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Calcio e tecnologia

Che cosa sono quelle toppe? Analisi tecnica dei dispositivi sui lobi del Bayern

Piccole, color carne e strategiche: al Bayern compaiono cerotti sui lobi dei calciatori

Che cosa sono quelle toppe? Analisi tecnica dei dispositivi sui lobi del Bayern.

A un certo punto dell’allenamento, il campo alla Säbener Straße diventa un laboratorio. Sulla linea di fondo, un fotografo immortala Manuel Neuer mentre si sottopone a un prelievo capillare; poco più in là, compagni con minuscole toppe color carne sui lobi delle orecchie completano le ripetute. Quella foto, pubblicata il 19.11.2025, è il fotogramma che accende il dibattito: che cosa sono e a cosa servono quelle toppe? La testata tedesca BILD sostiene di conoscere il “laboratorio segreto” di Vincent Kompany e scrive che gli adesivi ai lobi si vedono “da diverse settimane, anche in questa” sessione. Ma non svela i dettagli al di fuori dell’area abbonati. Il risultato è un mistero che merita un’indagine tecnica, andando oltre il folklore e dentro le tecnologie “auricolari” oggi disponibili nello sport d’élite.

L’ossessione dei dati non è una moda: è una linea tecnica

Prima dei cerotti ai lobi, il nuovo Bayern della gestione Kompany aveva già rimesso al centro la parola chiave: diagnostica della performance. Non è uno slogan: il 16.07.2024 il club spiegava come i test di inizio stagione producano “buoni valori di confronto” per misurare stato di forma, fragilità e progressi individuali. Lo stesso Kompany motivava così gli screening medici e atletici: servono a vedere “ciò che finora potremmo non aver scoperto”. È l’architettura culturale che rende plausibile l’adozione di sensori e protocolli non convenzionali anche sul campo.

Negli stessi mesi, il Bayern ha moltiplicato gli strumenti di supporto “tech”: dalle lavagnette sostituite da tablet con micro-briefing tattici a bordo campo, fino all’uso sistematico di occhiali stroboscopici e isolamento acustico per i portieri (allenamenti di deprivazione sensoriale per potenziare focus e tempi di reazione). Tutti segnali di una società che integra la tecnologia nell’allenamento quotidiano.

Da qui parte la nostra analisi: quali dispositivi auricolari potrebbero giustificare quelle toppe color carne sui lobi? E, soprattutto, a cosa servirebbero in un microciclo di lavoro da élite?

Tre piste tecniche per spiegare le “toppe” ai lobi

1) Neuromodulazione auricolare: la pista della stimolazione del nervo vago (tVNS)

  1. Che cos’è: la stimolazione transcutanea del nervo vago a livello dell’orecchio (tragus, conca o zone limitrofe) utilizza piccoli elettrodi adesivi o clip per erogare micro-correnti. Obiettivo: modulare il sistema nervoso autonomo e (in teoria) favorire parametri come recupero, stress, attenzione. I sistemi tVNS sono non invasivi e possono essere impiegati in protocolli brevi anche pre-allenamento.
  2. Cosa dice la letteratura recente: gli effetti su frequenza cardiaca e variabilità della frequenza cardiaca (HRV) sono eterogenei. Una revisione sistematica del 2023 rileva cambiamenti significativi in una parte degli studi su HRV e baroriflesso, ma con forte eterogeneità metodologica; tradotto: segnali incoraggianti ma quadro non conclusivo, dipendente da parametri e posizionamento. Nel 2024, uno studio crossover ha osservato effetti su HRV e vasodilatazione indotta dal freddo in base all’area del pad auricolare stimolata. Nel 2025, un lavoro su Psychophysiology ha trovato che la tVNS può persino diminuire alcuni indici HRV (RMSSD, HF) senza modificare la frequenza cardiaca media, ipotizzando un ruolo nell’“arousal” più che in una semplice spinta parasimpatica. E in atleti? Un trial controllato su 60 sportivi d’élite ha visto benefici modesti e non statisticamente significativi sulle prestazioni dopo una singola sessione: la tVNS non appare una “bacchetta magica” immediata, ma resta un candidato per protocolli più lunghi e individualizzati.
  3. Perché potrebbe spiegare le toppe: gli elettrodi tVNS spesso sono color pelle, piccoli e adesivi; si applicano su tragus o lobo (o vicino) e possono essere “coperti” da micro-cerotti. In un contesto come quello del Bayern—che già misura sangue e parametri sul campo nella settimana del 19.11.2025—la tVNS sarebbe coerente con un approccio sperimentale volto a modulare stress, attenzione e prontezza durante i blocchi di lavoro. Resta però una deduzione plausibile, non una certezza: il club non ha ufficializzato l’uso di tVNS.

