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Alla Juve mai, storia di un ragazzo del Filadelfia: fede granata e sogni di riscatto

Dalla campagna mandrogna al Torino: la storia romanzata di Natalino Fossati, tra talento, infortuni e fedeltà granata

Alla Juve mai, storia di un ragazzo del Filadelfia: fede granata e sogni di riscatto

Alla Juve Mai, la storia, romanzata, di Natalino Fossati

In una cornice vibrante di passione e riscatto, questa storia romanzata segue il cammino di un ragazzo alessandrino, Natalino Fossati, cresciuto tra i cortili polverosi del dopoguerra e i sogni accesi di un’Italia che prova a rialzarsi. Il giovane “Nat”, come affettuosamente lo chiamano i suoi amici, trascorre l’infanzia nella campagna mandrogna, tra i suoni delle partite improvvisate e il profumo dell’erba bagnata nei campi del Don Bosco, l’oratorio salesiano dove il calcio non è solo un gioco, ma una piccola scuola di vita. È lì che sboccia il suo talento, limpido e istintivo, lo stesso terreno fertile che aveva già visto muovere i primi passi di un altro alessandrino destinato alla gloria: Gianni Rivera.

Sulle orme di quel mito in costruzione, anche Nat approda all’Alessandria, portando con sé la fame dei predestinati e la genuina semplicità dei ragazzi che non hanno ancora perso la purezza dei sogni. Le sue prestazioni iniziano presto a richiamare l’attenzione dei grandi club: tra questi, la Juventus è la prima ad accorgersi di lui. I dirigenti bianconeri bussano con decisione, pronti a offrirgli un futuro sicuro tra le loro fila. Ma il cuore di Fossati, granata sin da bambino, batte solo per un nome: Torino.

Spinto da un misto di audacia e ingenuità, Natalino decide di prendere in mano il proprio destino e scrive una lettera accorata alla società torinista. Quelle righe, semplici ma sincere, convincono i dirigenti del Toro a scommettere su di lui. È così che viene accolto nel vivaio del Torino, strappato letteralmente alla Juventus, in un gesto simbolico che segna l’inizio della sua leggenda personale. Al Filadelfia, tempio del Toro eterno, lo aspetta un maestro d’eccezione: Enzo Bearzot. Tra allenamenti duri, disciplina e sogni condivisi, Nat impara cosa significa davvero vestire la maglia granata.

Ma il suo percorso non sarà privo di ostacoli. Un grave infortunio lo mette presto di fronte alla paura più grande per un giovane atleta: quella di non tornare più in campo. Mentre combatte per recuperare, la Juventus torna alla carica, pronta ad approfittare delle difficoltà del ragazzo. Tuttavia, Natalino sceglie di nuovo la fedeltà, rimanendo abbracciato ai colori granata anche nel momento di massima incertezza. È un atto di amore e di orgoglio che ne definisce il carattere per sempre.

Superata la prova più dura, Fossati conosce finalmente la gioia del debutto tra i grandi. Dopo un’esperienza al Genoa, dove conquista l’esordio in Serie A, rientra al Torino più maturo e consapevole. In rossoblù arriva anche la sua prima rete nel massimo campionato, una firma personale che il destino rende epica: a farne le spese è proprio la Juventus, nella stessa partita in cui Nat deve marcare un gigante come Omar Sivori. Quell’impresa segna un punto di svolta, consacrandolo come simbolo di una passione granata che non conosce compromessi.

Tornato al Toro, trova una squadra forgiata dal carisma e dalla severità di Nereo Rocco, il tecnico del “tremendismo”, un credo calcistico fatto di sacrificio, compattezza e spirito indomito. Al suo fianco, Fossati stringe un legame profondo con Giorgio Ferrini, il capitano, l’uomo che incarna come pochi altri il senso di appartenenza e lealtà. In quegli anni il Torino non è solo una squadra, ma una famiglia che soffre e gioisce insieme, ricostruendo giorno dopo giorno la propria identità dopo le ferite lasciate dalla tragedia di Superga.

Neppure le insistenti lusinghe del presidente bianconero Giampiero Boniperti riescono a scalfire la sua devozione. Fossati rimane fedele al Torino, ai suoi tifosi, e al suono del Filadelfia che si accende ogni volta che indossa quella maglia. E quando, inaspettatamente, arriva la cessione alla Sampdoria, il distacco si rivela doloroso e amaro. Tuttavia, il tempo e le distanze non riescono a spegnere l’amore per il Toro, che resta parte viva della sua identità, un sentimento che resiste immutato fino a oggi.

Quella di Natalino Fossati è la storia di un uomo, di un atleta e di un’epoca. Una parabola che mescola sogni e sacrifici, fedeltà e passione, in un viaggio umano e sportivo che attraversa l’Italia del secondo dopoguerra fino ai fasti del grande calcio. Un racconto che celebra non solo la carriera di un calciatore, ma anche il legame eterno tra un uomo e la maglia che ha imparato ad amare da bambino.

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