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08 Dicembre 2025
La partita è già caldissima. A Siviglia, nell’aria tiepida della sera, il tabellone dell’Estadio de la Cartuja segna Betis–Barcellona 3-5. Al 59’, il rigore trasformato da Lamine Yamal sembra mettere il sigillo al match.
In un settore popolato soprattutto da tifosi verdiblancos, un uomo si alza, si gira verso la curva e accompagna l’urlo con gesti plateali. Non è un sostenitore qualunque: è Mounir Nasraoui, il padre del talento blaugrana.
In pochi secondi, la gioia personale diventa miccia. Fischi, proteste, concitazione. Finché gli steward non si fanno strada tra i gradoni per scongiurare il peggio: allontanano l’uomo e lo accompagnano, insieme ai familiari, in un settore diverso. La partita riprende il suo flusso. Ma la scena resta.
Secondo la ricostruzione di più media spagnoli, il caso esplode nel corso della ripresa di Real Betis–Barcellona del 6 dicembre 2025, chiusa 5-3 per i catalani grazie alla tripletta di Ferran Torres, al gol del debuttante di lusso Roony Bardghji e al rigore di Lamine Yamal.
Dopo il penalty del 3-5, il padre del giovane fuoriclasse esulta in modo giudicato «provocatorio», con gesti volgari verso i sostenitori di casa seduti a pochi metri. Il settore si accende: urla, dita puntate, steward che scattano in piedi.
La security interviene seguendo il manuale della de-escalation: invita Nasraoui a calmarsi, poi decide per il trasferimento in un’altra zona dell’impianto, insieme al resto del gruppo. La misura, inizialmente contestata, viene mantenuta fino al fischio finale per motivi di ordine pubblico.
In diretta, la radio «Carrusel Deportivo» di Cadena SER parla di una situazione «tesa ma rientrata» proprio grazie all’intervento rapido degli steward.
Anche il campo fa la sua parte nel caricare l’atmosfera. Il Barcellona di Hansi Flick espugna Siviglia al termine di una gara spettacolare: Betis avanti al 6’ con Antony, poi rimonta furiosa blaugrana con Ferran Torres (11’, 13’ e 40’) e Bardghji al 31’ per l’1-4 già scritto all’intervallo.
Nella ripresa arriva il rigore del 3-5: fallo di mano di Marc Bartra, on field review al VAR, penalty assegnato e trasformato da Lamine Yamal. Una decisione che fa infuriare il pubblico di casa e porta Manuel Pellegrini a lamentarsi, nel dopo partita, per la severità del fischio. Flick, da parte sua, sceglie la linea opposta: «Mi tengo il positivo», sottolineando la prova offensiva della squadra.
Finale ancora agitato, con i gol di Diego Llorente all’85’ e di Cucho Hernández su rigore al 90’. Dentro questo mix – rimonte, VAR, risultato pesante – qualsiasi gesto «di troppo» dagli spalti diventa benzina sul fuoco. E l’esultanza rivolta ai tifosi del Betis, in quel preciso momento, è tutto fuorché neutra.
Negli stadi spagnoli, come in buona parte d’Europa, la parola chiave per gli steward è «raffreddare». Se un comportamento crea una bolla di rischio, la prima scelta – quando possibile – non è cacciare fuori dallo stadio, ma spostare in un settore meno caldo o più controllato.
È quello che succede con Mounir Nasraoui: gli addetti lo allontanano dal cuore del settore verdiblanco e lo accompagnano in una zona diversa, separando fisicamente le parti e abbassando la pressione. Semplice, pragmatico, efficace: la gara prosegue senza altri incidenti.
Da mesi il nome di Mounir Nasraoui circola ben oltre la cerchia degli addetti ai lavori. Secondo quanto riportato dalla stampa spagnola, il 22 ottobre 2025 è rimasto ferito in un accoltellamento in un parcheggio del quartiere Rocafonda, a Mataró (provincia di Barcellona). Le ferite, per fortuna, non erano letali; la polizia ha comunicato tre arresti e indagini in corso, con l’ipotesi di un diverbio precedente.