2) Sensoristica cardio-respiratoria e ossimetrica “ear-based”: la pista PPG/SpO2 e HRV

  1. Che cos’è: l’orecchio è un’ottima sede per sensori PPG (fotopletismografia) e per ossimetria (SpO2), meno soggetta ad artefatti rispetto al polso durante movimenti intensi. Esistono sensori adesivi o mini-clip da lobo in grado di tracciare frequenza cardiaca e saturazione, utile per calibrare carichi, monitorare l’acclimatazione o verificare la tolleranza a esercizi lattacidi. La ricerca su PPG a bassa frequenza di campionamento per wearables continua a migliorare modelli e accuratezza.
  2. Che cosa sappiamo: la letteratura sui wearable-ECG/PPG conferma il trend di spostare il monitoraggio cardiaco su form factor miniaturizzati e più stabili in movimento, con un occhio a HRV e qualità del segnale. Anche soluzioni “in-ear” (Ear-ECG e in-ear microphones) hanno mostrato capacità di stima della frequenza cardiaca resistenti al movimento.
  3. Perché potrebbe spiegare le toppe: un sensore PPG o di SpO2 può essere ancorato con un cerotto color pelle al lobo per una finestra di misurazione breve durante l’allenamento. Incrociato con un prelievo capillare (lattato) come quello documentato in foto, offrirebbe correlazioni ad alta risoluzione tra saturazione, HR/HRV e metabolismo su esercizi specifici, utili per cucire carichi su misura. Anche qui, mancano conferme ufficiali dal Bayern: è una possibilità tecnica coerente con gli indizi, non un fatto certificato.

3) Elettrodi “around-the-ear” per EEG/ear-EEG: la pista neurofisiologica

  1. Che cos’è: sistemi come cEEGrid posizionano elettrodi attorno al padiglione per registrare segnali EEG con configurazioni ultra-leggere, già testate fuori dal laboratorio (sonno e attenzione) con hardware indossabile. L’obiettivo in ambito sportivo sarebbe monitorare stati di focalizzazione, affaticamento centrale o recupero neurocognitivo, integrando i dati con GPS, accelerometri e test reattivi.
  2. Perché potrebbe spiegare le toppe: alcune configurazioni prevedono micro-elettrodi adesivi lungo la regione peri-auricolare. In contesto calcistico, un ear-EEG potrebbe essere impiegato in blocchi ristretti (drill attentivi, decision making) per stimare oscillazioni legate al focus. Tuttavia, l’adozione di ear-EEG in un allenamento collettivo ad alta intensità è logisticamente più complessa di PPG/tVNS; plausibile in sessioni selezionate, meno come routine generalizzata. Anche in questo caso: nessuna conferma ufficiale dal club, solo compatibilità tecnologica con le “toppe” osservate.

Cornice Bayern: indizi, tempi, coerenza

  1. Il dettaglio visivo: la foto di BILD scattata in settimana e pubblicata il 19.11.2025 mostra Manuel Neuer con prelievo capillare pre-allenamento; nello stesso articolo si legge che i calciatori “da settimane” indossano “piccole toppe color carne sui lobi” durante le sessioni. È un dato di osservazione, non un comunicato ufficiale.
  2. La filosofia di Kompany: centralità dei test e della diagnostica già esplicitata nel luglio 2024; adozione di strumenti digitali e stimoli neurosensoriali (tablet a bordo campo, occhiali stroboscopici, training con isolamento acustico per portieri) documentati tra settembre e novembre 2025. Un ambiente, insomma, con forte propensione a integrare nuovi segnali biometrici per la preparazione.
  3. La prudenza necessaria: allo stato attuale, né il Bayern né il suo staff medico hanno attribuito pubblicamente un nome o una funzione a quelle toppe. Le tre piste sopra—tVNS, PPG/SpO2/HRV, ear-EEG—sono le opzioni tecnologicamente più coerenti con ciò che vediamo e con le esigenze dell’allenamento d’élite, ma restano ipotesi supportate da letteratura e contesto, non “verità ufficiali”.

Cosa cambierebbe davvero con una “toppa” al lobo?

Se fosse tVNS: modulare stress e prontezza, ma servono protocolli e personalizzazione

La tVNS alza l’asticella della neuro-modulazione applicata allo sport: potrebbe essere inserita come “priming” pre-seduta per modulare arousal e controllo autonomico; oppure come cool-down per facilitare il recupero. Tuttavia, i risultati sugli indici HRV sono contrastanti e l’effetto su performance acute è, al meglio, piccolo se misurato in una sola seduta. Il valore reale potrebbe emergere in protocolli personalizzati e di medio periodo, con parametri (sede, frequenza, intensità, durata) calibrati sul singolo atleta. È scienza in corso d’opera: promettente, ma da usare con metodo.

