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Sedentarietà digitale e diabete: come disconnettere i giovani senza scontro

Un patto tra scuole, famiglie e città per trasformare minuti di schermo in minuti di movimento, senza crociate né divieti ciechi

Sedentarietà digitale e diabete: come disconnettere i giovani senza scontro

Il suono della campanella è appena finito e nel cortile un insegnante fischia l’inizio della “pausa attiva”: due minuti di squat, balzi e camminata veloce. Nessuno sbuffa, nemmeno i più timidi: tra un’emoji disegnata sull’asfalto e una sfida a passi, il gioco contagia tutta la classe. Sono esattamente 120 secondi sottratti allo scrolling, ma moltiplicati per 5 volte al giorno e per un intero anno scolastico diventano ore reali di movimento. La scena non è un esperimento isolato. È il tassello pratico di una risposta che l’Italia sta costruendo a un allarme che non conviene più ignorare: la “sedentarietà digitale” che inchioda bambini e adolescenti agli schermi e che, insieme a cibi ultra‑processati e diete scorrette, alimenta l’anticamera del diabete in età sempre più giovane. Lo ha ricordato il 14 novembre 2025, nella Giornata mondiale del diabete, Marco Mezzaroma, presidente di Sport e Salute, chiamando a “allenare il Paese alla salute” con progetti quotidiani in scuole, quartieri e luoghi di socialità.

Perché intervenire adesso: i numeri che mancano il fiato

Nei giovani under 20 gli Stati Uniti registrano un raddoppio dell’incidenza del diabete di tipo 2 in 16 anni, da 9 a 18 casi ogni 100.000 tra il 2002 e il 2018 (+5% annuo medio): il segnale più netto che la malattia non sia più solo adulta. Età di picco alla diagnosi: 16 anni. È la fotografia della sorveglianza nazionale “SEARCH for Diabetes in Youth”.

Le proiezioni sono ancora più severe: mantenendo gli andamenti osservati fino al 2017, i giovani con diabete negli USA potrebbero arrivare a 526.000 entro il 2060, con un aumento di 673% dei casi di tipo 2 rispetto al 2017. Un avvertimento che vale anche per l’Europa, dove si osservano crescite nelle fasce under 40 (nel Regno Unito +39% in sei anni).

E l’Italia? Nelle abitudini motorie, il quadro è eloquente: meno del 10% degli adolescenti tra 11 e 15 anni raggiunge i 60 minuti di attività fisica quotidiana raccomandati dall’OMS; “un ragazzo su dieci” si muove abbastanza, nove no.

Che cos’è la “sedentarietà digitale” e perché tocca il metabolismo

Non è solo “stare seduti”: è tempo prolungato di uso ricreativo degli schermi (telefono, videogame, social, streaming) che sottrae ore a sonno e movimento. Una ricerca pubblicata sul Journal of the American Heart Association il 6 agosto 2025 (coorti danesi COPSAC 2000/2010) lega, in oltre 1.000 ragazzi, più ore di schermo a un rischio cardiometabolico più alto: circonferenza vita, pressione, lipidi, insulino‑resistenza. L’effetto è più marcato quando si dorme meno: lo schermo “ruba” anche ore di sonno.

Il nesso con la resistenza insulinica nei bambini non è nuovo: già in un ampio studio inglese (4.495 alunni, 9–10 anni), oltre 3 ore al giorno di schermo si associavano a +10,5% di insulino‑resistenza, indipendentemente da ceto e attività fisica. È un campanello per la prevenzione “primissima” del tipo 2.

Il cibo che non aiuta: il ruolo degli ultra‑processati

Alla sedentarietà si somma la dieta “di comodo”. Meta‑analisi e coorti prospettiche convergono: per ogni +10% di alimenti ultra‑processati nella dieta, il rischio di diabete di tipo 2 cresce di circa +10–15%; consumi più alti si associano a incrementi fino a +31%. Anche aggiustando per qualità della dieta e BMI, l’associazione persiste.

In questo quadro, l’allarme di Sport e Salute alla vigilia del World Diabetes Day 2025 non è retorica: mettere insieme alimentazione e movimento è il cuore della prevenzione reale, soprattutto tra i più giovani.

La bussola: obiettivi chiari e verificabili

  1. Per la scuola: portare ogni alunno ai 60 minuti quotidiani di attività fisica moderata‑intensa, con almeno 3 sedute settimanali che rinforzino ossa e muscoli. È la raccomandazione standard dell’OMS e delle CDC.
  2. Per la casa: applicare piani familiari che bilancino media, sonno e gioco all’aperto; evitare schermi in camera da letto e nell’ora prima di dormire. Linee guida AAP (Family Media Plan).
  3. Per la città: garantire percorsi pedibus/bicibus e “strade scolastiche” che rendano attivo e sicuro il tragitto casa‑scuola.

