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A 18 anni esordisce nel Chelsea di Gianluca Vialli, da Stamford Bridge a Bergamo il percorso di uno dei manager più preparati del calcio italiano

Luca Percassi, dalla panchina di Highbury alla cabina di regia di Zingonia: il filo inglese che ha affinato metodo, ambizione e scelte del dirigente atalantino

A 18 anni esordisce nel Chelsea di Gianluca Vialli, da Stamford Bridge a Bergamo il percorso di uno dei manager più preparati del calcio italiano

Un cambio al minuto 89 in una fredda sera di Stamford Bridge può sembrare poca cosa. Eppure quel lampo — il debutto in FA Cup del giovane Luca Percassi nel 1999-2000, dentro al posto di Dan Petrescu in un Chelsea–Nottingham Forest 2-0 — è il fotogramma da cui parte una storia manageriale. Prima ancora c’era stato Highbury, 11 novembre 1998, League Cup: Arsenal-Chelsea 0-5, 13 minuti finali per il diciottenne difensore lombardo al posto di Bjarne Goldbaek. Due comparsate? Sulla carta sì. Nella sostanza, due immersioni in un laboratorio di professionalità, multiculturalità e ossessione per il dettaglio che hanno lasciato tracce profonde nel dirigente che oggi guida l’Atalanta. Non è nostalgia, ma ingegneria del mestiere: ciò che Percassi ha visto, sentito e toccato nella Londra di Gianluca Vialli è diventato, anni dopo, metodo e visione nella Bergamo che ha messo in bacheca l’Europa League.

L’apprendistato londinese: spogliatoi di campioni e cultura della competizione

Nell’estate del 1998, il ragazzo delle giovanili dell’Atalanta vola a Londra dentro la trattativa che porta Samuele Dalla Bona ai Blues. A Cobham e negli stadi della vecchia Premier, Percassi incrocia campioni e personalità — Gianfranco Zola, Roberto Di Matteo, Pierluigi Casiraghi, un John Terry agli esordi — sotto la regia di Gianluca Vialli, player-manager dalla leadership magnetica. In quei due anni, mentre al Chelsea si alzano la Supercoppa UEFA del 1998 e la FA Cup del 2000, il difensore italiano gioca poco, ma osserva tutto: la gerarchia delle responsabilità, la disciplina quotidiana, l’idea che ogni reparto sia una catena di montaggio competitiva dove ognuno ripete procedure finché diventano istinto. Non è retorica: è il lessico dell’alta prestazione, quello che fa la differenza quando un club diventa sistema.

Quel contesto ha anche una grammatica internazionale: una squadra dal forte accento italiano si miscela con la spina dorsale inglese e con profili stranieri abituati a vincere. Per un diciottenne che esce dal vivaio, è un’università accelerata: lingua, mentalità, ritmi. Sarà questa la matrice che ritroveremo, a distanza di anni, nella costruzione di un’Atalanta capace di integrare talenti di provenienze diverse, valorizzarli e rivenderli, senza perdere identità.

Il debito con Vialli: la meritocrazia come bussola

Più volte Percassi ha riconosciuto un “grazie immenso” a Vialli: non un semplice tecnico, ma un mentore. Dalla sua gestione, il giovane difensore apprende un principio basilare: decidere “con” la squadra, non “per” la squadra. La meritocrazia come forma quotidiana di giustizia interna — allenarsi forte, comunicare chiaro, premiare chi migliora — e la cura dei dettagli invisibili: le sedute con standard replicabili, l’attenzione alla nutrizione dell’epoca, la didattica tattica per comparti. Sono concetti chiave che torneranno con forza a Zingonia quando Percassi siederà dall’altra parte del tavolo.

