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Gigi Riva: la leggenda di Rombo di Tuono

Il simbolo di un amore eterno per la Sardegna

Gigi Riva: la leggenda di Rombo di Tuono

Gigi Riva, il simbolo di un amore eterno per la Sardegna

Ci sono giocatori che passano alla storia, e poi ci sono quelli che diventano leggenda. Gigi Riva non è stato solo il più grande bomber azzurro di tutti i tempi, ma un’icona assoluta di un calcio che ormai sembra appartenere a un’altra epoca. Un’epoca di maglie infangate, di campioni fedeli alla loro terra e di cannonieri che non cercavano riflettori, ma la porta avversaria.

Se dici fedeltà nel calcio, oggi il pensiero va a Francesco Totti, l’eterno capitano della Roma, il simbolo di una città intera, o a Paolo Maldini, il baluardo del Milan, che per oltre vent'anni ha vestito solo il rossonero. Ma prima di loro c’era stato Gigi Riva, il pioniere della fedeltà calcistica. In un calcio che già allora spingeva i grandi talenti verso le metropoli e i club più blasonati, lui rimase dov’era. Milano, Torino, offerte da capogiro: niente da fare. Rombo di Tuono non si muoveva da Cagliari.

Perché? Perché Riva, nato a Leggiuno, in Lombardia, aveva trovato la sua casa in Sardegna. Un ragazzo del Nord, arrivato lì quasi per caso, ma che in quell’isola lontana da tutto aveva trovato il suo posto nel mondo. E non la lasciò mai, neanche quando il destino gli offriva coppe e trofei facili altrove. È rimasto lì, a scrivere la storia. Come Totti con la Roma, come Maldini con il Milan, Riva ha scelto il cuore invece della carriera. E ha vinto.

Lo scudetto del Cagliari nel 1970 è la favola più incredibile del calcio italiano. Un’impresa irripetibile, che porta il marchio di un bomber implacabile e di una squadra costruita con il sudore, la grinta e l’orgoglio di un’isola intera. Un'impresa che ricorda, per certi versi, quella del Napoli con Diego Armando Maradona nel 1987, quando un’intera città trovò nel calcio una rivalsa sociale e un simbolo di identità. Riva non era solo il miglior attaccante della sua generazione: era il simbolo di un popolo.

Eppure, la sua storia non è solo quella di un campione indiscusso, ma anche di un uomo che ha saputo rialzarsi dopo ogni caduta. Gli infortuni, le ossa rotte, le cicatrici che non gli hanno mai tolto il sorriso e la voglia di combattere. Perché il calcio per Riva non era solo un gioco, ma una missione. Una missione che lo ha portato a diventare il miglior marcatore della storia della Nazionale Italiana, con 35 gol in 42 presenze.

Come Totti, anche Riva ha chiuso la carriera con una sola maglia addosso. Come Maldini, ha incarnato non solo un club, ma un'idea di calcio puro, autentico, dove l’appartenenza contava più dei trofei. Avrebbe potuto vincere molto di più altrove, ma ha scelto di restare dov’era, perché per lui il calcio non era solo una questione di vittorie. Era appartenenza, identità, amore.

E oggi che non c'è più, il suo nome continua a riecheggiare nei cori e nei ricordi di chi ha avuto il privilegio di vederlo giocare. Perché le leggende non muoiono mai. Restano nei cuori di chi sa che, in un’epoca fatta di milioni e business, esisteva un calcio in cui contavano ancora la passione e l’appartenenza.

E in quel calcio, Gigi Riva era il più grande di tutti.

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