Talenti d’europa
07 Dicembre 2025
A 17 anni, molti coetanei stanno ancora decidendo che scuola fare, che felpa mettere il sabato sera, se provare a convincere i genitori a lasciarli andare a un concerto.
Lennart Karl, a 17 anni, ha già segnato in Champions League con la maglia del Bayern, è diventato il più giovane marcatore europeo della storia del club e gioca in Bundesliga come se quel numero 42 sulle spalle fosse la cosa più naturale del mondo.
Non è un gigante – 1,68 di altezza, baricentro basso, faccia ancora da ragazzino – ma quando accelera palla al piede lo stadio sembra stringersi attorno a lui. È il paradosso dei grandi talenti: sono minuscoli sulla carta d’identità, enormi quando la telecamera zooma sul campo.
Lennart Karl nasce il 22 febbraio 2008 a Frammersbach, piccolo paese della Baviera settentrionale. I primi passi li muove nella Viktoria Aschaffenburg, poi nel 2017 arriva la chiamata dell’Eintracht Francoforte: è lì che, da bambino, finisce sui social con un gol al volo pazzesco in una partita dell’Under 11, una di quelle reti che colpisci una volta nella vita… sempre che tu abbia il piede per farlo.
Nel 2022 torna per pochi mesi alla Viktoria Aschaffenburg, ma ormai il suo nome gira tra gli scout. Il Bayern Monaco lo porta al Campus in estate, a 14 anni. Non è una fiaba lineare: nei primi tempi soffre di nostalgia di casa, alterna alti e bassi, c’è una stagione Under 16 sotto le aspettative. Ma è proprio lì che scatta qualcosa: lavoro extra con un coach individuale, ore aggiuntive in campo, la decisione di “fare sul serio”.
La risposta arriva nel 2024-25: tra U17 e U19 mette insieme una stagione irreale, 42 partecipazioni a gol (32 reti e 10 assist in 26 partite).
Vuol dire una cosa semplice: ogni volta che scende in campo, in media, succede qualcosa.
Real Madrid, Ajax e altri club iniziano a informarsi, ma il Bayern stringe i tempi: contratto da professionista, percorso chiaro verso la prima squadra.
Il grande salto arriva nel 2025. Prima la convocazione per la FIFA Club World Cup: il debutto arriva nel 10-0 contro l’Auckland City, partita “facile” solo sulla carta, ma che per lui è il primo contatto con il calcio dei grandi.
La vera esplosione però è nella stagione 2025-26:
22 ottobre 2025 – contro il Club Brugge, alla prima da titolare in Champions League, segna al 5’: mancino secco, storia scritta. A 17 anni e 242 giorni diventa il più giovane marcatore del Bayern in Champions e il più giovane tedesco a segno nella competizione.
25 ottobre 2025 – tre giorni dopo, primo gol in Bundesliga contro il Borussia Mönchengladbach. Il Bayern vince 3-0, lui entra definitivamente nel radar di tutta Europa.
In campionato, nel 2025-26, gioca in buona parte delle partite del Bayern: una decina di presenze nelle prime giornate, spesso da subentrato ma con minutaggio crescente, due gol e qualche assist sparso che non finisce sempre nei tabellini ma pesa nelle azioni.
È il tipo di impatto che accende i titoli: “nuovo fenomeno”, “stella del futuro”, “erede di…”. Il Bayern vince la Bundesliga, lui si ritrova già con un titolo nazionale in bacheca e una Supercoppa dedicata a Beckenbauer nella lista dei trofei.
Definirlo è complicato, ed è forse questo il bello. Lennart Karl è ufficialmente un trequartista/ala destra: parte spesso largo, ma ama accentrarsi per cercare il mancino a giro o l’imbucata. È rapido sui primi passi, ama l’uno contro uno, sfrutta il baricentro basso per sgusciare tra le gambe dei difensori.
Chi lo osserva da vicino sottolinea tre elementi:
Mancino educatissimo – calcia forte e preciso, spesso dalla media distanza. Alcuni gol ricordano il classico movimento “alla Robben”: da sinistra verso il centro, tiro sul secondo palo.
Testa libera – Max Eberl, direttore sportivo del Bayern, ha spiegato che il suo punto di forza è che “non pensa troppo, si diverte a giocare” e questo lo rende istintivo, difficile da leggere.
Giocatore “lampo” – entra e cambia ritmo: strappi, dribbling, linee di passaggio nuove. È quel tipo di profilo che, a partita bloccata, ti offre una soluzione che prima non c’era.
