Il caso
20 Marzo 2025
Rissa tra genitori a una partita di bambini: sì, ma al circolo sportivo della Polizia
È di cinque giorni fa la notizia che a Roma è scoppiata l’ennesima rissa durante una partita di calcio tra i genitori dei bambini (Under 10) in campo. Starete pensando: “Mamma mia che notizia, qui ne vediamo una a settimana praticamente!”. E avete ragione. Quella riportata da Messaggero e Fatto Quotidiano non è infatti la notizia di una semplice rissa tra genitori, ormai all’ordine del giorno senza che nessuno si stupisca particolarmente, ma c’è molto di più. La particolarità è che questa rissa scoppiata sabato 15 marzo a Roma è avvenuta in uno dei circoli sportivi della Polizia di Stato. Quello che è realmente accaduto è ancora da decifrare nei particolari, le testimonianze dei presenti sono discordanti e sull’entità dei danni subiti da chi è rimasto coinvolto non ci si può sbilanciare più di tanto. Ma non è questo il punto.
Il punto è che, per quanto riguarda la violenza all’interno degli impianti, si sta pian piano arrivando a dei livelli mai raggiunti prima. Prima di tutto dal punto di vista quantitativo, perché gli episodi simili sono ormai veramente all’ordine del giorno. Non c’è impianto, non c’è campionato e praticamente non c’è partita in cui non si assista a qualche evento spiacevole più o meno grave. Chi frequenta con una certa assiduità i campi, ha a che fare sempre con avvenimenti simili a quello citato in apertura. Ma anche dal punto di vista qualitativo, andando a vedere più in profondità quello che accade sui campi e sugli spalti anche del più piccolo impianto durante le partite di calcio, ne vediamo e sentiamo veramente di ogni. Quello accaduto nel circolo sportivo della Polizia a Roma è soltanto l’ultimo esempio e se vogliamo anche il più lampante: come può una persona, in particolare un genitore, arrivare a scatenare una rissa in un posto gestito dalla Polizia? Siamo alla pura follia, significa più che mai che è crollato qualunque tipo di barriera. Se già è inaccettabile che episodi di violenza, più o meno leggera, si verifichino in un impianto qualunque, che questi accadano in un luogo popolato da forze dell’ordine, è un segnale lampante di come, varcato il cancello del centro sportivo, le persone si trasformino e credano di avere dei diritti che al di qua di quel cancello invece neanche si sognano. «Gente che aveva fatto invasione di campo che si rincorreva per picchiarsi. C’era un uomo con un megafono che scandiva frasi violente ed incitava all’aggressione. Ho chiuso dentro l’auto mio figlio in modo che non uscisse. Poi sono riuscito a lasciare il circolo. Ma ho visto una situazione davvero brutta». È questo il tenore delle testimonianze raccolte sul luogo, e, al di là di quello che può essere effettivamente successo, sinceramente non ci suonano così esagerate.
Anche nello scorso weekend di campionati di Scuola Calcio, in soli due giorni ci sono stati raccontati almeno altrettanti episodi che, se non così gravi, si sono comunque avvicinati molto. E non soltanto da parte dei genitori sugli spalti, ma anche da parte di allenatori e dirigenti, coloro che sulla carta dovrebbero essere il primo buon esempio per i bambini e ragazzi che giocano. Ci è stato riportato di un istruttore che ha praticamente tirato un ceffone a un suo giocatore che non aveva capito un’indicazione e che a ogni rimprovero da parte dell’allenatore “avversario” lo ha epitetato con espressioni pesanti davanti ai ragazzi; di un genitore che è sceso fino alle recinzioni del campo andando testa a testa con il dirigente preposto per la direzione di una gara; e, immancabilmente, abbiamo assistito in prima persona a un accenno e anche qualcosa di più di rissa sugli spalti, ma questo, l’abbiamo già ribadito, non fa più minimamente notizia. Lo sport è uno dei primi fattori per condurre una vita sana, ma ormai, un po’ come per le sigarette, all’entrata degli impianti bisognerebbe mettere un messaggio disclamier per chi viene a vedere le partite: “Nuoce gravemente alla salute”.