Sport e salute
19 Novembre 2025
Il suono della campanella è appena finito e nel cortile un insegnante fischia l’inizio della “pausa attiva”: due minuti di squat, balzi e camminata veloce. Nessuno sbuffa, nemmeno i più timidi: tra un’emoji disegnata sull’asfalto e una sfida a passi, il gioco contagia tutta la classe. Sono esattamente 120 secondi sottratti allo scrolling, ma moltiplicati per 5 volte al giorno e per un intero anno scolastico diventano ore reali di movimento. La scena non è un esperimento isolato. È il tassello pratico di una risposta che l’Italia sta costruendo a un allarme che non conviene più ignorare: la “sedentarietà digitale” che inchioda bambini e adolescenti agli schermi e che, insieme a cibi ultra‑processati e diete scorrette, alimenta l’anticamera del diabete in età sempre più giovane. Lo ha ricordato il 14 novembre 2025, nella Giornata mondiale del diabete, Marco Mezzaroma, presidente di Sport e Salute, chiamando a “allenare il Paese alla salute” con progetti quotidiani in scuole, quartieri e luoghi di socialità.
Nei giovani under 20 gli Stati Uniti registrano un raddoppio dell’incidenza del diabete di tipo 2 in 16 anni, da 9 a 18 casi ogni 100.000 tra il 2002 e il 2018 (+5% annuo medio): il segnale più netto che la malattia non sia più solo adulta. Età di picco alla diagnosi: 16 anni. È la fotografia della sorveglianza nazionale “SEARCH for Diabetes in Youth”.
Le proiezioni sono ancora più severe: mantenendo gli andamenti osservati fino al 2017, i giovani con diabete negli USA potrebbero arrivare a 526.000 entro il 2060, con un aumento di 673% dei casi di tipo 2 rispetto al 2017. Un avvertimento che vale anche per l’Europa, dove si osservano crescite nelle fasce under 40 (nel Regno Unito +39% in sei anni).
E l’Italia? Nelle abitudini motorie, il quadro è eloquente: meno del 10% degli adolescenti tra 11 e 15 anni raggiunge i 60 minuti di attività fisica quotidiana raccomandati dall’OMS; “un ragazzo su dieci” si muove abbastanza, nove no.
Non è solo “stare seduti”: è tempo prolungato di uso ricreativo degli schermi (telefono, videogame, social, streaming) che sottrae ore a sonno e movimento. Una ricerca pubblicata sul Journal of the American Heart Association il 6 agosto 2025 (coorti danesi COPSAC 2000/2010) lega, in oltre 1.000 ragazzi, più ore di schermo a un rischio cardiometabolico più alto: circonferenza vita, pressione, lipidi, insulino‑resistenza. L’effetto è più marcato quando si dorme meno: lo schermo “ruba” anche ore di sonno.
Il nesso con la resistenza insulinica nei bambini non è nuovo: già in un ampio studio inglese (4.495 alunni, 9–10 anni), oltre 3 ore al giorno di schermo si associavano a +10,5% di insulino‑resistenza, indipendentemente da ceto e attività fisica. È un campanello per la prevenzione “primissima” del tipo 2.

Alla sedentarietà si somma la dieta “di comodo”. Meta‑analisi e coorti prospettiche convergono: per ogni +10% di alimenti ultra‑processati nella dieta, il rischio di diabete di tipo 2 cresce di circa +10–15%; consumi più alti si associano a incrementi fino a +31%. Anche aggiustando per qualità della dieta e BMI, l’associazione persiste.
In questo quadro, l’allarme di Sport e Salute alla vigilia del World Diabetes Day 2025 non è retorica: mettere insieme alimentazione e movimento è il cuore della prevenzione reale, soprattutto tra i più giovani.
Il programma “Scuola Attiva” di Sport e Salute con il Ministero dell’Istruzione e del Merito è ripartito per l’a.s. 2025/2026 con tre sezioni: Infanzia, Kids (primaria) e Junior (secondaria di I grado). Negli anni scorsi ha già coinvolto oltre 2,2 milioni di studenti, 112.000 classi e 12.300 scuole; l’edizione in corso include Pause attive, Giornate del benessere, open day e kit per docenti, con attenzione all’inclusione (collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico).
A livello territoriale, il filone “Sport di tutti – Quartieri” finanzia presìdi di attività fisica nelle aree fragili: un esempio è “Sport di borgata alle 5!” a Torino (avvio 1 gennaio 2024, report del primo anno presentato il 25 gennaio 2025), rivolto in particolare a bambini e ragazzi.
Con la Legge 25 marzo 2025, n. 41 lo Stato ha rilanciato la pratica sportiva a scuola e istituito i Nuovi Giochi della Gioventù (entrata in vigore 18 aprile 2025), una manifestazione annuale aperta a tutte le discipline, integrata nel percorso didattico e pensata anche per la salute e l’inclusione. A fine maggio 2025, il Ministero della Salute era allo Stadio Olimpico per promuovere stili di vita sani tra i 2.500 finalisti.