Cosa si sta muovendo in Italia: programmi e norme

Scuola Attiva: dal banco al “campo” in tre cicli

Il programma “Scuola Attiva” di Sport e Salute con il Ministero dell’Istruzione e del Merito è ripartito per l’a.s. 2025/2026 con tre sezioni: Infanzia, Kids (primaria) e Junior (secondaria di I grado). Negli anni scorsi ha già coinvolto oltre 2,2 milioni di studenti, 112.000 classi e 12.300 scuole; l’edizione in corso include Pause attive, Giornate del benessere, open day e kit per docenti, con attenzione all’inclusione (collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico).

A livello territoriale, il filone “Sport di tutti – Quartieri” finanzia presìdi di attività fisica nelle aree fragili: un esempio è “Sport di borgata alle 5!” a Torino (avvio 1 gennaio 2024, report del primo anno presentato il 25 gennaio 2025), rivolto in particolare a bambini e ragazzi.

I “Nuovi Giochi della Gioventù”: legge e calendario

Con la Legge 25 marzo 2025, n. 41 lo Stato ha rilanciato la pratica sportiva a scuola e istituito i Nuovi Giochi della Gioventù (entrata in vigore 18 aprile 2025), una manifestazione annuale aperta a tutte le discipline, integrata nel percorso didattico e pensata anche per la salute e l’inclusione. A fine maggio 2025, il Ministero della Salute era allo Stadio Olimpico per promuovere stili di vita sani tra i 2.500 finalisti.

Limiti agli smartphone a scuola: divieto sì, ma con una “via d’uscita” educativa

Dal 16 giugno 2025 il MIM ha esteso alle superiori il divieto d’uso degli smartphone “in orario scolastico”, completando la stretta avviata con la circolare n. 5274 dell’11 luglio 2024 per infanzia, primaria e medie. Le scuole devono aggiornare regolamenti e patto di corresponsabilità; sono previste sanzioni. Parallelamente, il Ministro chiede in Europa un fronte comune fino ai 14 anni.

È un passaggio delicato. I dati PISA 2022 e le analisi OCSE suggeriscono che un uso digitale “moderato” a scuola è associato a risultati migliori, mentre un uso intenso peggiora le performance. Tradotto: serve una cultura d’uso, non una crociata.

Strategie che funzionano (senza scontro)

1) Dentro l’orario: “pause attive” curricolari, ogni ora

Non servono palestre in più, basta progettazione. Le pause attive da 3–10 minuti integrate nella lezione migliorano attenzione e benessere, controbilanciando i lunghi tempi seduti. Un filone italiano, ABMove! (PRIN PNRR 2022), porta questo modello nella primaria, con attività “embodied” agganciate alla matematica per ridurre l’ansia e potenziare le funzioni esecutive.

Per le scuole che si avviano: il position paper su “School Active Breaks” (Annali di Igiene) fornisce indicazioni operative e sottolinea la facilità di adozione in qualsiasi contesto.

2) All’entrata e all’uscita: “strade scolastiche”, pedibus e bicibus

Le città che pedonalizzano gli ingressi scolastici vedono crescere la mobilità attiva. A Milano le “strade scolastiche” sono aumentate con 14 nuove pedonalizzazioni nel 2024 e altre 5 in corso; il calendario “Bike to School – Largo ai piccoli ciclisti” ha fissato uscite mensili per tutto il 2025. I progetti Pedibus cittadini hanno attivato 33 linee in 23 plessi (2022‑2023). Sono modelli replicabili e “a basso costo”.

3) A casa: media plan, routine e sonno

L’AAP propone i Family Media Plan: fissare zone senza schermi (camera, tavolo), coprifuoco digitali e l’ora “zero schermi” prima di dormire, oltre a garantire 60 minuti di attività fisica e 8–12 ore di sonno (secondo l’età). Non è proibizionismo: è una contrattazione famigliare che, studi alla mano, aiuta a riequilibrare abitudini, pur con effetti che richiedono aggiornamenti periodici del patto.

Per i più piccoli (<5 anni), l’OMS invita a non superare i 60 minuti al giorno di schermi (meglio meno) tra 2–4 anni e a evitarli sotto i 2 anni, privilegiando gioco attivo e sonno regolare.

