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Dall'incontro con Walter Sabatini al miracolo col Sondrio: il DS si racconta dopo l'addio

Christian Salvadori analizza la società di oggi e ripercorre le tappe di una grande carriera aspettando una chiamata che gli possa «far sentire la magia»

Dall'incontro con Walter Sabatini al miracolo col Sondrio: il DS si racconta dopo l'addio

SERIE D NUOVA SONDRIO •Christian Salvadori, ormai ex direttore sportivo della Nuova Sondrio. Con lui i biancoazzurri hanno compiuto un'irripetibile escalation sino alla Serie D

Quella che vi narriamo oggi non è una storia comune. È il racconto di un uomo che nei suoi 26 anni di carriera da direttore sportivo ha lasciato ovunque un segno. Vuoi per il carisma innato, vuoi per le invidiabili conoscenze di cui dispone, vuoi per i titoli e i successi che ha sempre saputo regalare: possono cambiare i motivi, ma quello che Christian Salvadori ha lasciato nelle squadre in cui è stato resta inscalfibile nella memoria dei tifosi e sui muri degli spogliatoi. Il DS aretino del resto lo vuole ricordare sempre: «A parole son bravi tutti, ma sono i fatti e i curriculum a fare la differenza». La scrittura ha da sempre reso eterni coloro che meritano, i vincenti, coloro che anche, soli contro tutti si battono e prendono le distanze da un mondo troppo artificioso e ipocrita: «Più ci si erge con narcisismo e megalomania più si viene seguiti: non capisco perché restare umili venga visto come un atto di inferiorità. Non sono un edonista, considero l'essere più importante dell'apparire»-afferma Salvadori. Un'amara constatazione su un mondo che il direttore analizza a fondo con lucidità e obiettività, che mette in opposizione il marcio della società ai ferrei valori che egli incarna a pieno: «Il calcio è ciclico, la lealtà permanente: chi ha determinati princìpi non li negozia e chi lo fa per opportunismo non può considerarsi un uomo perbene. L'originalità sta nell'essere fedeli a sé stessi e ai propri ».Nel corso della sua carriera, Salvadori ha avuto modo di incontrare figure di assoluto spessore e di riferimento, per le quali nutre una stima, un rispetto e un affetto incommensurabili. Da Walter Sabatini, «un intellettuale prestato al calcio, un uomo di campo, dalle competenze sopraffine e l'acume inarrivabile», che Salvadori ha sempre cercato di emulare, per poi arrivare all'attuale CT dell'Under-21 Italiana Silvio Baldini«Silvio è un uomo d'altri tempi, un genio assoluto immerso nella sua genuina e sbalorditiva semplicità. Una persona concreta, pratica, di sani principi: un dispensatore d'energie positive». E come dimenticare perfino Fréderic Massara «un risolutore finissimo di problemi, un totem raffinato dal grande valore umano e sportivo. Potrei citarne altri, ma non voglio fare torto a nessuno e ho menzionato solo alcuni di coloro che ho avuto il piacere e l'onore di incontrare negli anni: molti sono diventati amici preziosi». Salvadori, sinonimo di credibilità e affidabilità, non ha mai ambito alla popolarità, né ha mai avuto interesse per il mondo dei social; al contrario, si è sempre dedicato alla missione che porta avanti da due decenni e mezzo, vale a dire trasformare polvere e macerie in sogni. «Come dice Allegri, vincere non è mai qualcosa di ordinario, ma è un evento straordinario. E poi vorrei ricordare una cosa: il calcio si fa soprattutto per vedere i bambini esultare negli stadi perché nelle loro gesta di giubilo, risiede l'essenza e la ragion per cui, ognuno di noi dovrebbe adoperarsi totalmente al raggiungimento di questo primario obiettivo». E proprio in questa dichiarazione finale sta l'unicità di una persona che ha saputo dar vita ai desideri della gente, che ha fatto ritornare la tribuna di Sondrio gremita di tifosi, che ha rafforzato il senso di unione e di collettività: perché, anche se ora ha lasciato la Valtellina, la storia è sempre lì. Pronta a ricordare a ogni nuovo arrivato l'immortalità di ciò che Salvadori è riuscito a costruire e a lasciare ai suoi giocatori, al di là delle vittorire.

