Serie D
21 Marzo 2021
Fabio Lauria PDHAE Serie D
Nella sfida casalinga con il Legnano, il PDHAE ha vinto e raggiunto l'obiettivo di inizio stagione che era la salvezza. Però arriva una notizia che rovina la festa e riguarda il ginocchio di Fabio Lauria. La risonanza parla chiaro: rottura del crociato anteriore del ginocchio destro. Il fantasista classe 1985 di Roberto Cretaz è stata finora una pedina quasi indispensabile per i Valdostani che finora hanno sorpreso tutti ritrovandosi ora non solo in corsa playoff, ma al terzo posto a 5 lunghezze dal Gozzano capolista. Nato a Napoli, Lauria ha messo le prime scarpette alla Scuola Calcio KODOKAN, per poi approdare qualche anno dopo nelle giovanili della Ternana. Arezzo, Cuneo, Sanremese, Modena, Parma... Lauria ha viaggiato di piazza in piazza stilando un curriculum degno della qualità messa sempre in campo anche in Valle d'Aosta, dove è arrivato quest'estate.
Cosa passa nella mente subito dopo il trauma e l'esito degli esami?
Quando ho subito il trauma avevo subito sospettato che fosse il crociato. Non sono uno che esce dal campo molto facilmente e quindi doveva essere qualcosa di serio.Che non fosse il crociato era più una speranza che un dubbio. Poi mi han dato l'esito della risonanza e il primo impatto è stato devastante. Pensi subito all'età, quanto dovrai rimanere fuori, ... passano tante cose per la testa, tutta la negatività del caso, soprattutto alla mia età. Il giorno dopo mi sono alzato rimboccandomi subito le maniche e cominciando a fare un po' di tono muscolare perché non è giusto un epilogo del genere. Non trovo corretto buttarmi così giù davanti alla squadra. Non è giusto vedermi giù in un momento così bello a livello di gruppo. Non è giusto. Ho pensato che devo ancora dare il mio contributo.
A proposito di contributo: la società ha annunciato che rimarrai al fianco della squadra per il finale di stagione.
Assolutamente, compatibilmente con gli impegni di riabilitazione nella quale sono seguito dalla A alla Z da uno staff. Cercherò di essere il più possibile presente al campo perché credo che quello che c’è di buono non deve essere buttato via per un giocatore infortunato. Il gruppo ha raggiunto una grande maturità, una mentalità giusta. Ha dimostrato di essere cresciuta e continuerà a dimostrarlo e questo mi rende molto felice ed orgoglioso. Ci tengo a ringraziare pubblicamente il direttore Padovano, Cretaz, i ragazzi e la società perché mi hanno chiesto di rimanere vicino alla squadra dimostrando che sto lasciando qualcosa anche come persona, come sono io aldilà del campo. Mi riempie d'orgoglio e come ho detto a Cretaz mi sento più carico di quando scendevo in campo.
Cretaz ha sottolineato soprattutto la tua figura da leader, da uomo che si prendere responsabilità. Come cambia adesso fuori dal campo?
Diciamo che in questo momento è il mio è un ruolo nuovo rispetto a quello che ho fatto fino ad adesso. In campo è sicuramente più facile: ti senti più parte importante, è più immediato tirare fuori quello che hai dentro. D'altro canto però ripeto che il gruppo è fantastico e la mentalità e la maturità l'hanno raggiunta. Hanno coraggio.
Un'infortunio così, a un'età non più giovanissima, spesso spinge a pensare al futuro. Hai pensato di smettere o comunque di iniziare a pensare ad altri ruoli?
A mente caldissima ho pensato anche di non operarmi e cercare di tirare su il muscolo per dare gli ultimi colpi e magari poi pensare al dopo. Successivamente mi sono guardato allo specchio, a mente fredda. Ho fatto un excursus di come mi approccio a tutto. La risposta è stata molto semplice: non è il momento di pensare al dopo. Gambe e spirito mi portano assolutamente in campo e ho sempre pensato che quando avrei dovuto smettere me l'avrebbe detto il corpo, ma soprattutto la testa. Finché non è così vuol dire che ho ancora tanto da dare e colgo l'occasione come una nuova sfida con me stesso.
Hai vestito tante maglie anche molto gloriose come quella del Parma e da molti posti sono arrivati messaggi d'augurio. Quanto è importante per te questa vicinanza da tutta Italia e quanto è stata occasione per ripercorrere la tua carriera?
Voglio ringraziare di cuore tutti. Sono arrivati una marea di messaggi privati e sui social e quasi nessuno era il classico messaggino di circostanza, ma tutti toccanti. Li ho letti tutti con orgoglio perché, come ho già detto, prima di lasciare qualcosa attraverso il campo voglio lasciare qualcosa fuori. Tutti poi mi hanno dato la carica per rimettermi in carreggiata, così come il pensare a quello che ho fatto. Non tanto per buttarsi nel passato, ma ogni tanto è utile vedere cosa è stato e come. A Parma ho passato momenti indimenticabili e ricevere tante chiamate dai tifosi è bellissimo. Occupano posto speciale per me, così come la maglia del Parma che è un top assoluto a prescindere dalla categoria. Credo di aver vissuto quello che provano i giocatori di Serie A senza averci giocato. Ad anni di distanza, che si ricordino di me... beh è speciale.
Sei arrivato in Valle d'Aosta quest'estate. Come è nata l'ipotesi PDHAE?
