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Il primo arbitro con disabilità motoria della FIGC dalla sezione di Milano: ora la via è aperta

La passione di Marco Bartoli più forte di qualsiasi ostacolo: adesso occorrono linee guida dall'AIA su un terreno mai esplorato

Il primo arbitro con disabilità motoria della FIGC dalla sezione di Milano: ora la via è aperta

Marco Bartoli

Pioniere: "chi è il primo o fra i primi a lanciarsi in una iniziativa, a intraprendere un’attività, a diffondere un’idea, aprendo nuove strade, nuove prospettive e possibilità di sviluppo". Così l'enciclopedia Treccani descrive una persona che, prima di altre, si avventura in un'esperienza fino a quel momento ritenuta difficile al punto di non essere ancora stata esplorata, in un sentiero ancora non battuto.

È il 2016 quando Marco Bartoli, allora diciannovenne, si presenta al concorso da arbitri per inseguire il suo sogno. Lo accompagna la madre, vuole affrontare il test, si sente pronto. Marco, però, ha una disabilità motoria, e vuole confrontarsi con qualcuno di responsabile all'interno dell'AIA di Milano e capire se si possa fare, se possa diventare arbitro. Ha con sé un certificato medico agonistico. «Lo avevo ricevuto con la madre, entrambi mi fecero capire quanta passione avesse per il nostro lavoro» racconta Jacopo Ceccarelli, presidente della sezione milanese dell'AIA «per cui cercammo subito di capire la fattibilità della cosa. Che lui potesse frequentare il corso era fuori da ogni dubbio, anche perché aveva già la preparazione teorica per farlo. Dal punto di vista fisico, a livello regolamentare, il certificato medico era più che sufficiente. L'eventuale difficoltà sarebbe avvenuta poi con le assegnazioni, ma il problema si sarebbe comunque posto più avanti, per cui lo accettammo senza indugio». Marco, ovviamente, superò il corso e diventò arbitro. A quel punto era, a tutti gli effetti, il primo arbitro con disabilità motoria della storia della FIGC. Mancava, però, il battesimo del campo. 

DALLA PRIMA DESIGNAZIONE ALLA FINALE DEI DPCS

Proprio in quel periodo, in Italia, si sta sviluppando un movimento parallelo a quello del mondo del calcio. Precisamente nel 2016, infatti, nasce “Quarta Categoria”, il primo torneo nazionale di calcio a 7 riservato a calciatori e calciatrici con disabilità intellettivo-relazionale e patologie psichiatriche, proprio in territorio lombardo. Movimento che, nel corso degli anni, si espanderà sempre di più. «Pensammo potesse essere una buona occasione per Marco. Iniziò ad arbitrare in un torneo della LND per diversamente abili, con ottimi risultati. Era marzo del 2018. Dimostrò subito di potersela cavare, così iniziammo gradualmente ad aumentare il numero di assegnazioni». Nel 2019 la FIGC decide di portare il calcio per disabili all’interno della Federazione, prima nel mondo, creando così la Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale (DPCS). Quelli che quindi erano inizialmente tornei si sviluppano in veri e propri campionati, e l'AIA si trova a doversi adeguare, con la necessità di creare un team designato alla competizione. «Fu quasi naturale inserire Marco all'interno della squadra arbitrale, aveva iniziato a lavorare con più costanza, gradualmente, ed era il salto migliore per la sua carriera. Era il primo, era l'unico, ma nessuna regola gli vietava di fare ciò che ama fare». Sette stagioni dopo il suo esordio, Bartoli è arrivato ad arbitrare la finale del DPCS di Tirrenia, oltre che affiancare lo scorso ottobre, in occasione dell'inizio del nuovo campionato, Simone Sozza, direttore di gara di Serie A, in una esperienza unica e irripetibile. 

LA VOCE DI MARCO

 «Dagli esordi alla finale della DPCS: ho realizzato un sogno - ha dichiarato Bartoli ai canali ufficiali FIGC - Sono arbitro da 7 stagioni - ha detto Marco - e con costanza e determinazione ho vinto la paura di non farcela, diventando il primo arbitro con disabilità motoria della FIGC. Scendo in campo sempre con entusiasmo, indossando con onore la divisa e dando ogni volta il massimo. All'inizio non è stato facile: ho dovuto fare esperienza sul campo, ma poi con il tempo ho acquisito abilità, tecnica e sicurezza, così da guadagnarmi la qualifica di arbitro delle finali nazionali di DPCS. Voglio dire grazie a chi ha sempre creduto in me, incoraggiandomi e sostenendomi».

LE DIFFICOLTÀ DI UN PIONIERE IN UN SENTIERO INESPLORATO

«All'interno dell'Associazione non ci sono regole che indicano se Marco possa o meno fare l'arbitro. È sicuramente una mancanza, ma ciò ci ha dato un certo margine di manovra all'inizio» spiega Ceccarelli. «Quando il ragazzo si è presentato, abbiamo dovuto valutare il suo caso singolarmente. Ci è voluta una certa dose di intraprendenza da parte di tutti, ma quando qualcosa si vuole fare si trova sempre il modo per farlo. Marco è stato il primo, è stato un esempio, perché stanno iniziando ad arrivare altre richieste di casi simili al suo. La difficoltà, ora, in mancanza di un regolamento, sta nel dover valutare caso per caso». Sembra evidente, dunque, la necessità di legiferare in merito, porre delle linee guida che aiutino i designatori a fare il loro lavoro con più serenità, ai ragazzi di sapere in qualche modo a cosa vadano incontro nell'affacciarsi al mondo degli arbitri e anche per una certa equità di giudizio nel momento delle selezioni, che venendo rimesse alle valutazioni del singolo responsabile varierebbero soggettivamente di sezione in sezione nelle diverse regioni italiane.

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