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06 Dicembre 2025
Una voce metallica, un accento romano, poche parole scandite con crudeltà: “Se non te ne vai ti ammazzo”. È la sera del 17 luglio 2025, quando — come risulta agli atti — al telefono del presidente della S.S. Lazio, Claudio Lotito, arriva una minaccia di morte. Non è un episodio isolato: secondo la ricostruzione degli inquirenti, quella telefonata sarebbe solo l’acuto di una campagna coordinata di pressioni, intimidazioni e disinformazione volta a piegare il patron biancoceleste su un punto: “liberare” il club. Il risultato, oggi, è un fascicolo della Procura di Roma, cinque indagati e un’inchiesta che spalanca la porta su un territorio scivoloso, dove il diritto di critica sconfina — se provato — nella tentata estorsione e nella manipolazione del mercato.
Il 11 giugno 2025 la scritta “Lotito libera la Lazio” compare su un palazzo a due passi da Montecitorio, ben visibile da piazza del Parlamento. È la prima di una serie di azioni dimostrative che, nelle settimane successive, punteggeranno luoghi simbolici della capitale. Le fonti vicine a Lotito bollano subito lo striscione come un gesto “strumentale”.
Poi, a fine luglio, il messaggio si alza di quota: un aereo sorvola a ripetizione il centro sportivo di Formello trascinando il solito slogan. La scena fa il giro dei social e degli smartphone dei calciatori in ritiro.
Secondo quanto emerge, l’escalation non si limita alla protesta visibile: alle manifestazioni pubbliche si sommano post denigratori, e‑mail offensive, telefonate e adesivi con contenuti insultanti. Nel mosaico investigativo compaiono anche le presunte pseudonotizie pubblicate su Millenovecento, che avrebbero alimentato l’idea di un passaggio di mano imminente della società, alimentando il nervosismo tra i tifosi e — questa è la pista — incidendo sull’andamento del titolo.
Ribadiamolo: siamo nella fase delle indagini preliminari. Ogni valutazione definitiva spetta ai giudici e gli indagati hanno diritto di difendersi e di vedere vagliate le prove a loro carico.
La S.S. Lazio è una società quotata su Borsa Italiana (ISIN IT0003621783, ticker SSL/LAZI). La capitalizzazione oscilla attorno ai 70‑75 milioni di euro e il titolo ha mostrato negli ultimi mesi una volatilità compatibile con un titolo small cap. In questo contesto, l’immissione di informazioni false o fuorvianti può favorire movimenti di prezzo non giustificati dai fondamentali, danneggiando investitori e integrità del mercato.
La legge non lascia scappatoie: l’articolo 185 del Testo Unico della Finanza punisce chi “diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”, con pene che arrivano — nelle formulazioni più aggiornate e nella prassi interpretativa — fino a anni di reclusione e multe milionarie. È il reato comunemente noto come manipolazione del mercato o aggiotaggio informativo. La competenza di vigilanza è della Consob.
È importante ricordare anche il quadro comunicativo: il 13 ottobre 2025 la S.S. Lazio e il suo azionista di maggioranza hanno diffuso un comunicato congiunto per smentire “trattative con fondi stranieri” (citati in rete anche fondi qatarioti) definendo quelle voci “totalmente false” e annunciando segnalazioni a Consob e Borsa Italiana. Un documento che si intreccia perfettamente con la pista investigativa odierna.
Sul fronte penale “non finanziario”, il quadro accusatorio richiama l’articolo 629 del Codice penale: è estorsione chi, con violenza o minaccia, costringe qualcuno a fare o omettere qualcosa procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. La tentata estorsione scatta se gli atti sono idonei e non equivoci a raggiungere quel fine, anche se il risultato non si consuma. Le pene sono severe, con cornici che — a seconda dei casi — vanno da cinque a dieci anni di reclusione (e oltre in presenza di aggravanti) e multe.
Applicata al caso Lazio, è la contestazione che copre, secondo gli inquirenti, la pressione sistematica esercitata per ottenere un atto patrimoniale — la cessione del club o l’aumento di capitale — presentato come l’unico modo per “pacificare” l’ambiente, con il correlato vantaggio per terzi in caso di cessione.
