Scuola Calcio
25 Settembre 2025
«Ogni bambino ha bisogno di vedere il proprio papà e la propria mamma contenti, che lo guardano felici per ciò che sta facendo in campo, ma che non insultano né gli avversari né per l'arbitro». I genitori sono croce e delizia di questo sport, soprattutto nella pre-agonistica: ne rappresentano il combustibile, ma in alcuni casi ne diventano ostacolo. Si parla spesso del "problema genitori"; un paradosso, perché così sembra che ci si stia riferendo a tutti. Quando solo una minoranza "chiassosa" ne macchia "il nome", rischiando però di screditare l'intera categoria. Andando sui campi il sabato si troveranno tante mamme e tanti papà che si divertono a seguire il proprio figlio. Che gioiscono per la propria squadra: che si "comportano bene", rispondendo così coi fatti a chi li critica. Ma c'è bisogno comunque di trovare dei correttivi, che possano rendere questi episodi ancor più rari. Perché pretendere di cancellarli è impossibile, ma bisogna comunque provarci: d'altronde Machiavelli diceva che per puntare all'obiettivo bisognava mirare un po' più in alto. Educare degli adulti? Difficile, ma necessario.
«Lo scopo principale di tante società è l'aggregazione e l'educazione dei ragazzi». Semplice, conciso, chiaro. Così Paolo Liberto, responsabile della Scuola Calcio della Franco Scarioni. «Sento alcuni genitori che creano delle aspettative troppo alte per propri figli, quando il focus, soprattutto a quest'età, dev'essere tutt'altro. Sembra quasi che si stia del tutto perdendo la possibilità di comunicare dei valori fondamentali dello sport. E questo è un rischio per tutto il movimento». E da Via Tucidide a Via Felice Orsini cambia la voce, ma non cambia il concetto: «È un momento difficile per tutto il calcio, anche nel rapporto con chi sta "fuori" dal rettangolo di gioco» commenta Samuele Grassi «Il problema è che c'è un gruppo di genitori che crede che il figlio riuscirà ad arrivare in Serie A, e questo alla fine rompe i rapporti. Perché dai piccoli amici fino al Professionismo ci sono migliaia di variabili che non dipendono unicamente dalle doti del ragazzo. Secondo me, la causa di fondo è che si è persa la dimensione degli oratori, dove si giocava solamente per divertirsi e per stare insieme. Ci sono società che ora promettono mari e monti, promettono di andare nei professionisti, e questo a tratti è logorante».
Insomma, il problema di fondo - nonché causa di questo sospetto bilanciamento di percentuali - sta nell'aver spostato il focus dalla dimensione del divertimento e dell'aggregazione - che, aldilà del risultato , risulta elemento centrale, soprattutto quando si parla di Pulcini ed Esordienti - a quella della carriera. E, come sottolineato da Bice Passera, responsabile della Scuola Calcio del Villapizzone - premiata al pallone d'oro di Sprint e Sport come miglior dirigente - il tema non va a radicarsi solo in un ambito strettamente calcistico, ma finisce per divenire fil rouge di tutta la realtà: «Lo sport è lo specchio della società: quello che viviamo nei nostri campi, è ciò che si rivede nelle scuole. Storie di genitori che vogliono difendere a tutti i costi il figlio. Spesso con aggressività. Il calcio è una bellissima metafora della vita, e come tale finisce per includere anche gli aspetti negativi in questo "racconto della vita"».
Episodi gravi come quello sul campo del SuperOscar devono essere evitati. Una banalità, che esaspera un problema, ma la cui soluzione non deve solo permetterci di evitare questi eccessi, ma di evitare - per quanto possibile - ogni tipo di eccesso. Trovare una soluzione è difficile e, al momento, non sembra esserci un percorso univoco. Si tratta di tentativi, di strade diverse che mirano tutte a un unico obiettivo: «In Scarioni abbiamo stilato un decalogo per giocatori, allenatori e genitori. Sono regole normali, che si basano sul rispetto di sé, degli altri e del sapersi divertire. All'interno del decalogo delle famiglie c'è il far gruppo fra loro: io ricordo ancora dei rapporti che i miei hanno intessuto mentre io giocavo. Son aspetti fondamentali. E in questo gruppo di "norme" c'è anche il godersi lo spettacolo. Avevamo anche pensato a istituire una figura che sugli spalti svolgesse un ruolo simile a quanto fanno per le strade i "Nonni Vigili" - e come chiediamo ai nostri istruttori quando non sono direttamente impegnati in campo - ma al momento è troppo difficile».
E qui, possono anche venire in soccorso varie iniziative: la soluzione che non arriva da fuori, ma che forse viene in qualche modo indotta tramite queste esperienze: «Qui al Villapizzone abbiamo aderito a vari progetti. Innanzitutto il "Genitore Sportivo" che coinvolge genitori e ragazzi: quattordici punti che le mamme e i papà "corretti" dovrebbero seguire, e che vogliamo anche ribadire sui social. Coi piccolini abbiamo anche sperimentato la partita applaudita: abbiamo lasciato che i genitori entrassero nel rettangolo di gioco e si mettessero a bordocampo. Prima che potessero entrare, però, abbiamo voluto spiegare che la loro partecipazione era solo al fine di sostenere i ragazzi, senza dare suggerimenti tecnici e senza esprimere giudizi nei confronti degli altri bambini. Son tutti correttivi, che dobbiamo tentare fin da piccoli. "Lasciateli giocare, crescere con gli amici". Ci confrontiamo con adulti, ma crediamo che si debba tentare un lavoro di educazione».
E forse, secondo Samuele Grassi, la rivoluzione deve partire dalla Federazione, dalla ricostruzione dei campionati di Scuola Calcio: «Noi in Aldini cerchiamo di sensibilizzare, di organizzare incontri e riunioni, abbiamo anche a disposizione uno psicologo. Ma credo che qualcosa debba cambiare a livello federale: a mio modo di vedere, si potrebbe provare a escludere le società professionistiche dai piccolini, almeno fino agli Esordienti. Molto spesso, queste società puntano a vincere subito, senza guardare in prospettiva e alla categoria di riferimento. Molte di loro - praticamente tutte - hanno varie società satelliti, per cui puoi comunque usare per fra crescere i ragazzi. Poi quando diventano più grandi, puoi cominciare a prenderli. Quando una società come l'Aldini gioca contro una Prof, i genitori la vivono male perché pensano che quella squadra possa prendere suo figlio. Ma, a cascata, questo influenza anche il ragazzo, che gioca con un'eccessiva pressione. Anche quando i piccoli partecipano ai provini di società molto grosse, c'è un'aspirazione che il papà o la mamma gli carica sulle spalle. Dovrebbero viverla come un'esperienza, che in pochi sono in grado di fare. È chiaro che non puoi pretendere di sistemare il problema dall'oggi al domani, ma togliendo quel peso dai campi dilettantistici permetti all'ambiente di viversi il gioco con più serenità, con l'idea di divertirsi».