Le comparazioni si sprecano: c’è chi ci vede un po’ di Thomas Müller (intelligenza tra le linee), chi cita Özil e Schweinsteiger per visione e pulizia tecnica.
Lui, però, indica altre due figure:
Martin Ødegaard, il vero idolo dichiarato: mancino, rifinitore, playmaker offensivo. Lo ammira per lo stile di gioco e per la capacità di aspettare il momento giusto nella carriera, passando anche da prestiti non semplici.
Lionel Messi, come per tantissimi della sua generazione: il riferimento emotivo, il modello assoluto di ciò che può fare un mancino creativo quando incontra il talento puro.
Quando un 17enne segna in Champions per il Bayern, il rischio è bruciarlo in un attimo, schiacciato da aspettative irreali. A Monaco sembrano aver imparato dalla storia recente.
L’allenatore Vincent Kompany, dopo il gol al Brugge, ha invitato tutti alla calma: sì, Karl è un “goal threat” costante, sì, ha meritato la chance, ma non bisogna pretendere che diventi subito un giocatore chiave.
Dietro le quinte c’è poi una figura che, in Italia, conosciamo benissimo: Michael Ballack, ex capitano della Germania, oggi suo agente e mentore. È lui a seguirlo da vicino, a parlargli di cosa significhi essere un professionista vero, a pungolarlo soprattutto sulla fase difensiva e sull’equilibrio in campo.
Dal Campus, il responsabile Markus Weinzierl ha più volte ribadito un concetto: proteggerlo dalla spettacolarizzazione precoce, lasciargli vivere da adolescente il meno possibile sotto i riflettori, farlo crescere dentro una routine di lavoro e non di hype social.
Anche la gestione contrattuale racconta una strategia: a 17 anni può firmare solo per tre anni, ma il Bayern sta già lavorando a un nuovo accordo più lungo per blindarlo quando compirà 18 anni. Un modo per dirgli: sei al centro del progetto, ma anche per gareggiare con gli interessi di club come Real Madrid e Ajax che da tempo lo monitorano.
Tutti gli ingredienti del “futuro campione” ci sono:
Talento tecnico fuori scala per la sua età.
Numeri già importanti: record in Champions, gol in Bundesliga, impatto costante quando gioca.
Testa da professionista nonostante i 17 anni, con la capacità di reggere i social, la scuola e il campo.
Ambiente ideale: un club che ha già dimostrato di saper lanciare e proteggere ragazzi come Musiala.
Cosa può frenarlo?
Gli infortuni, che sono il nemico invisibile di ogni talento precoce.
L’eccesso di aspettative: è già stato chiamato in Nazionale Under 21, un salto notevole che racconta quanto la Germania creda in lui, ma è anche uno step delicato.
La gestione del ruolo: in un calcio che chiede sempre più intensità e lavoro senza palla, un trequartista creativo deve trovare il modo di restare decisivo anche quando non può avere sempre il pallone tra i piedi.
Se tutto va come deve, Lennart Karl è il tipo di giocatore che tra qualche anno potremmo ritrovarci stabilmente nelle liste per il “Golden Boy”, magari come protagonista di un Mondiale o di un Europeo. Già oggi, qualcuno lo cita come possibile sorpresa in ottica Mondiale 2026, se riuscirà a mantenere questo ritmo di crescita.
Per il calcio italiano, Lennart Karl è più di un nome da Fantacalcio europeo. È un promemoria: mentre in Germania un 17enne riceve fiducia, minuti e responsabilità in Champions, da noi l’idea di lanciare un minorenne in una notte europea resta un’eccezione quasi folkloristica.
Il suo caso non dimostra che i talenti tedeschi siano “migliori” dei nostri, ma che il contesto che li circonda è disposto a correre rischi calcolati, ad accettare l’errore di un ragazzo per farlo diventare uomo.
Lennart Karl non è (ancora) un fuoriclasse, ma è già un simbolo: quello di un calcio che, invece di chiedere sempre la sicurezza del veterano, ogni tanto si ricorda che il futuro passa inevitabilmente per il coraggio di dare le chiavi a un diciassettenne con il 42 sulle spalle e il mancino pronto a cambiare una partita.
E se tra dieci anni sarà davvero uno dei migliori al mondo, potremo dire senza troppa retorica che lo si era capito già adesso: quando la sua ombra era ancora piccola, ma il campo, intorno a lui, iniziava già a sembrare troppo stretto.