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Dietro le trattative: il ruolo dei 'certificati medici' e le dinamiche tra club e giocatori

Un mondo poco conosciuto dove un pezzo di carta pesa più di un contratto

Dietro le trattative: il ruolo dei 'certificati medici' e le dinamiche tra club e giocatori

Nel dietro le quinte del calciomercato, dove milioni di euro e ambizioni si intrecciano, esiste un elemento poco visibile ma straordinariamente centrale: il certificato medico. Non è solo un documento sanitario, ma un vero e proprio strumento che può influenzare trattative, accordi e perfino la carriera di un giocatore. Lo sa bene Federico Bernardeschi, protagonista recente di una vicenda che ha riportato sotto i riflettori questo tema così delicato quanto poco discusso pubblicamente. Dietro la sua ironica polemica sulla "gonna" e un aneddoto sul certificato medico emerge una realtà fatta di regole, pratiche comuni, e questioni etiche ancora tutte da chiarire.

Il certificato medico: più di un semplice documento

Nel calcio di Serie A e oltre, per ogni giocatore la certificazione medica di idoneità all'attività agonistica è obbligatoria e deve essere valida per tutta la durata della stagione. È il presupposto imprescindibile per poter disputare gare ufficiali, evitando rischi legali e sanitari per il club e per lo stesso atleta. La Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) impone l'obbligo di questo certificato, e i controlli sono spesso rigidi.

Ma la realtà è più complessa: spesso il certificato può diventare un elemento tattico nelle negoziazioni di mercato. Un giocatore con un certificato "verde" può essere più appetibile perché a basso rischio medico, mentre problemi o anomalie possono rallentare o bloccare un trasferimento. In tal senso, il certificato può influenzare i tempi, i valori economici ed espandere il potere negoziale di club e rappresentanti.

La legittimità e le pratiche sotto la lente

Non è raro che tra i club e gli staff medici si verifichino discussioni sul reale stato di salute di un giocatore, con la linea tra verifica clinica e interesse economico che a volte può sfumare. Già, non si tratta solo di un attestato sanitario, ma lo status medico può condizionare la squadra da ingaggiare, la durata dei contratti e persino le clausole. È prassi consolidata che il medico sociale, in accordo con la società, valuti attentamente rischi come infortuni pregressi o condizioni che potrebbero limitare la performance.

Le norme italiane e il codice deontologico medicosportivo chiariscono che il medico deve tutelare la salute del calciatore in via esclusiva, senza farsi condizionare da pressioni esterne o interessi economici. Tuttavia, nella realtà quotidiana i medici si trovano spesso a mediare tra esigenze sanitarie e strategie di mercato, generando dilemmi etici rilevanti.

Un aneddoto che illumina un sistema

Nell'articolo originale del Corriere dello Sport del 29 settembre 2025, Bernardeschi racconta un episodio emblematico: durante una fase di trattativa, ha dovuto affrontare la questione del certificato medico in modo quasi grottesco, come se fosse un "ostacolo burocratico" capace di far saltare l'accordo. Il calciatore, riflettendo ironicamente, mette in luce come in questo turbine di numeri e trattative il certificato spesso rappresenti una sfida inaspettata, una sorta di limite invisibile ma pesantissimo.

Questo episodio riflette come dietro la superficie scintillante di un trasferimento si celi una rete di controlli, certificati, pareri medici e accordi informali spesso sottovalutati dal grande pubblico ma cardine nella definizione finale di un contratto.

Rischi legali e responsabilità: un terreno minato

Il certificato non è solo un requisito sportivo, ma anche un atto con implicazioni legali di peso. Nel caso in cui un giocatore scenda in campo senza un certificato medico valido, o con una certificazione falsa o scaduta, la società può incorrere in responsabilità penali e civili anche gravi: da lesioni colpose fino a conseguenze più severe in caso di incidente o infortunio.

Ecco perché il ruolo del medico sociale è tanto delicato quanto cruciale: deve garantire l'integrità fisica del calciatore, esercitando un controllo scrupoloso e indipendente, e opponendosi a possibili pressioni legate a interessi contrattuali o economici. Le leggi italiane (tra cui la normativa Gelli-Bianco) impongono che il medico risponda di eventuali negligenze o omissioni, sottolineando la funzione etica imprescindibile della sua figura.

Etica e trasparenza nelle trattative di mercato

In questo contesto, emerge una riflessione più ampia: quanto è etico l'uso del certificato medico nelle dinamiche di calciomercato? Se da un lato è indispensabile per tutelare salute e sicurezza, dall'altro il suo impiego tattico può aprire la porta a pratiche poco trasparenti o addirittura scorrette. La pressione per ottenere certificati "puliti" o per nascondere problemi fisici diventa una questione di fiducia e responsabilità, non solo sportiva ma sociale.

Le squadre, i medici e gli agenti sono chiamati a un delicato equilibrio, tra interesse sportivo, tutela del giocatore e integrità complessiva del sistema. La trasparenza nel processo e la chiarezza delle procedure possono contribuire a limitare conflitti di interesse e a garantire che il certificato resti quello che deve essere: uno strumento primario di salvaguardia e prevenzione, non un mero strumento negoziale.

Il caso Bernardeschi, insieme ai molti esempi e normative recenti, ci ricorda che dietro i riflettori del campo si muove un meccanismo complesso, dove un piccolo foglio può diventare chiave di vittorie, trasferimenti e talvolta controversie, richiedendo a tutti i protagonisti rigore, responsabilità e rispetto per la salute prima di ogni trattativa.

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