Dalle scarpette alla giacca: il rientro in Italia e l’ingresso nell’impresa di famiglia

La parentesi da calciatore si chiude presto: dopo le esperienze con Monza, Alzano e Spezia, Luca Percassi saluta il professionismo intorno ai 24 anni e imbocca la strada dell’imprenditoria, seguendo l’orma paterna di Antonio Percassi. Il vero cambio di passo è nel 2010: la famiglia torna al timone dell’Atalanta, e Luca assume il ruolo di amministratore delegato. È qui che l’eredità inglese diventa piattaforma operativa: processi, standard, controllo delle interfacce fra area sportiva e area aziendale, un’idea di club come organizzazione ad apprendimento continuo.

Governance e orizzonte internazionale: la partnership con gli investitori USA

Nel febbraio 2022, l’Atalanta accelera la propria internazionalizzazione con l’ingresso del gruppo di investitori guidato da Stephen Pagliuca (co-owner dei Boston Celtics), che acquisisce il 55% della holding familiare che controlla il club. La famiglia Percassi mantiene il 45% e resta primo azionista singolo; Antonio continua da presidente, Luca da CEO. L’architettura è quella di una partnership paritetica: governance condivisa, apertura a reti di relazioni e know-how oltre l’Europa, spinta su commerciale, tecnologia e talent network. È lo stesso ponte culturale attraversato anni prima da Percassi ragazzo: linguaggi, metodi e standard compatibili con il mondo anglosassone, ora al servizio di un club italiano. Non è un caso che Luca venga eletto vicepresidente della Lega Serie A nel 2022 (e poi confermato nel 2025): credibilità negoziale, postura istituzionale, capacità di mediazione sono skill che maturano anche nelle aule di Stamford Bridge.

Infrastrutture come vantaggio competitivo: il cantiere del Gewiss Stadium

L’altra eredità inglese è la percezione dello stadio come asset strategico. Il Gewiss Stadium diventa cantiere permanente: dalla Curva Nord (2019) alla Tribuna Rinascimento (2020), fino alla Curva Sud “Morosini” con i lavori avviati nel giugno 2023 e il target di una capienza intorno ai 25.000 posti. Visione, pianificazione e dialogo con la città: la prospettiva non si esaurisce nell’estetica, ma riguarda ricavi ricorrenti, matchday experience e consolidamento del brand. È una politica industriale che in Premier è norma e in Serie A spesso eccezione, e che a Bergamo diventa un pezzo della competitività di lungo periodo.

Modello tecnico e capitale umano: la qualità prima del nome

  1. Reclutamento con logica: l’Atalanta compra qualità più che curriculum, profili “allenabili” e adatti a un metodo. La scelta di puntare su giocatori come Ademola Lookman — talento rilanciato e poi decisivo con una tripletta in finale europea — racconta benissimo l’idea di valore aggiunto creato dal contesto.
  2. Intelligenza nelle relazioni: la credibilità di Percassi sull’asse Chelsea–Atalanta facilita operazioni virtuosissime. Mario Pašalić arriva in prestito, cresce e viene riscattato nel 2020; Davide Zappacosta rientra nel 2021 con un impatto tecnico e culturale (fino a servire l’assist dell’1-0 nella finale di Dublino). Qui c’è il riflesso della fiducia costruita in anni di rapporti: una moneta che nel calcio conta quanto l’euro.
  3. Continuità di gioco: la filiera tra prima squadra e settore giovanile non è slogan, ma processo. Il lavoro a Zingonia, valorizzato anche da un elogio diretto di Vialli in una visita di qualche anno fa, si traduce in passaggi di consegne tecnici e culturali. Il modo di allenarsi, le richieste fisiche, la responsabilità con la palla: tutto è standardizzato. È una copia carbone di ciò che il giovane Percassi aveva respirato in Inghilterra: metodo replicabile più che “genio e sregolatezza”.

La notte di Dublino e ciò che c’è dietro una coppa

Il 22 maggio 2024, all’Aviva Stadium di Dublino, l’Atalanta travolge il Bayer Leverkusen con un 3-0 che entra nella storia del club: tripletta di Lookman, secondo trofeo maggiore in 117 anni nerazzurri, fine dell’imbattibilità tedesca a 51 partite. È il punto più alto di un percorso in cui la società — e quindi la cabina di regia di Luca Percassi — ha tenuto insieme tre variabili rare: continuità tecnica, sostenibilità economica, crescita infrastrutturale. Non c’è gloria senza procedura: dietro una notte perfetta ci sono anni di processi codificati, investimenti pesati, scelte coerenti.