L'INCONTRO CON SABATINI E LE TAPPE PIU' SIGNIFICATIVE

Modesto calciatore dilettante, Christian si avvicinerà al mondo del calcio da bambino, salvo poi, col passare degli anni, scegliere di appendere gli scarpini al chiodo: tanta, troppa la passione per il pallone per non restare nell'ambiente sportivo, seppur in un'altra veste. «Ero duttile, ho giocato in più ruoli, ma non avevo molto talento. Ho interpretato ogni posizione con grande sagacia e abnegazione ma capii presto che, come calciatore, non avevo le potenzialità per fare una grande carriera. Scelsi dunque di dedicarmi allo studio, all'analisi del calcio nella sua interezza». Perfezionista metodico, già allora Christian mostrava una dedizione per il lavoro senza eguali e comincerà a muovere i primi passi di quella che sarà una carriera di buon llvello: nel 1999, mentre lavorava come fisioterapista per la sua Arezzo, avvenne un incontro destinato a svoltargli la vita. Una di quelle persone che ti segnano, che ti lasciano un marchio, che ti stregano per la loro unicità: «L'incontro con Sabatini fu folgorazione allo stato puro. Tutto mi affascinava di quella persona, fu lui a spingermi a scoprire un mondo sin lì imperscrutabile. Dopo due anni sotto la guida di Cabrini e Cosmi, fu il Direttore a farmi intraprendere quella strada. Fu un onore ed ebbi un moto di orgoglio potentissimo». Proprio a proposito dello storico direttore sportivo, Salvadori rivela un aneddoto interessante: «Un giorno Sabatini mi diede un libro di antropologia e mi disse di leggerlo. Non amavo la lettura e inizialmente non compresi il motivo. Ad oggi posso dire che aveva ragione anche su quello». Quella di Salvadori per Sabatini è una stima sconfinata, il giusto tributo ad un mentore capace di rivoluzionare un modo di intendere, fare e analizzare il calcio: «Sabatini era un uragano di idee, non vedevo l'ora di imparare da lui. Ascoltavo, apprendevo come una spugna, cercavo di assorbire tutto, sapevo memorizzare ogni sua smorfia. Un uomo straordinario, verso cui ho tante volte espresso la mia incommensurabile stima». Dall'ex Direttore di Roma e Salernitana, Salvadori erediterà doti come l'assoluta dedizione al lavoro, l'importanza dei rapporti umani e soprattutto dell'occhio, per scovare i talenti più promettenti anche negli angoli più nascosti del globo terracqueo.

Christian si ritrova nel mondo che aveva da sempre sognato: un bagaglio pieno di conoscenze, da trasformare in esperienze da mettere a disposizione delle sue squadre. Gli inizi in Serie D con il Sansovino, poi le esperienze con Massese e Riccione, sino ad arrivare alla Sangiustesese in C2 e alla Sangiovannese sempre in Serie D: tutte esperienze che hanno come comun denominatore i traguardi raggiunti, che siano vittorie del Campionato o salvezze improbabili. Sempre partendo da 0, sempre con quell'umiltà che ricalca le origini di una persona che si è formata grazie allo studio, al lavoro e all'incontro con professionisti di assoluto spessore. Favoritismi, amicizie di convenienza e falsità non sono parole che fanno parte del mondo di Christian Salvadori: tutto ciò che ha ottenuto se l'è costruito e l'ha raggiunto grazie al merito. Quel merito, dicevamo, che lo porterà nel 2010 a collaborare nientemeno che con il River Plate, un'esperienza fugace ma significativa, che lo renderà un nome di caratura internazionale, con Malta e Ibiza che saranno arricchite dalle sue conoscenze calcistiche. Eppure, come Salvadori stesso riconosce: «Sono state tutte esperienze importanti, ma non sono riuscito ad incidere come avrei voluto. Spesso sono innumerevoli i fattori che possono decretare la buona riuscita professionale». Altre tappe molto formative sono state anche Bucinese e Pomezia, società in cui Salvatori ha lavorato dopo l'esperienza alla Sangiovannese. L'autocritica di chi sa analizzare i fatti con razionalità, di chi all'occorrenza chiede scusa e riconosce i propri limiti laddove necessario. La forza di chi sa rialzarsi quando le cose non vanno bene, attingendo dalle proprie risorse senza puntare il dito su colpevoli invisibili: Salvadori si è rimboccato le maniche, non ha perso tempo, ha studiato ancora, ha acquisito consapevolezza e ha vinto un Campionato con la Primavera 3 dell'Arezzo. Un successo speciale, arrivato con la squadra della sua città e che tifa sin da quando è piccolino.

