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Legge dello Sport

Dirigenti incompetenti e una base assente, ecco perché questa riforma è l'ennesima occasione mancata

Un papocchio all'italiana che alla fine scontenta tutti e non risolve i problemi del calcio

Legge dello sport

Andrea Abodi, ministro dello sport del governo Meloni. Forse l'unico che ha messo una pezza su alcuni passaggi senza senso della Spadafora

Partendo dal principio che la Legge Spadafora è fondamentalmente sbagliata per il calcio giovanile e dilettantistico, poteva comunque essere un punto di partenza per risolvere tre grandi problemi che stanno alla base del movimento. Invece il Consiglio Federale di ieri, venerdì 4 agosto, ha partorito un topolino (qui c'è il comunicato stampa, armatevi di pazienza, bisogna aspettare che si chiudano i banner come se foste in un blog da quattro soldi, no, è il sito ufficiale della Federcalcio). Sostanzialmente tutto resta così com'è se non che hanno reintrodotto, ma non vale sui tesseramenti fino a qui fatti, un premio di formazione a favore delle società dilettantistiche che dovrà essere versato dalle professionistiche. Andrà versato anche in presenza di tesseramento biennale e non più qualora il calciatore andasse poi a sottoscrivere il contratto da professionista com'era in precedenza. Un passo avanti? Sì. Anche se sarebbe più giusto dire un passettino. Questo meccanismo non è uno dei tanto punti che… è la sostanza di una riforma partita male finita peggio. Come detto sono tre i punti che andavano messi sul tavolo fin dall'inizio. 

  1. Il vincolo dei calciatori con annessi e connessi, leggi il premio di preparazione
  2. L'impiantistica e quello che ne consegue con costi ormai tutti a carico delle società
  3. La professionalizzazione dei tecnici e la formazione tecnica stessa

Da qui si doveva partire, con ovviamente tutto quello che ne consegue, sono questi i punti da cui partire per ristrutturare la base del calcio italiano. Tutto il resto è contorno. 

  • Il vincolo. È anacronistico, andava eliminato. Non si può pensare di impedire ai giovani calciatori di scegliersi la squadra in cui fare attività, ma naturalmente non può ricadere sulle spalle dei club. E per fare questo bisogna che il premio di tesseramento e/o formazione tenga conto dell'investimento della società ma contemporaneamente che non sia una sorta di "vincolo camuffato". E per fare questo bisognava partire da una cosa semplice: eliminare le famose liberatorie e introdurre parametri che siano connessi con la realtà. 20mila euro quale premio di preparazione in Italia lo pagano due società, le altra iniziano un lavoro ai fianchi attraverso i genitori. E vale anche per i Dilettanti. Se coloro che scrivono le NOIF non hanno chiaro il concetto sentano una qualunque società dilettantistica e scopriranno che le professioniste prima di tesserare un calciatore chiedono ai genitori di andare dalle dilettantistiche e farsi rilasciare la liberatoria. Via le liberatorie, premio pagato attraverso la Federcalcio, ma soprattutto premi adeguati. Si stabiliscano delle scalette, si coinvolgano le società. Invece abbiamo introdotto il premio di formazione tecnica per calciatori di 30 anni. Non ha senso. 

  • Non c'è impianto sportivo che oggi non venga assegnato dietro il pagamento di un affitto, con il totale accollo delle utenze e un progetto di manutenzione straordinaria che prevede investimenti importanti. Tutti a carico delle società. Così facendo però costringiamo le società a pensare prima di tutto a come trovare le risorse mettendo il calcio in secondo piano. E in questo modo, quello che andrebbe considerato come un "sano principio per sostenere la struttura" diventa la principale attività. La fame vien mangiando, il calcio costa fior di quattrini, il Padel porta fior di quattrini e a lungo andare sappiamo bene come finirà. Le società svolgono una grande attività sociale, non si può scaricare tutto su di loro, servono misure di sostegno. Nell'era del digitale tutto è tracciato, diamo l'opportunità alle aziende che sponsorizzano le società di avere dei benefici fiscali, troviamo misure adeguate affinché queste società possano andare oltre l'attuale Legge 398/1991. Anche perché le società devono poter applicare tariffe agevolate, pochi euro per far giocare i ragazzi, se le obblighiamo ad imporre rette alte non riusciremo mai ad integrare quei ragazzi che popolano le nostre periferie. Anzi, per quei ragazzi dovremmo offrire alle società dei contributi.

  • Senza una professionalità vera la formazione è carente. Servono figure preparate e vanno pagate, ma diciamolo, nei Dilettanti non possono essere i calciatori. Non sono loro che devono essere messi sotto contratto e ai quali devono essere versati i contributi. Sono gli allenatori, i preparatori dei portieri, i preparatori atletici. Sono queste le figure su cui bisogna investire, non i calciatori di Prima o Seconda categoria. Questi dovrebbero pagare loro per giocare, non essere messi a contratto come fossero dei calciatori professionisti. Non lo sono. Infine una migliore strutturazione dei Centri Federali e dobbiamo anche chiederci perché abbiamo bloccato il progetto originario che prevedeva 100 centri distribuiti sul territorio.

Che cosa produce invece questa legge e cosa hanno partorito a livello di NOIF? Un obbrobrio. Le società avranno bisogno di consulenti fiscali, consulenti del lavoro, avvocati. Non ci siamo mai curati di formare dirigenti capaci e ora in segreteria serviranno figure altamente qualificate. Ne esistono? Pochissime. In cambio di tutto questo abbiamo ottenuto dei ristorni economici per il fatto che costruiamo a spese nostre impianti che sono comunali e dobbiamo assumere i calciatori per farli giocare? No. Quindi questa politica ha fallito. Come ha fallito per non essere riuscita a portare la Nazionale ai Mondiali, non riesce a costruire uno Ius Soli sportivo vero, non riesce ad ottenere risorse da parte di uno Stato che tratta i volontari come una banda di persone che si ingrassa le tasche e alimenta sacche di economie in nero. 

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