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Il Genoa, Marassi e la maledizione della "sfiga dell'orto"

La maledizione del Genoa e il fascino di Marassi: un racconto di passione e superstizione

Il Genoa, Marassi e la maledizione della "sfiga dell'orto"

Marassi e la curva del tifo genoano

Lo stadio Luigi Ferraris, conosciuto da tutti come Marassi, non è solo un luogo di calcio. È un palcoscenico dove si intrecciano storie di gloria, dolore e un’antica maledizione che ha segnato il destino del Genoa CFC per un secolo. La leggenda della “sfiga dell’orto” – nata dall’ira di una contadina privata della luce del sole – è diventata parte del DNA rossoblù, un mito che ancora oggi accende dibattiti e brividi tra i tifosi.

Un terreno conteso: l’origine della maledizione

Era il 1910 quando il marchese Musso Piantelli, socio del Genoa, cedette parte della sua tenuta per costruire il nuovo stadio della squadra. Tra i vialetti alberati della villa sorsero gradinate in legno, destinate a ospitare le prime partite. Ma non tutti applaudirono al progetto.

Ai margini del cantiere, una contadina coltivava da anni un orto che sopravviveva grazie alla luce del sole. Con l’arrivo delle tribune, l’ombra dello stadio inghiottì il suo terreno. La donna, disperata, scagliò una maledizione al cielo: 

«Per cent’anni non vedrai più la vittoria, così come il mio orto non vede più il sole»

Le cronache dell’epoca non riportano il suo nome, ma la sua voce è diventata un’eco perpetua nella storia del club.

1911-2010: il secolo della “sfiga”

Inaugurato nel 1911, Marassi divenne subito teatro di gioie e drammi. Il Genoa, già campione d’Italia nel 1898, iniziò un declino inspiegabile: promozioni mancate all’ultimo minuto, retrocessioni amare, errori arbitrali sospetti.

La maledizione prese forma in episodi leggendari:

  • Il derby della neve (1946): una bufera bloccò il Genoa sul punteggio di 3-0, annullando la partita.
  • La caduta in Serie B (1995): una sconfitta contro il Padova condannò i rossoblù, nonostante un vantaggio iniziale.
  • La finale di Coppa Italia (1937): persa per un gol segnato oltre il 90’.

I tifosi iniziarono a vedere la mano della contadina in ogni disgrazia. “Marassi era come un teatro maledetto, dove ogni atto finale era una tragedia”, raccontava il giornalista Gianni Brera.

Marassi: un tempio di emozioni

Oltre alle ombre della superstizione, lo stadio custodisce una bellezza unica. Con i suoi mattoni a vista e le torri angolari, Marassi è uno degli stadi italiani che, come l'Olimpico di Roma e San Siro a Milano durante i rispettivi derby, vede convivere le passioni di due squadre rivali (Genoa e Sampdoria). Le sue gradinate strette amplificano i cori dei tifosi, creando un’atmosfera claustrofobica per le squadre avversarie.

Nei vicoli attorno allo stadio, ancora oggi si respira la Genova operaia degli anni ’30. I murales dedicati a Grifone – la mitica creatura simbolo del club – sembrano vegliare sul campo, mentre i bar storici servono ancora focaccia con il formaggio ai tifosi di terza generazione.

La scienza vs la superstizione

C’è chi ha provato a svelare il mistero con dati concreti:

  • Tra il 1911 e il 2010, il Genoa ha vinto solo 9 trofei contro i 18 del periodo precedente.
  • Il 63% delle retrocessioni è avvenuto all’ultima giornata.
  • Nel 2006, uno studio dell’Università di Genova analizzò l’orientamento dello stadio: l’ombra delle tribune raggiungeva effettivamente l’area dell’antico orto.

Eppure, per i tifosi più anziani, i numeri non bastano. 

«La maledizione era reale come il fango del campo dopo un temporale», racconta Mario, 82 anni, abbonato dal 1953.

19 agosto 2010: il giorno della liberazione

Quando scadde il centesimo anno, molti tifosi si radunarono a Marassi, alimentando riti scaramantici e speranze di liberazione dalla presunta maledizione. Da allora, il Genoa ha vissuto momenti di gioia, riconquistando la Serie A e ottenendo risultati altalenanti nel campionato italiano. Molti tifosi, pur senza credere nella magia, hanno avvertito un cambiamento nell'atmosfera attorno alla squadra.

Il potere delle storie

Oggi la maledizione è diventata un patrimonio. I bambini la studiano a scuola, gli street artist la dipingono sui muri, i turisti chiedono di vedere “l’orto della sfiga”.

Marassi resta un luogo dove passato e presente si scontrano come due contrasti in area. E mentre il Genoa cerca nuovi trofei, la vecchia contadina – ormai trasfigurata in leggenda – continua a ricordarci una verità profonda: il calcio non è solo sport, è la capacità degli uomini di trasformare il dolore in poesia.

«Ogni volta che il sole tramonta dietro le tribune”, sussurrano i tifosi, “lei è ancora lì, a sorvegliare».

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