DOVE L'ENNESIMO MIRACOLO EBBE INIZIO

Era reduce da un successo, l'ennesimo, conquistato in un Campionato temibile come la Primavera 3 insieme al suo Arezzo: eppure, nonostante la società gli avesse proposto di restare ancora in veste di DS, Salvadori era tuttavia alla ricerca di un progetto più stimolante. «L'avventura è cominciata perché avevo un'amicizia in comune con il Presidente Rigamonti». Lontano da casa, a 550 km dalla sua Arezzo, in un capoluogo di provincia totalmente sconosciuto a Salvadori e l'arduo, forse a primo impatto impossibile compito di dover risollevare una squadra che sembrava ormai destinata ad un'interminabile crisi dentro e fuori il rettangolo verde. Componenti del caso che avrebbero probabilmente scoraggiato quasi tutti, facendo desistere anche il più ottimista: tra costoro non figura però il protagonista della nostra storia, un uomo dalla passione e da una dedizione al lavoro ormai rarissima nel mondo d'oggi, una persona i cui valori e la fiducia nei propri mezzi lo portano a superare qualsiasi ostacolo e accettare anche le sfide più complicate«Mettermi all'opera non mi ha mai spaventato, specialmente se di fronte a carta bianca totale. È pur sempre vero che all'inizio fu dura, durissima. Nell'ambiente mancavano le minime basi, non c'erano attitudine, predisposizione e alcuna mentalità calcistica». Salvadori non esita a darsi da fare, a creare compattezza e gruppo attorno all'ambiente, a dare fiducia ad una squadra che praticamente tutti consideravano con un piede in Prima Categoria a giro di boa nemmeno terminato: un lavoro certosino, frutto di esperienza e competenza che solo un professionista come lui poteva portare, i cui frutti verranno raccolti nel girone di ritorno. Dall'arrivo di Salvadori, la Nuova Sondrio inanellerà infatti un filotto di vittorie impressionante che non solo consentirà al club di Michele Rigamonti di raggiungere con anticipo la salvezza, ma addirittura di chiudere il Campionato all'ottavo posto. Un traguardo impensabile, se si pensa a quanto fosse drammatica la situazione solo pochi mesi prima. 

