Lutto
12 Novembre 2025
Salvatore Garritano aveva esordito in prima squadra con la Ternana per poi giocare dal 1975 al 1978 con il Torino conquistando lo Scudetto nella stagione 1975-1976 sotto la guida di Luigi Radice
Allo Stadio Comunale di Torino il tabellone segna l’80’. La partita è inchiodata, e l’ansia pesa come un cielo basso. Dalla panchina si alza un 20enne dal passo elastico, entrato da poco al posto di Paolo Pulici. Il pallone gli arriva sporco, lui lo pulisce col controllo e lo scarica in rete con la sicurezza di chi sa trasformare un attimo nella propria firma: è Salvatore Garritano. Quel gol al Milan vale il sorpasso sulla Juventus: la domenica del 4 aprile 1976, il Torino cambia la fisionomia del campionato e inizia la corsa verso uno scudetto che resterà un punto cardinale della memoria granata. Oggi, quel ragazzo diventato uomo se n’è andato a 69 anni, vinto da una malattia lunga e ostinata. Ma la sua traiettoria, umana e sportiva, resta limpida come quel tiro.
UN COMMIATO CHE UNISCE LE GENERAZIONI GRANATA
La notizia è arrivata nel primo pomeriggio di mercoledì 12: Salvatore Garritano si è spento a Cosenza, la sua città, dopo aver combattuto a lungo, con discrezione e caparbietà, contro una forma di leucemia. A dicembre avrebbe compiuto 70 anni. Il primo cordoglio ufficiale è arrivato dalla società: «Lutto nella famiglia granata», ha scritto il Torino FC, ricordando l’ex attaccante che tra il 1975 e il 1978 collezionò 27 presenze e 6 gol, interpretando al meglio il ruolo di riserva di lusso alle spalle di Pulici e Graziani. Un messaggio che restituisce la misura dell’uomo oltre che del calciatore. La cui carriera è stata semplicemente qualcosa di notevole in un periodo calcistico in cui per emergere era doveroso dimostrare tutto il proprio valore sul campo senza doversi aspettare aiuti da chissà chi. E non era neanche scontato che lo si potesse fare conquistando promozioni o vincendo campionati. Ben diversamente dunque dai tempi attuali in cui nel mondo del Professionismo circolano molti giocatori inadeguati, contrattualizzati solo perchè in prestito da club di Serie A e Serie B per meccanismi di scambio o di altro genere.
RADICI COSENTINE, CARATTERE DA SPOGLIATOIO
Nato il 23 dicembre 1955 a Cosenza, Garritano si forma calcisticamente nella Morrone e sboccia con la Ternana: 19 presenze e 7 gol in Serie B nel 1973-1974, poi l’esordio in Serie A con le Fere nel 1974-1975 (18 gare e 3 reti) dopo la prima promozione di una squadra umbra in massima serie. Il Torino lo acquista e lo lascia completare il percorso in Umbria prima di portarlo sotto la Mole nella stagione storica. Sono gli anni in cui il calcio italiano vive di marcature ferree e spazi ridotti: per affermarsi servono coraggio, mobilità e spirito di servizio. Garritano ce li ha tutti. Arrivato in granata, trova un ecosistema tecnico ideale per crescere: la rivoluzione metodologica di Gigi Radice, la pressione benefica di una piazza esigente, e davanti a lui la coppia che ridefinisce il lessico dell’attacco italiano, i «gemelli del gol» Pulici-Graziani. Essere la «riserva» in quel contesto non è un ridimensionamento, ma un compito ad alta responsabilità: entrare e cambiare l’inerzia delle partite. E il 4 aprile 1976 Garritano lo fa, consegnando al Torino il successo per 2-1 sul Milan e il primato in classifica nella famigerata «domenica del sorpasso». In quel pomeriggio, davanti a 49.330 spettatori, segnano Ciccio Graziani al 28’, Garritano al 80’; al 90’ il rigore di Calloni non basta ai rossoneri. La fotografia di quel tabellino è una prova materiale del suo peso specifico in quella stagione.
NUMERI E SOSTANZA: IL PROFILO DEL CALCIATORE
Con il Torino: 27 presenze ufficiali e 6 gol complessivi tra 1975 e 1978. Il dato – riportato anche nella nota del club – conferma l’utilizzo “chirurgico” di Garritano: poco minutaggio in proporzione, ma impatti ad alta intensità. In carriera: 304 presenze e 70 gol tra Serie A, B, C1 e C2. In Serie A conta 77 gare e 14 reti. La punta cosentina costruisce il proprio curriculum muovendosi lungo la dorsale del calcio italiano: Ternana, Torino, Atalanta, Bologna, Sampdoria, Pistoiese, poi le soste in Omegna, Sorrento, Latina e ritorno alla Ternana. Un percorso che disegna la mappa di un professionista affidabile, capace di adattarsi e lasciare tracce ovunque. Nel 1979-1980 indossa la maglia del Bologna in Serie A: 27 partite e 6 gol in una stagione di sostanza. L’anno prima, con l’Atalanta, aveva già mostrato confidenza con la porta (tra A e B, 35 presenze e 8 reti in due stagioni). Nel 1981-1982 contribuisce alla promozione della Sampdoria: 31 presenze e 4 gol in Serie B, tassello importante di un progetto che negli anni successivi porterà i blucerchiati alla ribalta nazionale. Con la Pistoiese firma tre stagioni generose (tra Serie B e C1) prima di chiudere il cerchio tornando alla Ternana e partecipando alla risalita dalla C2 alla C1 nel 1989.
IL GIORNO CHE RESTA: 4 APRILE 1976
Rivedere la cronaca di quella domenica è come aprire un album di famiglia. Formazioni scolpite nella memoria: Castellini, Santin, Salvadori, Claudio Sala, Mozzini, Caporale, Patrizio Sala, Eraldo Pecci, Graziani, Zaccarelli, Pulici. In panchina Gigi Radice. Dall’altra parte Albertosi, Sabadini, Maldera, Turone, Bet, Scala, Bigon, Benetti, Calloni, Biasiolo, Chiarugi, guidati da Giovanni Trapattoni con Nereo Rocco direttore tecnico. I dettagli, minuto per minuto, nome per nome, spiegano meglio di qualsiasi aggettivo perché quella gara sia diventata un punto fermo delle narrazioni granata. E perché il nome di Garritano torni sempre accanto alla parola chiave: sorpasso.
UNA VOCE ONESTA DEL CALCIO DEGLI ANNI '70 E '80
Negli anni successivi alla carriera, Garritano non ha cercato riflettori facili. Ha lavorato come osservatore, restando dentro il calcio con discrezione e mestiere. Ma quando serviva, parlava chiaro: non nascose la propria contrarietà all’uso improprio di farmaci nel calcio degli anni ’70 e ’80, rivendicando l’importanza di una cultura sportiva pulita. Un tema che riemerse più volte nelle sue interviste e nei ricordi di chi lo aveva conosciuto. Anche nel giorno dell’addio, tutti quanti hanno ricordato quel tratto di schiena dritta. In un’epoca che spesso misura il calcio solo in quantità – minuti giocati, expected goals, valore di mercato – la figura di Salvatore Garritano ricorda che contano anche la qualità del momento, la capacità di essere decisivi senza la pretesa del riflettore fisso. È una lezione attuale per tecnici, dirigenti e tifosi: riconoscere il valore di chi completa, equilibra, cambia l’inerzia. Il Torino del 1976 ha vinto perché aveva stelle, certo, ma anche perché aveva uomini come Garritano. Ecco perché oggi, nel salutarlo, il mondo del calcio gli deve più di un grazie.