Se fosse sensoristica PPG/SpO2/HRV: finestre di verità fisiologica durante il lavoro

Un sensore PPG/SpO2 sul lobo—ben fissato con un cerotto color pelle—può offrire segnali relativamente stabili anche in movimento intenso, specie se incrociati con GPS, potenza (dai posizionamenti locali) e prelievi di lattato. In altri termini: dà “occhi” sul rapporto tra sforzo, ossigenazione e controllo autonomico nelle frazioni di gioco che contano. Gli sviluppi su modelli low-power e la solidità crescente degli algoritmi (anche in-ear) suggeriscono che questa pista sia già matura per un uso di campo.

Se fosse ear-EEG: il “Santo Graal” del focus, ma non per tutti i giorni

L’ear-EEG apre scenari intriganti: misurare stati di attenzione o affaticamento centrale durante task mirati. La tecnologia c’è, con sistemi attorno all’orecchio validati per segnali neurofisiologici fuori dal laboratorio. Nella pratica di squadra, però, la complessità logistica e l’analisi dei dati ne collocano l’uso in sessioni selezionate più che nella routine quotidiana di un intero gruppo.

Perché proprio il lobo dell’orecchio?

  1. Stabilità meccanica: rispetto al polso o al braccio, il lobo offre un’ancora con meno artefatti in molte condizioni dinamiche.
  2. Accessibilità neuro‑auricolare: il nervo vago auricolare decorre in aree (tragus, conca) facilmente raggiungibili con elettrodi transcutanei.
  3. Prossimità craniale: per ear-EEG, l’area peri‑auricolare consente registrazioni EEG indossabili con minima intrusività.

Cronologia minima del “caso toppe”, dal campo alle ipotesi

  1. 16.07.2024 – Il Bayern pubblica l’approccio di Kompany alla “diagnostica”, fondato su test comparativi e individualizzazione. È il background che normalizza la ricerca di nuovi segnali.
  2. Settembre 2025 – Si documenta l’uso sistematico di tablet con briefing istantanei ai subentranti: segno di un flusso dati‑decisioni sempre più rapido.
  3. Novembre 2025 – Gli allenamenti dei portieri includono occhiali stroboscopici e isolamento acustico: sul campo si testa e si misura, non solo si ripete.
  4. 19.11.2025BILD pubblica “Exklusive Fotos! BILD enthüllt Kompanys geheimes Labor”, osserva “piccole toppe color carne sui lobi” da “diverse settimane” e mostra Neuer a un prelievo pre‑allenamento. L’articolo è dietro BILDplus: non accessibili i dettagli tecnici dichiarati.

Cosa resta da chiarire (e come andrebbe chiarito)

  1. Identificazione ufficiale: senza una conferma del club o dei medici, parlare di un dispositivo specifico sarebbe arbitrario.
  2. Parametri e obiettivi: se tVNS, quali frequenze e durate? Se PPG/SpO2, su quali drill e con che integrazione con lattato e GPS? Se ear‑EEG, quali marker (power alfa, ERD) e come si traducono in decisioni sul carico?
  3. Risultati e replicabilità: la vera svolta non è “mettere la toppa”, ma dimostrare risultati stabili e replicabili sulla prestazione o sulla resilienza agli infortuni.

Su questo punto, la scienza invita a pazienza e rigore: gli studi su tVNS in soggetti sani e atleti mostrano effetti variabili su HRV e performance acuta; l’ear‑EEG è promettente ma richiede protocolli standardizzati; la sensoristica PPG/SpO2 è già matura, ma va integrata con i carichi e con l’interpretazione corretta dei segnali.

Conclusione: il Bayern e la scienza del dettaglio

Che quelle toppe siano elettrodi tVNS, sensori PPG/SpO2 o micro‑elettrodi ear‑EEG, la linea non cambia: il Bayern di Vincent Kompany sta portando in campo una cultura di misurazione continua, coerente con una stagione che ha visto tablet tattici, deprivazione sensoriale per i portieri e una comunicazione chiara sull’importanza della diagnostica. Il club—come tutte le grandi organizzazioni sport‑tech—sa che l’innovazione vera non è il gadget, ma l’ecosistema: scelta del segnale giusto, integrazione con ciò che l’allenatore osserva, e decisioni più tempestive e personalizzate.

Finché non arriverà un nome ufficiale per quelle toppe, l’unica certezza è l’orientamento: il Bayern ha deciso che ogni millimetro di performance—anche sul lobo dell’orecchio—vale la pena di essere esplorato, misurato e, se funziona, standardizzato. È il dettaglio che separa la curiosità dall’avanguardia.

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