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Pizzaballa: un cognome tutto calcio e chiesa

Un ex portiere mito delle figurine Panini e un cardinale forse futuro Papa

Pizzaballa: un cognome tutto calcio e chiesa

Pierluigi e Pierbattista Pizzaballa, in mezzo la figurina introvabile del portiere nei primi anni 60

Pizzaballa: Il cognome bergamasco che para tutto (palloni, problemi del Mondo... e forse anche la sedia di Pietro?)

Se passate dalle parti di Bergamo e sentite il cognome "Pizzaballa", drizzate le orecchie. Non è solo un cognome, è quasi un marchio di fabbrica per storie che sembrano uscite da una scommessa un po' bizzarra del destino. Terra di gente concreta, la Bergamasca, ma capace di regalare al mondo due figure così diverse eppure così simili nel loro ruolo di "difensori": Pier Luigi e Pierbattista Pizzaballa. Uno parava palloni con guanti e riflessi felini, l'altro cerca di parare i colpi della discordia con diplomazia e fede incrollabile. Preparate i pop-corn (o la polenta taragna, vista la zona), perché la trama si infittisce.

Pier Luigi: il portiere con la figurina da Indiana Jones

Immaginatevi l'Italia del boom, le domeniche pomeriggio con la radiolina incollata all'orecchio, i campi di calcio che sembravano arene. In questo scenario, Pier Luigi Pizzaballa (classe 1939, di Bergamo città) non era un portiere qualsiasi. Era uno che volava tra i pali di Atalanta, Roma, Verona e Milan, mettendo insieme più di 300 battaglie in Serie A e pure una Coppa delle Coppe alzata col Diavolo nel '74. Un highlander dei pali, con tanto di convocazione ai Mondiali inglesi del '66 (quelli della Corea, sigh) come terzo portiere, ruolo ingrato ma prestigioso.

Ma la vera magia, quella che l'ha reso immortale anche per chi non sa distinguere un fuorigioco da un calcio d'angolo, è legata a un pezzetto di carta. La sua figurina Panini della stagione 1963-64. Un infortunio birichino gli impedì la foto ufficiale all'inizio, così la sua immagine fu stampata in ritardo, trasformandola nel Sacro Graal di cellulosa per generazioni di collezionisti. Immaginatevi orde di ragazzini (e adulti mai cresciuti) scambiarsi pacchetti su pacchetti mormorando: "Ce l'hai Pizzaballa? Manca solo Pizzaballa!".

"All'inizio mi giravano un po' le scatole," ha ammesso candidamente, "essere famoso più per una figurina che per le parate!". Ma poi, con la saggezza degli anni, ha capito: "Alla fine, mi ha fatto conoscere anche dai nipoti di quelli che mi vedevano giocare". Un modo un po' strambo per entrare nella leggenda, ma efficace. E non dimentichiamo che, figurine a parte, questo signore ha vinto due Coppe Italia e un premio come miglior portiere. Non proprio l'ultimo arrivato.

Pierbattista: dalla Terra Santa... al Soglio Pontificio? Il Cardinale che potrebbe fare il grande salto

Cambiamo completamente scenario, ma restiamo in tema di "parate" decisive. Dalle curve degli stadi ai corridoi silenziosi dei conventi, fino al cuore pulsante e ferito del Medio Oriente. Pierbattista Pizzaballa (nato nel 1965 a Cologno al Serio, sempre lì, nella Bergamasca operosa) ha sentito una chiamata diversa. Niente scarpini chiodati, ma sandali francescani. Un percorso nell'Ordine dei Frati Minori che l'ha portato a diventare una figura chiave in Terra Santa.

Prima Custode, poi Amministratore Apostolico, e infine, dal 2020, Patriarca Latino di Gerusalemme. Un ruolo che è un misto tra diplomazia da equilibrista, guida spirituale e, diciamolo, gestione di situazioni che farebbero tremare i polsi a chiunque. Come se non bastasse, nel 2023 Papa Francesco gli ha messo in testa la berretta cardinalizia, affidandogli il compito, non proprio una passeggiata, di tessere tele di dialogo in una delle zone più incendiarie del pianeta.

E qui la storia prende una piega da romanzo: quella berretta rossa non è solo un riconoscimento. È un biglietto d'ingresso per il prossimo Conclave, l'assemblea segretissima che elegge il successore di Pietro. E attenzione: il nome di Pierbattista Pizzaballa non è lì per fare numero. Circola insistentemente nei Sacri Palazzi come uno dei "papabili", ovvero uno dei cardinali con le carte in regola per diventare il prossimo Papa. Immaginatevi i titoli: "Da Cologno al Serio al Vaticano, un Pizzaballa alla guida della Chiesa!". Certo, la strada è lunga e le vie del Signore (e del Conclave) sono infinite, ma la possibilità c'è, eccome.

Nel frattempo, lui continua la sua missione con i piedi per terra (santa) e lo sguardo rivolto al cielo (e alla pace). Il suo motto, "Sufficit tibi gratia mea" ("Ti basta la mia grazia"), suona come un promemoria quotidiano: in mezzo al caos, ci si affida a qualcosa di più grande. Un "portiere" della speranza, oggi forse con un futuro da "portiere" supremo della Chiesa Cattolica.

Parenti? Cugini? Il giallo bergamasco (con vista San Pietro)

La domanda se siano parenti diretti resta avvolta nel mistero (o nella discrezione bergamasca). Qualche voce li vuole cugini, le fonti ufficiali glissano. Ma onestamente, con un Cardinale "papabile" in famiglia (o quasi), il gossip sulla parentela passa quasi in secondo piano rispetto alla possibilità di avere un Papa Pizzaballa!

Forse, però, non è nemmeno così importante il legame di sangue. Quello che colpisce è questa incredibile traiettoria di un cognome legato, in due generazioni diverse, all'arte del "difendere" a livelli altissimi.

Due "Portieri" per vocazione (uno dei quali potrebbe difendere la fede dal balcone di San Pietro)

Alla fine, il vero filo rosso non è l'anagrafe, ma una sorta di Dna spirituale bergamasco potenziato. Pier Luigi difendeva una rete fisica, fatta di corde e pali, dai tiri degli attaccanti avversari. Pierbattista difende una rete ben più fragile e preziosa: quella del dialogo, della convivenza, della pace possibile. E, chi lo sa, un domani potrebbe trovarsi a "difendere" l'intera barca di Pietro dalle tempeste del mondo.

Uno parava rigori, l'altro cerca di parare i tiri della discordia e dell'intolleranza, con la prospettiva futura di una "parata" ancora più importante. Entrambi, con stili e in campi diversissimi, incarnano la dedizione totale a una causa, la capacità di resistere sotto pressione e di affrontare sfide che sembrano più grandi di loro.

Quando un cognome è un programma (magari pontificale)

In un mondo che macina nomi e storie alla velocità della luce, i due Pizzaballa ci ricordano che un cognome può essere un piccolo segno del destino, un vessillo sotto cui fioriscono talenti inaspettati e traiettorie impensabili. Che si tratti di un pallone che gonfia la rete o di una speranza che non si lascia sgonfiare, fino alla possibilità concreta di guidare la Chiesa Cattolica, entrambi sono stati – e sono – custodi di qualcosa che vale la pena difendere. E questa, che siano cugini o meno, è già una storia fantastica da raccontare. Bergamasca, ovviamente. E chissà, forse un giorno, anche Romana.

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