Dal 16 giugno 2025 il MIM ha esteso alle superiori il divieto d’uso degli smartphone “in orario scolastico”, completando la stretta avviata con la circolare n. 5274 dell’11 luglio 2024 per infanzia, primaria e medie. Le scuole devono aggiornare regolamenti e patto di corresponsabilità; sono previste sanzioni. Parallelamente, il Ministro chiede in Europa un fronte comune fino ai 14 anni.
È un passaggio delicato. I dati PISA 2022 e le analisi OCSE suggeriscono che un uso digitale “moderato” a scuola è associato a risultati migliori, mentre un uso intenso peggiora le performance. Tradotto: serve una cultura d’uso, non una crociata.
Non servono palestre in più, basta progettazione. Le pause attive da 3–10 minuti integrate nella lezione migliorano attenzione e benessere, controbilanciando i lunghi tempi seduti. Un filone italiano, ABMove! (PRIN PNRR 2022), porta questo modello nella primaria, con attività “embodied” agganciate alla matematica per ridurre l’ansia e potenziare le funzioni esecutive.
Per le scuole che si avviano: il position paper su “School Active Breaks” (Annali di Igiene) fornisce indicazioni operative e sottolinea la facilità di adozione in qualsiasi contesto.
Le città che pedonalizzano gli ingressi scolastici vedono crescere la mobilità attiva. A Milano le “strade scolastiche” sono aumentate con 14 nuove pedonalizzazioni nel 2024 e altre 5 in corso; il calendario “Bike to School – Largo ai piccoli ciclisti” ha fissato uscite mensili per tutto il 2025. I progetti Pedibus cittadini hanno attivato 33 linee in 23 plessi (2022‑2023). Sono modelli replicabili e “a basso costo”.
L’AAP propone i Family Media Plan: fissare zone senza schermi (camera, tavolo), coprifuoco digitali e l’ora “zero schermi” prima di dormire, oltre a garantire 60 minuti di attività fisica e 8–12 ore di sonno (secondo l’età). Non è proibizionismo: è una contrattazione famigliare che, studi alla mano, aiuta a riequilibrare abitudini, pur con effetti che richiedono aggiornamenti periodici del patto.
Per i più piccoli (<5 anni), l’OMS invita a non superare i 60 minuti al giorno di schermi (meglio meno) tra 2–4 anni e a evitarli sotto i 2 anni, privilegiando gioco attivo e sonno regolare.
Il successo dei presìdi di “Sport di tutti – Quartieri” e iniziative come “Sport di borgata alle 5!” mostra che offrire attività gratuite o quasi, vicino a casa e con orari elastici, ingaggia famiglie e adolescenti che lo sport l’avevano perso di vista. Qui il target non è l’agonismo, ma l’aderenza: creare routine di 3–4 sessioni a settimana che facciano da antidoto alla sedentarietà serale a base di smartphone.
Non basta dire “meno schermo”: bisogna sapere dove incidere. L’evidenza di JAHA 2025 e dello studio inglese in età 9–10 anni suggerisce che due leve contano più delle altre:
In concreto, nelle scuole la coppia “pause attive + ricreazioni in movimento” spezza la sedentarietà; a casa, “schermi fuori dalla camera” e coprifuoco di un’ora prima di dormire. Sono cambiamenti realistici e sostenibili che incidono su insulino‑resistenza e rischio cardiometabolico.
Gli ultra‑processati non scompaiono per decreto. Le nuove sintesi mostrano che non tutti i gruppi UPF hanno lo stesso impatto, ma che, nel complesso, l’aumento di quota UPF si associa a più rischio di tipo 2. Un approccio “swap” (scambi) funziona meglio del “togli tutto”: spuntini veri (frutta, yogurt bianco), acqua al posto di soft drink, panini con pane integrale e proteine “magre”, confezioni più piccole, una bevanda zuccherata “speciale” alla settimana (non al giorno). Così si riduce la quota di calorie liquide e di additivi, la cui combinazione è sotto crescente scrutinio scientifico.
“Lo sport non ha come fine ultimo la vittoria, ma il benessere”, ha ricordato Marco Mezzaroma. Questo significa portare i progetti dove i ragazzi vivono davvero — scuola, cortile, quartiere — e unire nutrizione, sonno, movimento e uso consapevole degli schermi. Il corridoio tra la “sedentarietà digitale” e il diabete di domani si interrompe non con la colpa, ma con routine che funzionano: micro‑pause, tragitti attivi, media plan realistici, sport vicino a casa. Un Paese “allenato” è un Paese che disconnette senza scontro, e riconnette i ragazzi con il proprio corpo. È già tutto scritto nei dati. Ora tocca farlo, tutti i giorni.