conto.

Aspettando e festeggiando insieme la prossima Festa del Papà, del 19 marzo, proviamo allora a guardare a loro come ai nostri maestri, per una volta. Proviamo a considerare i nostri figli come se fossero loro i nostri padri, e a recuperare il fanciullo che è ancora nascosto da qualche parte dentro di noi. Un discorso che si fa ancor più illuminante e rivelatorio se lo trasponiamo nel mondo del calcio. Chi è che si arrabbia per una sconfitta? L’adulto o il bambino? Chi è si vergogna per un risultato troppo ampio? L’adulto o il bambino? Chi è che rimugina, che si altera, che perde la pazienza, che ne fa un dramma? Sempre e solo l’adulto, dando vita a una spirale di negatività che verrà assorbita e interiorizzata dal bambino nel solco più semplice del: “Se lo fa mio padre, allora è giusto”.
Le dinamiche tossiche di campo, in fondo, sono tutte uguali. Gli adulti si infervorano per un fallo o un fuorigioco fischiato o non fischiato; il primo strilla, il secondo gli risponde, dentro o fuori dal campo, fa lo stesso. Accade allora che i ragazzi cavalcano lo stato d’animo degli adulti, cominciando a loro volta a protestare, a entrare ancora più forte sugli avversari, e questo provocherà reazioni ancora più veementi da una panchina all’altra; a meno che non ci sia qualcuno di abbastanza saggio (e il più delle volte c’è, per fortuna), da bagnare e disinnescare una miccia destinata a esplodere.

Un nostro collaboratore esterno questa settimana ci ha scritto in redazione dicendo: «Mi era piaciuto vedere e commentare Pulcini ed Esordienti le scorse volte, soprattutto per come giocano e si divertono in maniera spontanea. Se c’è possibilità, mi piacerebbe rifarlo in futuro».
Ecco lui probabilmente ha capito che - in un certo senso - ha più da insegnarci una partita di bambini, che non una di Serie A.

L'IMPORTANZA DEI PAPA' DIRIGENTI (di Carlo Federico Ferrero)

La passione per il calcio è una questione ereditaria. Se ci fate caso e provate a chiedere ai vostri amici e conoscenti perché hanno iniziato ad avvicinarsi allo sport più seguito al mondo, vi diranno che i primi ricordi legati al pallone, la prima scintilla da cui è partito tutto, è scattata grazie a qualche familiare. In alcuni casi un nonno, in altri magari un fratello, ma per la maggior parte degli appassionati grazie al papà. Guardando l’emozioni vissute dai padri allo stadio, davanti alla tv o anche in campo in una partitella con gli amici, si percepisce sin da piccoli l’importanza che il gioco del calcio può avere nella vita di un uomo. Importanza che, come spiegato anche nell’articolo qua sopra, a volte porta a comportamenti esagerati e da condannare, ma che per fortuna, nella maggior parte dei casi, coincide perfettamente con il significato della parola passione nella sua accezione più pura. È così che da cosa nasce cosa: vedendo i papà divertirsi e tifare i grandi campioni, viene voglia di cominciare a guardare le partite, replicarle con i videogiochi, collezionare carte e figurine e poi, soprattutto, viene voglia di mettere gli scarpini e scendere in campo. E quando cominciano a calcare i terreni di gioco sin da bambini, di chi hanno bisogno più che mai i piccoli calciatori? Ancora di loro, dei papà, e in particolare dei papà-dirigenti. La scorsa settimana, per celebrare la festa della donna, abbiamo voluto parlare di tutte quelle mamme che svolgono questo ruolo fondamentale e lo fanno con una attenzione e una precisione tali che meriterebbero un premio ogni weekend. Questa settimana, visto quest’altra ricorrenza, non possiamo non parlare di loro, dei papà.

Diciamocelo chiaro e tondo: nella Scuola Calcio, più che in ogni altro settore, se non fosse per la buona volontà dei dirigenti, che nella stragrande maggioranza dei casi sono prima di tutto dei papà, a malapena si riuscirebbe a giocare. Distinte, spostamenti, organizzazione in senso lato sono possibili solo grazie all’attività di volontariato fatta da quei genitori che si caricano sulle spalle molti più oneri che onori, sacrificando spesso sia i sabati che le domeniche di riposo dal proprio lavoro. Un’attività che è sempre stata fondamentale ma che lo sarà man mano ancor di più, viste le crescenti necessità burocratiche e logistiche a cui ogni singolo gruppo deve ormai far fronte. Per non parlare poi dell’importanza che i dirigenti rivestono per il nostro nostro lavoro. Se non fosse per loro, risulterebbe impensabile avere a disposizione tutti i dati che forniamo ai lettori di settimana in settimana, dalle semplici statistiche alle storie più particolari. Al di là dei rapporti con stampa e federazione comunque, qualunque papà gioca il ruolo più importante nei confronti dei suoi figli e di tutti gli altri bambini: con una presenza costante (se non invasiva) e sopratutto col buon esempio. Questo numero è dedicato proprio a quei papà che fanno di tutto per migliorare l’esperienza dei bambini sul campo e in generale all’interno impianti.

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