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1 luglio 2023, le professioniste possono pescare liberamente dalle Dilettanti pagando praticamente nulla

Mano a mano che si scorre il testo emergono aspetti sconcertanti, continuare a investire in un settore giovanile è da pazzi

premio di tesseramento, premio di formazione tecnica

Con la nuova riforma dello sport il calcio italiano è definitivamente morto, le società, tecnicamente sono tutte fallite, a meno di non spennare le famiglie. Lo sport popolare per eccellenza, come lo abbiamo sempre conosciuto è morto il 1 luglio 2023, data in cui è entrata in vigore la nuova riforma.

Se qualcuno di noi pensa che andremo ai prossimi Mondiali è un illuso e anche se, per fortuna, riuscissimo ad arrivarci, sarà probabilmente un fuoco di paglia. I segnali ci arrivano intanto dalla nostra Under 21 uscita dagli Europei che ha messo in evidenza una squadra di talento sul piano tecnico ma che pratica un calcio non maturo e soprattutto senza personalità. Non è un problema di adesso, semplicemente abbiamo lasciato le redini del calcio nelle mani di dirigenti non all’altezza.

E nel momento chiave, quando dei dilettanti allo sbaraglio hanno promosso l’attuale legge dello sport, i nostri dirigenti non hanno avuto la competenza per capire che saremmo andati a sbattere. Almeno, questo vogliamo credere, sarebbe grave lo avessero capito e non avessero mosso un dito. Ed è grave che i dirigenti, i presidenti delle nostre società non abbiano ancora ancora mosso un dito. Tranne pochissime realtà sembrano tutti anestetizzati, come se non stesse per cambiare niente, invece è un disastro.

Si prenda per esempio il vincolo e il premio di preparazione. Tutto è stato fatto a spese dei Dilettanti e i Dilettanti sono stati a guardare. Un giovane calciatore che usciva daila Scuola calcio prima per essere tesserato da una società professionista doveva riconoscere un premio. Ora no, lo tessera e tanti saluti. Pagherà il premio quando farà un contratto da professionista. Le società di Serie C non hanno nemmeno gli occhi per piangere e non tirano fuori un calciatore dalla notte dei tempi, figuriamoci se investono nel settore giovanile. Anche perché, loro stesse, rischiano di subire lo stesso trattamento dalle società di Serie A, uniche ad avere strutture e un minimo di budget per costruire qualcosa. C'è di più, una società professionista (anche una Dilettante) può liberamente pescare anche tra tesserati attualmente vincolati (tipo un 2004) e la società non può opporsi. Unico contentino "mancia" raddoppiata.

La domanda nasce spontanea, c’è ancora un presidente folle disposto a buttare i suoi soldi per costruire un settore giovanile sapendo che non rientrerà mai più dei suoi soldi? Lo farà solo se in cambio ci saranno delle rette sostanziose a carico delle famiglie. E qui si innesca il meccanismo perverso contro il quale noi avremmo dovuto provare a ribaltare. Se vogliamo che l’Italia ritorni ad essere la potenza mondiale che era un tempo dovremmo cioè fare esattamente il contrario. Avremmo cioè bisogno di abbattere le barriere, non alzarle, dovrebbe esserci uno ius soli che ci consenta di fare giocare chiunque nelle nostre squadre e nelle nostre nazionali. Ma coloro che arrivano su un barcone potranno permettersi tutto questo?

Il calcio se non è popolare non ha un futuro, noi avremmo bisogno di abbattere le rette delle scuole calcio invece ci troveremo a doverle alzare, dovremmo poter aprire gli impianti a tutti invece per poter assistere a una partita di Pulcini dobbiamo acquistare un biglietto di 5,00 euro. Ma così facciamo scappare le famiglie, che di conseguenza porteranno via i loro bambini. La direzione che ha preso questo calcio è esattamente il contrario di quello che avremmo dovuto fare. Follia.

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