“Mi sono rivolto alle istituzioni perché, per diverse volte, e ancora adesso, vengo minacciato di morte. È stata poi l’autorità giudiziaria a muoversi di conseguenza.” Così Claudio Lotito, a inchiesta esplosa, ha riassunto la genesi delle denunce da cui è partita l’azione della Procura. In parallelo, il presidente ha ribadito in più occasioni che la Lazio non è in vendita.
Negli atti si fa riferimento a una testata online, “Millenovecento”, indicata come uno dei canali su cui sarebbero state rilanciate notizie infondate circa la cessione imminente o presunte scelte tecniche “paradossali” (come la retrocessione deliberata per intercettare il paracadute da 35 milioni). Il punto centrale non è la linea editoriale — legittima — di una testata, ma la veridicità e la finalità delle informazioni diffuse: se provato che fossero false e funzionali a muovere il prezzo del titolo o a comprimere la libertà decisionale dell’azionista, allora il fatto esce dal perimetro della critica per entrare in quello penale.
Il caso Lazio interroga un ecosistema in cui si intrecciano tifo, comunicazione digitale e finanza. La potenza amplificatrice dei social consente a qualunque messaggio di raggiungere migliaia di persone in poche ore; quando quel messaggio riguarda una società quotata, l’effetto può riverberarsi sul prezzo delle azioni, innescando trading emotivo, panico o aspettative irrealistiche. Questo è il cuore della manipolazione informativa: non servono algoritmi sofisticati o triangolazioni offshore, basta una notizia falsa costruita ad arte e la massa critica per farla circolare.
Non si tratta di sterilizzare la critica o di spegnere la protesta — pilastri di ogni comunità sportiva — ma di riconoscere un limite: quando la contestazione diventa minaccia, o quando la comunicazione si piega a una finalità patrimoniale illecita, lo Stato interviene. È un tema che tocca anche la libertà di stampa: gli episodi di minacce ai cronisti sono in aumento e ogni indagine che coinvolge giornalisti va maneggiata con attenzione, distinguendo il racconto scomodo dalla fabbricazione di notizie. I dati recenti mostrano in Italia un +78% di giornalisti minacciati rispetto al 2024: un contesto che impone rigore, ma anche garanzie.
La suggestione del “paracadute” — il contributo economico riconosciuto ai club retrocessi dalla Serie A — è un cavallo di Troia comunicativo: evoca somme rilevanti (nell’ordine di decine di milioni) e, messa così, può suonare plausibile persino a chi conosce poco la contabilità del calcio. Gli inquirenti contestano proprio l’uso di tale narrazione, attribuita a Lotito come mossa deliberata, per dipingere il presidente come un calcolatore pronto a sacrificare la categoria in nome di un beneficio immediato. Se provata, una simile falsificazione s’inquadra perfettamente nella manipolazione informativa: sposta l’opinione pubblica, deprime il sentiment degli investitori e può trascinare il prezzo delle azioni.
In un mercato dove la S.S. Lazio scambia a poco più di 1 euro per azione, bastano rumor insistiti per generare volatilità extra. Negli ultimi mesi il titolo ha oscillato in un range 52‑week tra circa 0,75 e 1,17 euro, con una capitalizzazione di circa 73 milioni: numeri che spiegano la sensibilità del prezzo a ogni shock informativo.
Questa non è la solita faida tra presidente e frange della tifoseria. È, se le accuse reggeranno, un caso‑scuola su come la narrazione attorno a un club quotato possa diventare leva di pressione patrimoniale, oltre che proiettile reputazionale. Il calcio italiano farebbe bene a guardarlo con attenzione: l’equilibrio tra passione, diritto di critica e trasparenza dei mercati è diventato, ormai, parte integrante del gioco.
Per ora restano sul tavolo cinque indagati, un presidente che dice di essere stato “minacciato di morte”, una Procura che prova a ricostruire la regia di un’operazione a più livelli, e una società che, già a ottobre, aveva avvertito: quelle voci sono false e le abbiamo denunciate. Il resto, come sempre, lo diranno le prove.
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