Avevo conosciuto il direttore Padovano a Cuneo e Cretaz è molto amico di Fabio Artico con cui ho un bel rapporto e lui mi ha raccontato di quanto fosse preparato Cretaz come allenatore. Insomma, le referenze c'erano e quindi sapevo le persone che mi stavano chiamando, il che ha giocato a vantaggio di entrambi. Fosse stato solo il nome della squadra avrei potuto chiedermi spaesato «Dov'è che sto andando?». Alla prima telefonata dell'allenatore sono stato sincero. Mi piaceva come opportunità, ma per non prendere in giro nessuno ho detto che mi serviva capire se me la sentivo di approcciarmi ad una realtà piccola come questa. Dovevo capire se avrei potuto dare il 100%. Cretaz mi rinfaccia ancora le sette chiamate che mi ha fatto! Quando ho capito che me la sentivo ero già pronto a dare tutto me stesso e siamo partiti con un entusiasmo alle stelle, pari a quello di Cretaz alla prima chiamata in cui mi ha parlato di schemi, obiettivi, modalità... tutto. Come se avessi già firmato al primo squillo. Questo entusiasmo fa parte del suo carattere e lo ha trasmesso subito.
Effettivamente il nome della squadra PDHAE è insolito e su Instagram quando vincete scrivete "#codicefiscale". Come è nata?
Viene spontanea l'associazione a un codice fiscale. In estate abbiamo letto in giro commenti ironici sulla squadra e sul nome. Ci siamo ripromessi di dimostrare a tutti che non è il nome a fare la differenza, ma è il cuore, la passione e la qualità. Tutte cose che a noi non mancano. Fare poi ironia su di sé dimostra maturità, quella maturità che abbiamo raggiunto. Abbiamo sempre saputo di avere qualità e questi commenti ironici sono stati per noi uno stimolo: combattere contro chi ci dava come prima delle retrocesse. Invece la salvezza non è stata mai, mai, mai in dubbio. Uno stimolo, una rivincita: eravamo consapevoli che "il codice fiscale" potesse dire la sua.
Negli spogliatoi la vittoria è accompagnata dal canto “Non sarà un'avventura” di Lucio Battisti. Anche questo è un po' un canto di rivalsa?
Noi eravamo consapevoli della nostra forza. A Sestri Levante abbiamo giocato con sette undicesimi dell'Eccellenza dell'anno prima. Tutti i ragazzi hanno non hanno dimostrato che sanno stare in Serie D, ma che questa categoria è proprio la loro. All'esterno dicevano che la nostra sarebbe stata un'avventura. La prima volta in Serie D, ma il "codice fiscale" sarà la prima a scendere. Tutto deriva da lì: una rivincita di gruppo su chi ci dava come vittima sacrificale. Non c'è un "padre" di questa cavolata. Le cavolate vengono da tutti: non c'è un matto, ma ventidue matti; non c'è una persona per bene, ma ventidue persone per bene.
Che allenatore è Roberto Cretaz?
È un vincente! A partire dalla mentalità perché ha vinto tanto sia da giocatore e che da allenatore. È vero che esordiente in Serie D, ma in tutte le categorie che ha fatto ha sempre vinto ed è fondamentale. La mentalità vincente va costruita col tempo. Con lui poi si è costruito un bel rapporto, di fiducia, di complicità. parliamo e ci confrontiamo spesso. Per questo sono orgoglioso che lui mi abbia chiesto di rimanere affianco alla squadra e a lui, perché vuol dire che si è creato un rapporto solido. In ogni caso ha tutte le carte in regola per scalare le categorie. Magari ha qualcosa da limare perché è giovane, ma io non sono un allenatore e non saprei neanche dire cosa. Però parte da una mentalità e sa trasmetterla e lo si vede adesso in una squadra non partita "vincente" ma che lo è diventata. Gli va dato un merito eccezionale.
Spesso il gioco del PDHAE di Cretaz è definito “brutto, ma efficace”, ma avete dimostrato di saper fare anche partite facendo girare bene il pallone.
Bisogna essere anche pratici. Io sono il primo, essendo un giocatore tecnico, che quando vede una squadra alla Guardiola si innamora. Però capisco e comprendo la praticità, anche perché con quella ci ho vinto campionati. Siamo in una categoria in cui bisogna esserlo tanto. Noi abbiamo trovato mix giusto sapendo fare anche prestazioni di grande qualità. Senza andare troppo lontano nel tempo: con la Caronnese non abbiamo mai alzato la palla facendo quattro gol a una squadra in lotta con noi per i playoff. Poi ci sono invece prestazioni diverse tipo quelle con Lavagnese e Folgore. Ti metti lì, aspetti e rispetti la forza dell'avversario. Ha vinto Guardiola, ma ha vinto anche Mourinho. Non c'è una scienza esatta, ma serve trovare il giusto mix.
Quanto rode a una persona e a un giocatore come te non dare l'assalto finale ai playoff, una volta raggiunta la salvezza?
Tanto. È scontato. Visto che mi rode ho bisogno del loro 101% per chiudere il discorso iniziato insieme. La squadra ha raggiunto una maturità importante e lo ha dimostrato anche a Imperia. Abbiamo dei giocatori che possono prendere in mano la squadra e lo hanno già fatto. Ciappellano, Vinci (che è un giovane esperto), Tanasa, Masini... Hanno già dimostrato di sapersi prendere le responsabilità. Abbiamo poi dei giocatori importanti come Borettaz, D’Onofrio che hanno giocato meno, ma sono pronti. Lo stesso Scala che ha giocato tanto… tutti che danno qualcosa in più in allenamento e alzano il livello. Coi giovani che vengono su bene penso si possa ambire ai playoff. Non bisogna avere l’ansia e la frenesia perché può può bloccare. Abbiamo i giocatori per raffreddare la palla quando scotta. Abbiamo le carte in regola per continuare a divertirci.