Editoria
11 Agosto 2025
L’8 agosto 2025 è una data che resterà impressa nella storia dell’informazione europea: l’European Media Freedom Act (EMFA) è ufficialmente legge, non più una direttiva da recepire secondo i tempi dei singoli Stati membri, ma un regolamento vincolante e immediatamente applicabile in tutta l’Unione Europea. L’ambizione dell’EMFA è chiara: rafforzare la libertà, il pluralismo dei media e la loro indipendenza, limitando l’interferenza politica e arginando il potere sproporzionato delle grandi piattaforme digitali sui mezzi di comunicazione tradizionali. Eppure, in Italia, lo storico passaggio rischia di essere ignorato, sacrificato sull’altare di piccole diatribe interne e del consueto immobilismo istituzionale.
Come evidenziato da Enzo Ghionni su Editoria.tv, il dibattito italiano si è consumato quasi esclusivamente intorno alla governance della Rai, riducendo l’EMFA a una riforma sui criteri di nomina nei vertici del servizio pubblico radiotelevisivo. Ma limitarsi a questo significa perdere di vista la portata rivoluzionaria del regolamento europeo, che impone agli Stati non solo l’indipendenza editoriale e finanziaria dei media pubblici (art. 5), ma stabilisce anche principi e regole fondamentali su temi cruciali: la tutela delle fonti giornalistiche, la trasparenza nella gestione della pubblicità pubblica, il rapporto tra piattaforme digitali e media tradizionali.
Non è più consentito, secondo l’EMFA, che piattaforme come Google, Facebook o TikTok possano rimuovere contenuti editoriali senza un confronto trasparente. Le fonti giornalistiche ottengono una protezione rafforzata contro l’invadenza delle autorità giudiziarie, mentre l’assegnazione di fondi e spazi pubblicitari deve avvenire attraverso procedure trasparenti e non discriminatorie. Il regolamento prevede inoltre il coordinamento di un Board europeo capace di vigilare sull’applicazione uniforme della normativa presso tutti gli Stati, evitando abusi e storture locali.
Ciononostante, l’Italia sembra voltare le spalle a questa rivoluzione: niente piani nazionali, nessuna iniziativa parlamentare di respiro, nessun dibattito che vada oltre la solita, sterile lotta sulla Rai. Il rischio? Perdere una “storica” occasione per rilanciare pluralismo, informazione autorevole e libertà di stampa, rimanendo inchiodati alle retrovie delle classifiche internazionali in materia. L’EMFA non è un augurio astratto né un testo da relegare ai seminari universitari, ma legge già pienamente operativa—inadempienza compresa di potenziali sanzioni giuridiche e pesanti conseguenze reputazionali.
Come conclude Ghionni, continuare a ignorare il quadro europeo significa non aver compreso, o peggio voler ignorare, la vera portata di una riforma che potrebbe e dovrebbe cambiare davvero il volto dell’informazione italiana.editoria