Calcio internazionale
18 Maggio 2025
Tifosi del Senegal
Quando pensiamo al calcio come religione, ci vengono in mente Maracanã, Anfield, Bombonera. In testa scorrono volti noti: Pelé, Messi, Beckham, Ronaldo. Ma fuori dal grande circuito europeo-sudamericano esiste un’altra mappa del mondo, dove il pallone pulsa con la stessa, se non maggiore, intensità. Una passione che infiamma le strade, riempie gli stadi, e racconta molto più di una partita.
Ecco quattro paesi in cui il calcio non è solo un gioco. È una fede, una ragione di appartenenza. E spesso, anche un grido di riscatto.
Sotto i veli, dietro i divieti, il calcio in Iran è una vera esplosione popolare. I derby di Teheran tra Persepolis e Esteghlal infiammano milioni di persone. Nonostante le restrizioni — comprese quelle che per anni hanno impedito alle donne di entrare allo stadio — il tifo iraniano è tra i più viscerali e rumorosi del pianeta.
Le gradinate diventano spalti di protesta, sfogo, orgoglio nazionale. E quando la Nazionale gioca, il paese si ferma. Persino i regimi più rigidi devono arrendersi al fascino del pallone.
Forse non lo diresti, ma l’Indonesia è il paese con la più alta densità di tifosi attivi in Asia. Le partite del campionato nazionale sono seguite da folle oceaniche, con coreografie che nulla hanno da invidiare a quelle delle curve europee.
Le squadre più popolari come Persija Jakarta o Arema FC hanno fan club numerosi quanto quelli di club di Serie A. Eppure, il sistema calcistico locale è in crisi cronica, tra scandali e infrastrutture precarie. Ma niente frena la passione: il calcio è il collante nazionale di una nazione frammentata in oltre 17.000 isole.
In Senegal si gioca ovunque: nelle spiagge, nei campi sterrati, nei quartieri senza elettricità. Il calcio è un’educazione parallela, un futuro possibile, una via per uscire dalla povertà. La Nazionale è un simbolo di riscatto sociale. Non è un caso se nel 2022, dopo la vittoria della Coppa d’Africa, il paese è esploso in un’ovazione collettiva.
Dakar si è trasformata in uno stadio a cielo aperto. E ogni bambino ha cominciato a sognare di diventare il nuovo Sadio Mané. In Senegal il calcio non è solo passione: è identità e speranza.
In Giappone il calcio è diventato una forma d’arte moderna. Non ha la storia millenaria del sumo o la tradizione del baseball, ma ha conquistato spazio e cuore. Dal Mondiale casalingo del 2002, la crescita è stata costante: stadi pieni, club strutturati, giovani educati al fair play.
Il Giappone ha elevato il calcio a manifestazione di spirito collettivo. I tifosi sono famosi in tutto il mondo per pulire lo stadio dopo la partita, anche quando perdono. Una lezione di civiltà che parla più di mille slogan.
E attenzione: tecnicamente, oggi la J-League è tra i campionati più organizzati d’Asia. E i suoi talenti iniziano a brillare anche in Europa.
Il calcio non ha un unico centro. Non appartiene solo all’Europa, né al Sud America. Oggi vive e cresce in ogni angolo del mondo, alimentato da sogni, rabbia, poesia. E in paesi che non finiscono nei tabelloni della Champions, il pallone ha un valore ancora più profondo: è il ponte tra chi sei e chi vuoi diventare.
Forse è arrivato il momento di guardare altrove. Di scoprire che anche a migliaia di chilometri, c’è qualcuno che, come noi, vive al ritmo di un passaggio filtrante e sogna in fuorigioco.