Sul fronte mediatico, Nasraoui ha alimentato la propria esposizione con dirette social e contenuti diventati virali: fra questi, il video in cui interagisce con un manichino raffigurante il figlio, a metà tra scherzo e autoironia, che ha diviso l’opinione dei tifosi tra curiosità e imbarazzo.
Risultato: ogni sua presenza in tribuna è ormai un moltiplicatore di reazioni. Quando un genitore così visibile si trova nel mezzo di un settore ostile, basta poco per trasformare un’esultanza in caso.
Mentre sugli spalti si accende la miccia, in campo Lamine Yamal continua a fare quello che lo ha portato a essere uno dei talenti più osservati d’Europa: giocare.
A 18 anni, si prende la responsabilità di calciare un rigore pesante in trasferta, interpreta una posizione ibrida da «10» tra le linee, lega il gioco tra centrocampo e attacco. Le cronache internazionali sottolineano come il Barça, con questo successo, consolidi la leadership in Liga portandosi a 40 punti dopo 16 giornate, con quattro lunghezze sul Real Madrid in attesa dell’impegno dei blancos.
In questo scenario, ogni gesto di chi gli sta attorno rimbalza su di lui. La pressione, per un ragazzo così giovane, non arriva solo dai difensori che lo marcano, ma anche dalle scelte – più o meno controllate – degli adulti che lo accompagnano.
Il calcio contemporaneo ha spostato i familiari dei giocatori dal dietro le quinte al feed di Instagram. Padri, madri, partner: dirette, stories, commenti, video da bordo campo. È diventata quasi una seconda partita, giocata a colpi di like.
Lo stadio, però, resta un luogo con regole non scritte molto chiare. Una su tutte: puoi esultare, puoi soffrire, puoi tifare forte. Quello che non puoi fare – soprattutto se sei in mezzo ai tifosi avversari – è trasformare quell’emozione in una sfida frontale, puntata addosso alla gente. È la linea sottile che separa il tifo dall’intemperanza.
Nel caso di Nasraoui, la security ha scelto la via più semplice e più giusta: togliere dal fuoco il fattore che lo stava alimentando. Nessuna scena da film, nessun placcaggio, nessuna rissa. Un trasferimento silenzioso di settore e la partita che torna al suo copione.
La provocazione non è “colore”. Esultare è sacrosanto, farlo «contro» qualcuno – a pochi centimetri dal suo volto – è un acceleratore di guai.
Chi porta un cognome pesante ha una responsabilità in più. Ogni gesto viene ripreso, rilanciato, ingigantito. Nel bene e nel male.
La sicurezza allo stadio funziona quando interviene presto e con calma. Nessuna scena da hooligan movie, solo procedure chiare.
La pressione sugli under 20 non arriva solo dal campo. Comportamenti esuberanti di chi li circonda si riflettono sulla loro immagine e sul loro equilibrio.
Club e organizzatori devono pensarci prima. Posizionare i familiari in settori neutri o protetti non è un privilegio: è prevenzione.
Il calcio vive di passioni, di esultanze sopra le righe, di storie che si raccontano al bar anche anni dopo. Ma ogni volta che una celebrazione diventa sfida frontale al pubblico avversario, il gioco scivola su un terreno diverso.
A Siviglia, la prontezza degli steward ha evitato che una serata di gol e spettacolo si trasformasse in un brutto ricordo. Resta una verità antica, più attuale che mai: chi siede in tribuna, soprattutto se porta sulle spalle il cognome di chi è in campo, non è mai solo un tifoso come gli altri. È una parte della storia. E da come sceglie di raccontarla – con le mani, con le parole, con i gesti – dipende anche il finale della partita fuori dal campo.