Storie di calcio
15 Marzo 2025
Ruud Gullit, Marco van Basten e Frank Rijkaard
All'alba degli anni '90, esisteva una squadra che non solo vinceva, ma incantava. Un Milan che trasformava ogni partita in una sinfonia, ogni azione in poesia. Al centro di questa magia, tre olandesi che avrebbero riscritto la storia del calcio: Ruud Gullit, Frank Rijkaard e Marco van Basten. Questo è un viaggio nel tempo, quando i campi da calcio italiani ospitavano divinità con le scarpette ai piedi e la maglia rossonera sulle spalle.
Marco van Basten era poesia in movimento. Il Cigno di Utrecht, come veniva soprannominato, non camminava sul campo: volava.
«Non ricordo alcuna immagine delle sue scarpette che tocchino l'erba, si muoveva qualche centimetro sopra, come fanno le farfalle quando s'abbassano prima di appoggiarsi», scrive chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare. Ogni suo movimento era leggero, elegante, quasi immateriale.
Arrivato al Milan nel 1987 dall'Ajax, dove aveva già dimostrato il suo straordinario talento con 127 gol in 133 partite, van Basten avrebbe trascorso otto anni in rossonero, realizzando 91 reti in 147 presenze. Ma i numeri non raccontano la grazia di questo atleta straordinario, capace di trasformare il calcio in arte.
Van Basten agiva "mediante la più efficace delle inconsistenze, essendo fatto di un materiale diverso da quello col quale erano fatti gli altri calciatori". I difensori più duri del campionato italiano lo vedevano svanire e riapparire, come un'apparizione eterea che lasciava solo stupore e rassegnazione.
La sua grandezza era "universalmente riconosciuta, che non è poco nel mondo calcistico dove finanche Maradona e Pelè sono stati messi in discussione". Tre Palloni d'Oro (1988, 1989 e 1992) testimoniavano la sua superiorità, ma il destino fu crudele con questo genio.
Il 17 agosto 1995, dopo due anni e mezzo di semi-inattività dovuta a ripetuti infortuni alla caviglia, Marco annunciò il suo ritiro definitivo a soli 30 anni. Come scrisse Carmelo Bene: "Il lutto in me per il suo precoce ritiro ancora non si estingue e mai si estinguerà". Un'uscita di scena troppo prematura per un atleta che aveva ancora tanto da dare.
Se van Basten era poesia eterea, Ruud Gullit rappresentava la perfetta sintesi tra potenza fisica e raffinatezza tecnica. Con i suoi dreadlocks inconfondibili e un fisico imponente, Gullit dominava il campo in ogni zona. Acquistato dal Berlusconi presidente nel 1987, insieme a van Basten formò immediatamente una coppia devastante che avrebbe terrorizzato le difese di tutta Europa.
Gullit portava con sé una versatilità unica: poteva giocare come attaccante, trequartista, centrocampista e persino come difensore quando necessario. La sua leadership silenziosa ma efficace contribuì a costruire lo spirito indomabile di quel Milan.
Frank Rijkaard completò il trio olandese arrivando un anno dopo i suoi connazionali. Centrocampista di rottura ma dotato di tecnica sopraffina, Rijkaard era il perfetto equilibratore di quella squadra. La sua capacità di recuperare palloni e impostare il gioco permise agli altri due olandesi di esprimere al meglio il loro potenziale offensivo.
Fu proprio Rijkaard a segnare il gol decisivo nella finale di Coppa dei Campioni del 1990 contro il Benfica, consacrando definitivamente quel Milan come squadra dominante in Europa.
Ciò che rendeva quel Milan diverso da tutte le altre squadre non era solo il talento dei suoi giocatori, ma una mentalità vincente che permeava ogni aspetto del club. Un aneddoto raccontato da Hernan Crespo, che arrivò al Milan molti anni dopo, illustra perfettamente questa filosofia.
Durante una tournée negli Stati Uniti, il Milan affrontò il Manchester United di Cristiano Ronaldo e altri fuoriclasse. Dopo aver vinto ai rigori, i giocatori rossoneri furono sorpresi dall'arrivo di un Adriano Galliani furioso nello spogliatoio: "Ma come vi permettete? Ma che figura fate? Noi siamo il Milan! Noi dobbiamo vincere!". Vincere ai rigori non era sufficiente per il Milan.
In un'altra occasione, Crespo chiese a Paolo Maldini e Gennaro Gattuso se ci fosse un premio per aver vinto la Supercoppa Italiana. La risposta fu emblematica: "Ma che premio? Questo è il minimo, la Supercoppa Italiana è il minimo qui!".
Il Milan degli olandesi rimane nella memoria collettiva come una delle più grandi squadre di tutti i tempi. Insieme, Gullit, Rijkaard e van Basten conquistarono tre scudetti e due Coppe dei Campioni consecutive, ma soprattutto incantarono il mondo con un calcio totale che sembrava provenire da un altro pianeta.
La loro eredità va oltre i trofei. Hanno insegnato che il calcio può essere arte, che la vittoria può essere raggiunta attraverso la bellezza. Come scrisse un appassionato a proposito di van Basten: "Chi è stato ragazzo negli anni in cui quei due [van Basten e Maradona] hanno giocato nella nostra Serie A è stato un privilegiato".
Il Milan degli olandesi è stato più di una squadra di calcio: è stato un movimento artistico, una filosofia, un'epoca. I tre geni oranje hanno trasformato per sempre il modo di intendere questo sport, dimostrando che si può vincere tutto senza rinunciare alla bellezza.
Come le farfalle, il loro volo sul campo è stato troppo breve, specialmente quello di van Basten. Ma la loro eleganza e la loro magia continuano a vivere nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di vederli giocare, e nelle storie che ancora oggi raccontiamo, con gli occhi lucidi di nostalgia e ammirazione.