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28 Settembre 2025
Sassi, Pizzul e Vitaletti
Nel pomeriggio del 22 ottobre 1967, nella sede della RAI, si consumò un momento che avrebbe cambiato per sempre il modo di vivere il calcio in Italia e la sua narrazione in televisione. Una partita tra Inter e Milan, un gol fantasma di Gianni Rivera e la sorprendente scoperta che la palla, pur apparendo dentro la porta, non aveva oltrepassato la linea. Quelle immagini che scorrevano al rallentatore mostrarono qualcosa di inedito, gettando le basi per ciò che poi sarebbe diventata la moviola. A quel tavolo c’era lui, Carlo Sassi, il giornalista milanese che avrebbe rivoluzionato il racconto sportivo e accompagnato generazioni di appassionati con la sua voce e le sue analisi.
A raccontare Carlo Sassi sono ora i colleghi e i protagonisti della tv sportiva, che non dimenticano la sua umanità, la competenza e quella capacità unica di trasformare un semplice rallentatore in uno strumento di verità e confronto. Maurizio Mosca, noto per la sua vivace presenza nella trasmissione "L'appello del martedì," con cui Sassi collaborò dopo il 1991, ricorda con affetto la precisione di Sassi e il suo modo di coinvolgere il pubblico anche attraverso la telefonata ai calciatori direttamente dai set del programma: «Con Carlo ogni scena diventava un racconto umano, non solo tecnica».
Anche il volto noto delle trasmissioni sportive Fabio Fazio, che ha condiviso con Sassi l’esperienza in "Quelli che il calcio" sul RAI tra il 1993 e il 2001, sottolinea come Sassi fosse più di un esperto di moviola: «Era un maestro di comunicazione, capace di spiegare il complesso in modo semplice, usando parole precise e mai banali».
Dal punto di vista giornalistico, Sassi ha lasciato un segno indelebile anche nel modo in cui si racconta il calcio. La sua capacità di scegliere parole essenziali e di rendere ogni azione un pezzo di storia ha influenzato molte generazioni di cronisti sportivi, trasformando la moviola non solo in uno strumento di verifica ma in un vero e proprio rituale della domenica sportiva italiana
Prima dell’era della tecnologia VAR nelle partite di calcio, la moviola rappresentava l’unico modo per analizzare con calma e con rigore le azioni più controverse. L’intuizione di Sassi e del suo collega Heron Vitaletti fu geniale: nel 1967, durante quella partita storica, notarono la polvere di gesso sollevata dalla palla, segno inequivocabile che aveva toccato la linea. Da quel momento, la moviola fu l’occhio della verità in un calcio che ancora non conosceva la tecnologia digitale.
Sassi rimase la figura centrale della moviola fino al 1991, assicurandosi che ogni replay, ogni immagine al rallentatore fosse un’occasione di confronto e non un mezzo di polemica sterile. Poi, in Mediaset, portò il suo sapere e la sua autorevolezza nella trasmissione con Mosca, per poi tornare in RAI e affiancare i grandi nomi della tv sportiva.
Più che l’inventore di una tecnica o di un formato televisivo, i colleghi ricordano Carlo Sassi come un uomo semplice, capace di scherzare anche sulla sua storia, come il racconto che si fece sui campi da calcio in cui aveva tentato la carriera di calciatore, senza successo, superando quel fallimento con eleganza e umorismo.
È la sua capacità di fare della moviola non solo un mezzo tecnico, ma una palestra di racconto umano a trasparire dalle testimonianze. La sua voce, spesso moderata ma autorevole, ha accompagnato domeniche intere, dando un senso alle discussioni accese di tifosi, giocatori e allenatori; i quali spesso concludevano le interviste con la leggendaria frase: «Lo vedremo questa sera alla moviola».
La figura di Carlo Sassi si staglia nel panorama del giornalismo italiano come un simbolo di professionalità e innovazione. Non fu solo un pioniere della tecnicità televisiva, ma anche un precursore nel rapporto diretto con il pubblico e con i protagonisti del calcio, creando un dialogo nuovo tra spettatori, addetti ai lavori e media.
La sua idea di moviola fu un importante passo verso quella che oggi è la tecnologia VAR, e la sua metodologia ha insegnato come la tecnologia possa essere uno strumento di chiarezza e non di divisione. La sua sensibilità giornalistica ha fatto in modo che i replay non fossero solo un tormentone, ma parte integrante della narrazione sportiva italiana.
Il mondo del giornalismo sportivo italiano piange l’addio di Carlo Sassi, scomparso il 27 settembre 2025 all’età di 95 anni. Un addio che arriva in una domenica nera per il settore, nello stesso giorno in cui ha lasciato questo mondo anche un altro grande giornalista, Furio Focolari. Due volti storici che rappresentano un’epoca irripetibile, quella in cui la passione per il calcio si intrecciava con la nascita di un racconto televisivo che educava, emozionava e informava.
Carlo Sassi non ha solo inventato la moviola, ha dato voce ai dubbi di milioni di italiani, trasformando la televisione in uno spazio di verità condivisa, confronto e passione.