Insomma, la tifoseria di una piazza storica e ambiziosa come quella di Sondrio, che nel pieno della pandemia di Covid-19 aveva dovuto persino rinunciare ad intraprendere l'attività agonistica, può dopo anni di sofferenza ritrovare quell'entusiasmo e quel senso di appartenenza che riportano centinaia di persone a tingere il cielo della Castellina di biancoazzurro, ritornando a riempire quelle gradinate che per molti erano e oggi più che mai sono una seconda casa. Forse è anche questa una delle più grandi vittorie ottenute da Salvadori: ridare gioia alla gente della sua nuova città adottiva. Salvadori ricorda a tal proposito che, specialmente nell'anno dello storico ritorno in Serie D «La Castellina ribolliva di passione. Furono domeniche indimenticabili e mi hanno detto che non si era mai vista né tutta quella gente né tutto quel calore a Sondrio». Una digressione dovuta, immagini che rappresentano più di mille parole, che arrivano al cuore e alla mente della gente, che rievocano memorie indelebili a cui appigliarsi nei momenti difficili e di tristezza. Bisogna però ora riavvolgere il filo della narrazione e tornare nell'estate 2022: il miracolo compiuto nel girone di ritorno non può che passare inosservato: Salvadori e Rigamonti lo sanno bene e, una volta terminata la stagione, ci si riunisce per gettare le basi in vista di una nuova annata. L'obiettivo dichiarato è la vittoria del Campionato e per raggiungere il traguardo Salvadori si immerge completamente nello spirito del calciomercato, regalando a Sondrio giocatori di livello superiore per la categoria, che culmineranno nella creazione di quello che Salvadori stesso ricorda come un vero "dream tream": «Arrivarono Pietrantonio, Escudero, Cocuz, Martinez, Rodriguez e Busto, più il giovanissimo Muletta, protagonista assoluto di quelle annate. Non fu facile convincere giocatori del loro livello a sposare il progetto, per di più a modiche cifre e a quelle latitudini; questo fu possibile grazie al mio essere convincente e persuasivo, qualità che mi sono uniltateralmente riconosciute». E con buona pace di tutti coloro che imputano al ds aretino di far raramente affidamento sui giovani, diversi furono i profili under lanciati in quegli anni: uno su tutti, il centrocampista Riccardo D'Alpaos, ritornato a Sondrio nell'estate '23 dal Monza e messosi in luce come uno dei migliori in Eccellenza nel suo ruolo. «Oltre a vincere il Campionato di Eccellenza ottenemmo anche il Premio per la valorizzazione dei giovani. Fu una grandissima soddisfazione, se consideriamo che molte squadre avevano un budget superiore al nostro e noi eravamo una neopromossa». Salvadori è garanzia di vittorie ed è lui stesso a spiegare quello che, forse, si cela dietro ai continui traguardi conquistati: «Penso che sono stato bravo e anche fortunato nell'abbinare al nostro zoccolo duro, fatto di over importanti, ma sconosciuti al grande pubblico giovani di grande prospettiva. Quell'anno arrivarono anche altri ottimi giocatori come Boschetti e Badjie: tutti fattori che hanno fatto la differenza in questa escalation». E fu proprio in quell'anno che Salvadori sarà protagonista di uno dei suoi atti di "follia visionaria", come lui stesso sole chiamarla: «A marzo vi fu l'avvicendamento in panchina tra Fraschetti e Bolzan, con il quale vincemmo il campionato: era stato esonerato poco tempo prima in Eccellenza marchigiana, dove era ultimo in classifica». Comunque si voglia definire la decisione di Salvadori, alla fine ha avuto, come sempre, ragione il ds di Arezzo. Un uomo dei miracoli, che riesce a trovare la via del successo, a scovare il talento laddove l'occhio comune non riesce a vedere e spingersi.

L'APOTEOSI IN SERIE D

Saluta Bolzan, arriva Bifini: nonostante l'avvicendamento in panchina, la Nuova Sondrio conferma però gran parte del vittorioso organico che aveva trionfato pochi mesi prima in Eccellenza, integrandolo con l'arrivo di giovani di alto livello come il talentuoso Alessandro Infantino o Stevo Chillemi, ragazzo in possesso di un «potenziale enorme», secondo Salvadori. Il campo gli darà naturalmente ragione. Priva però di elementi con esperienza nel massimo campionato dilettantistico, la formazione valtellinese a trovare continuità di risultati e prestazioni, incappando in un trend negativo che raggiungerà il suo climax nell'ormai famosa Sondrio-Vigasio 0-4, terminata la quale Bifini sarà esonerato. Quel giorno, a presentarsi davanti alle telecamere, sarà proprio Salvadori: «Voglio chiedere scusa ai tifosi, mi sono vergognato di quello che ho visto oggi». Traspare dispiacere, amarezza, e dolore inquantificabile dalla voce, le parole e il viso di Christian Salvadori, che mantiene però gli occhi del combattente, la determinazione e la fierezza di chi è consapevole non solo del proprio valore ma soprattutto di quello della squadra, difesa costantemente da Salvadori prima di ogni incontro. Nel momento infatti in cui molti potevano parlare o esprimere critiche o pareri destabilizzanti, il toscano non ha cercato la polemica ma si è posto come punto di riferimento per «i suoi ragazzi», per cui ha sempre messo ha disposizione tutta la sua sensibilità intelligente. Un uomo dal carisma innato, concetto che, come ci ricorda Salvadori, purtroppo oggi non significa più esempio o leadership quanto «tendenza a imporsi incutendo terrore e arrivando a mettere sotto ricatto le persone. Questo non è il mondo che i bambini sognano quando si avvicinano al calcio». Perché se è facile rilasciare interviste quando le cose vanno bene, parlare davanti a un microfono per difendere le proprie scelte è opera assai ben più ardua: per stare a certi livelli la sola competenza calcistica non può essere necessaria. Serve sapersi prendere le responsabilità, capire come fare gruppo e quadrato, come relazionarsi coi veterani e come aiutare i giovani. Salvadori è sempre stato questo, non ha mai cercato di mettersi in prima pagina per cancellare il merito di chi è sul campo a lottare, di un gruppo straordinario che si è comportato in modo esemplare anche durante il complicato bimestre ottobre-dicembre, in cui, sprovvista di guida tecnica, la formazione biancoazzurra ha affidato la panchina al preparatore sportivo e atletico Tommaso Del Nero. Una figura importante, chiave nel traguardo raggiunto, alla quale Salvadori vuole dedicare parole di stima: «Lui e Luca Lacchini, l'allora TM, sono stati fondamentali, ragazzi unici per disponibilità e lealtà».

