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Accordo File-Siae su negoziazione equo compenso articoli online

I contenuti giornalistici sono il motore della conoscenza pubblica, ma nell’ecosistema digitale sono stati svuotati di valore economico

Accordo File-Siae su negoziazione equo compenso articoli online

La Federazione Italiana Liberi Editori (File) ha firmato un contratto di mandato con la Società Italiana degli Autori ed Editori (Siae) per negoziare, con le grandi piattaforme digitali, l’equo compenso per l’utilizzo online degli articoli pubblicati dalle testate aderenti. È una mossa attesa, necessaria, che segna un nuovo passo nella battaglia degli editori contro lo sfruttamento sistematico dei contenuti giornalistici da parte dei colossi del web.

L’accordo si pone sulla scia di quello già siglato tra Siae e Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali) un anno fa. Ma con un messaggio chiaro: anche i piccoli e medi editori – quelli che rappresentano il tessuto vivo dell’informazione locale e specializzata – hanno diritto a una tutela reale e concreta, a maggior ragione quando il loro lavoro viene utilizzato per generare traffico e profitti da parte delle big tech, senza alcun ritorno economico per chi quei contenuti li produce.

«La nostra volontà di accettare il mandato della File testimonia quanto per Siae la difesa del diritto d’autore prescinda dalla dimensione della realtà editoriale rappresentata», ha dichiarato Nicola Migliardi, Chief Operation Officer Music di Siae. Il concetto è semplice: la proprietà intellettuale ha un valore intrinseco che non dipende dai numeri o dalle dimensioni dell’impresa editoriale. Il lavoro di un cronista di un piccolo quotidiano ha lo stesso diritto a essere riconosciuto e remunerato quanto quello di una grande firma nazionale.

Per la File, presieduta da Roberto Paolo, questa firma rappresenta una presa di posizione netta: «La necessità di affrontare in modo unitario questa sfida dimostra la fragilità dell’impianto normativo sul copyright», afferma. Il problema è duplice. Da una parte c’è la resistenza delle piattaforme – Google, Meta, ma anche i nuovi attori dell’intelligenza artificiale generativa come ChatGPT – a sedersi al tavolo della trattativa con spirito costruttivo. Dall’altra, una normativa europea ancora troppo debole nell'imporre obblighi concreti ed efficaci.

La direttiva UE sul copyright, approvata nel 2019, aveva l’obiettivo di correggere uno squilibrio profondo: i contenuti prodotti dagli editori – articoli, inchieste, notizie – alimentano algoritmi e motori di ricerca, generano pubblicità, fanno guadagnare milioni. Ma chi quei contenuti li scrive, li verifica e li pubblica spesso resta a mani vuote. L’Italia ha recepito la direttiva, ma l’efficacia della norma è legata alla capacità degli editori di coalizzarsi e agire con strumenti legali, cosa non sempre facile, soprattutto per le realtà editoriali più piccole.

Ed è proprio qui che entra in gioco la funzione della Siae: negoziare, se necessario fare causa, agire per conto di centinaia di testate che da sole non potrebbero mai affrontare lo scontro legale e politico con giganti capaci di mobilitare legioni di avvocati e lobbisti. L’obiettivo dell’accordo è anche creare un fronte compatto. Quello siglato dalla Fieg un anno fa ha dato un primo segnale. Ora la File che porta in dote un’altra parte consistente del panorama editoriale italiano.

Nella sede Siae con il presidente File Roberto Paolo anche i neo vice presidenti Franco Lazzerri e Massimo Pizzuti nonché i consulenti Enzo Ghionni e Paola Verrusio

Il nodo centrale resta uno: la redistribuzione del valore. I contenuti giornalistici sono il motore della conoscenza pubblica, ma nell’ecosistema digitale sono stati svuotati di valore economico. Le piattaforme aggregano, indicizzano, rilanciano, ma non pagano. Un click su una notizia genera profitto pubblicitario, ma una parte minima – se non nulla – di quel profitto arriva all’editore. A guadagnarci sono le piattaforme, che sfruttano la notorietà delle testate per fidelizzare gli utenti. È una filiera inceppata, dove chi produce valore resta tagliato fuori.

Nel frattempo, l’intelligenza artificiale minaccia di aggravare ulteriormente il quadro. Strumenti come ChatGPT, Bard o Gemini sono già capaci di riscrivere, sintetizzare e rilanciare articoli pubblicati da altri. L’IA si nutre di contenuti realizzati da giornalisti in carne e ossa, ma in troppi casi non restituisce né visibilità né compensi. Un cortocircuito che, se non viene regolato, rischia di trasformare la produzione giornalistica in una riserva di caccia per le macchine. E gli editori in vittime silenziose.

L'accordo FILE-SIAE è dunque un atto politico, oltre che contrattuale. È un modo per dire che l’informazione non può essere gratis per chi la utilizza a fini commerciali. Che i contenuti non piovono dal cielo, ma nascono da lavoro, tempo, verifiche, spese. Che la qualità dell’informazione – e con essa la salute della democrazia – dipende anche da un’equa remunerazione.

Ora la palla passa alle piattaforme. La speranza è che si apra una trattativa reale, trasparente, senza ricatti o dilazioni. Ma se così non fosse, l’accordo prevede anche azioni legali. E Siae, con il supporto della File, è pronta a intraprenderle. Perché il tempo dei proclami è finito. È il momento dei fatti.

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