4) Nel quartiere: sport “a bassa soglia”

Il successo dei presìdi di “Sport di tutti – Quartieri” e iniziative come “Sport di borgata alle 5!” mostra che offrire attività gratuite o quasi, vicino a casa e con orari elastici, ingaggia famiglie e adolescenti che lo sport l’avevano perso di vista. Qui il target non è l’agonismo, ma l’aderenza: creare routine di 3–4 sessioni a settimana che facciano da antidoto alla sedentarietà serale a base di smartphone.

Domare gli schermi con l’evidenza (non con gli slogan)

Non basta dire “meno schermo”: bisogna sapere dove incidere. L’evidenza di JAHA 2025 e dello studio inglese in età 9–10 anni suggerisce che due leve contano più delle altre:

  1. ridurre i “blocchi” prolungati di scrolling passivo,
  2. recuperare sonno.

In concreto, nelle scuole la coppia “pause attive + ricreazioni in movimento” spezza la sedentarietà; a casa, “schermi fuori dalla camera” e coprifuoco di un’ora prima di dormire. Sono cambiamenti realistici e sostenibili che incidono su insulino‑resistenza e rischio cardiometabolico.

Il nodo cibo: alfabetizzare senza colpevolizzare

Gli ultra‑processati non scompaiono per decreto. Le nuove sintesi mostrano che non tutti i gruppi UPF hanno lo stesso impatto, ma che, nel complesso, l’aumento di quota UPF si associa a più rischio di tipo 2. Un approccio “swap” (scambi) funziona meglio del “togli tutto”: spuntini veri (frutta, yogurt bianco), acqua al posto di soft drink, panini con pane integrale e proteine “magre”, confezioni più piccole, una bevanda zuccherata “speciale” alla settimana (non al giorno). Così si riduce la quota di calorie liquide e di additivi, la cui combinazione è sotto crescente scrutinio scientifico.

Cinque mosse operative per “disconnettere senza scontro”

  1. Contratto di classe “60 al giorno”. Ogni istituto adotta un indicatore semplice (minuti di movimento/die) e lo aggancia a Scuola Attiva: 2 “pause attive” per mattina, 1 ricreazione in cortile, 1 rientro settimanale sportivo. Si misura a fine trimestre.
  2. Zainetto in spalla”: tragitto attivo. Comune, scuola e genitori mappano linee pedibus/bicibus e costruiscono “strade scolastiche” con chiusure nei 30’ di entrata/uscita. Gli esempi di Milano indicano tempi e costi sostenibili.
  3. Coprifuoco digitale condiviso. In famiglia si firma un Family Media Plan: niente smartphone a tavola, 0 schermi nell’ora pre‑sonno, carica dispositivi in salotto, 1 sola piattaforma alla volta. Si rivede ogni 3 mesi.
  4. Merenda “swap” a scuola. Linee guida interne che favoriscono alimenti non ultra‑processati e acqua; distributori con opzioni a zuccheri aggiunti ridotti. Comunicazione ai genitori con 3 sostituzioni pratiche, non moralistiche.
  5. Coach di quartiere”. Nei plessi senza palestra, si attivano micro‑presìdi pomeridiani con istruttori di società locali (finanziabili via “Sport di tutti – Quartieri”) e monitoraggio adesioni.

Evitare gli errori più comuni

  1. Pensare che il divieto basti. Le circolari sugli smartphone hanno senso se accompagnate da educazione digitale, alternative di movimento e un clima non punitivo. Altrimenti il rischio è lo spostamento del problema a casa, nelle ore serali.
  2. Sostituire il telefono con il tablet in classe come se fosse “neutro”. L’OCSE avverte: uso digitale moderato sì, over‑use no. Serve progettazione didattica, non solo device.
  3. Puntare solo sull’agonismo. La prevenzione ha bisogno di aderenza, non di medaglie: più offerta “a bassa soglia”, più successo.

Il filo rosso: allenare il Paese, sul serio

“Lo sport non ha come fine ultimo la vittoria, ma il benessere”, ha ricordato Marco Mezzaroma. Questo significa portare i progetti dove i ragazzi vivono davvero — scuola, cortile, quartiere — e unire nutrizione, sonno, movimento e uso consapevole degli schermi. Il corridoio tra la “sedentarietà digitale” e il diabete di domani si interrompe non con la colpa, ma con routine che funzionano: micro‑pause, tragitti attivi, media plan realistici, sport vicino a casa. Un Paese “allenato” è un Paese che disconnette senza scontro, e riconnette i ragazzi con il proprio corpo. È già tutto scritto nei dati. Ora tocca farlo, tutti i giorni.

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