Paradossalmente, fu proprio in quel momento che Salvadori capì che il miracolo salvezza poteva essere possibile: 8 punti in 5 partite, una squadra notevolmente rinvigorita sotto ogni punto di vista. Mentre attendeva la venuta di mister Amelia, affidando la panchina a Del Nero Salvadori è riuscito, ancora una volta, in un momento di difficoltà, ad individuare come raggiungere la luce in fondo a un tunnel di critiche e difficoltà. «Non mi sbagliavo nemmeno questa volta. Il consolidamento della categoria che abbiamo poi ottenuto è stata una soddisfazione, un'enorme soddisfazione per l'ennesima impresa contro ogni pronostico». Sondrio gioisce ancora, Salvadori sembra essere sempre più radicato nell'ambiente, tanto che, a maggio, il DS si mette già all'opera per allestire una rosa competitiva e puntare ad obiettivi più ambiziosi. Eppure, dopo un buon precampionato e una rosa che sembrava soddisfare le richieste, Salvadori si ritroverà costretto a lasciare Sondrio al termini di alcune vicissitudini societarie maturate ad agosto poco prima dell'inizio della stagione sulle quali né noi né l'intervistato abbiamo voglia di soffermarci«Non voglio entrare nel merito del mio addio, non amo polemiche e chiacchiere sterili, sono cose che lascio ad altri. Vivo guardando con soddisfazione a quello che abbiamo compiuto, partendo da sotto 0 e arrivando in una categoria che, ai tempi, era solo nei sogni di Michele Rigamonti». Un pensiero commosso anche ai tifosi: «Mi resterà nel cuore gran parte di quella tifoseria e della città, un pensiero a tutti coloro che ci sono sempre stati e che non mi hanno mai fatto mancare sostegno, stima e fiducia. E poi un pensiero anche alla mia famiglia: senza i sacrifici che abbiamo fatto, non avremmo mai potuto raggiungere certi traguardi irripetibili». L'ennesima conferma della grandezza di Christian Salvadori: un uomo dal cuore e dallo spirito grande, quasi sconfinato, come gli orizzonti calcistici e la passione che in questi anni lo hanno portato a scrivere pagine di storia irripetibili. Perché anche se ora si trova senza squadra, una cosa è senza dubbio certa: il calcio e, in generale, la società di oggi avrebbe bisogno di più persone come lui. Un uomo che ha sempre messo al primo posto valori come l'onestà e la sincerità, di porsi come la perfetta incarnazione di tutti coloro che vedono il calcio molto più che un semplice gioco, ma come un mezzo per affermare valori e un'identità che con la sua figura saranno per sempre un modello per chi fa parte del mondo dello sport.

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