Quando contano i millimetri: comunicazione, tempi, decisioni

Il mestiere di un CEO calcistico è anche gestione del tempo: quello delle crisi (sportive o mediatiche), quello delle transizioni tecniche, quello delle trattative. Nell’autunno 2025, dopo l’addio di Gian Piero Gasperini e la parentesi Ivan Jurić, la scelta di virare su Raffaele Palladino è un atto che chiede coraggio ma anche coerenza di progetto. Nella narrazione di Percassi, la parola ricorrente è atteggiamento: una categoria che somma intensità, responsabilità e postura competitiva. È lo stesso vocabolario imparato in Premier, dove i club sono aziende che comunicano poco e decidono molto, e dove la trasparenza sta nella prestazione, non nelle dichiarazioni.

Quello che l’Inghilterra ha insegnato (e Bergamo ha applicato)

  1. Standard quotidiani più che slogan: il metodo di lavoro conta più del nome sulla porta.
  2. Meritocrazia esplicita: chi migliora gioca, chi performa resta.
  3. Globalizzazione senza perdere l’accento: aprirsi a capitali, mercati e professionisti internazionali, proteggendo l’identità tecnica e territoriale.
  4. Infrastruttura come strumento, non come fine: lo stadio non è un monumento, ma una macchina di ricavi e servizi che alimenta la competitività sportiva.
  5. Relazioni come asset: saper parlare con club e leghe in “lingua internazionale” accorcia i tempi, aumenta le opzioni.

Il minuto che resta

Tutto torna a quel minuto sotto la Matthew Harding Stand. Mentre la lavagnetta segnava 89’, Percassi non poteva immaginare che, oltre a infilare gli scarpini sull’erba blu, stava mettendo in tasca un taccuino di procedure e abitudini. Una volta chiuse le valigie, tornato a Bergamo, quel taccuino è diventato l’agenda con cui ha fatto crescere l’Atalanta: prima stabilizzando il club in Serie A, poi costruendo una reputazione europea, quindi cucendo alle pareti del Gewiss Stadium la stoffa di un’organizzazione matura.

Non c’è romanzo qui: c’è la traiettoria di un professionista che ha imparato nel luogo in cui il calcio da organizzazione si studia da decenni. Da Stamford Bridge a Bergamo, la rotta di Luca Percassi è il promemoria che il talento si accende in campo, ma la competitività si coltiva ogni giorno, nello spazio austero degli uffici, nella grammatica dei numeri e nella cultura del lavoro.

Cronologia essenziale, per non perdere l’orientamento

  1. Estate 1998: approdo al Chelsea nell’operazione che porta Samuele Dalla Bona a Londra.
  2. 11 novembre 1998: debutto a Highbury (Arsenal-Chelsea 0-5, League Cup).
  3. 19 gennaio 2000: un minuto in FA Cup a Stamford Bridge (Chelsea–Nottingham Forest 2-0).
  4. 2010: rientro della famiglia Percassi alla guida dell’Atalanta; Luca è CEO.
  5. 19 febbraio 2022: ingresso degli investitori guidati da Stephen Pagliuca con il 55% della holding; governance paritetica.
  6. 5 febbraio 2022: Luca Percassi eletto vicepresidente della Lega Serie A (poi confermato nel gennaio 2025).
  7. 22 maggio 2024: Europa League all’Aviva Stadium: Atalanta–Leverkusen 3-0.
  8. Giugno 2023–settembre 2024: fase conclusiva del restyling del Gewiss Stadium verso i 25.000 posti.

Il resto è presente: una Dea che continua a crescere, con addosso l’abitudine a competere che Percassi ha assorbito quando, ragazzo, si allenava accanto a Terry e ascoltava i consigli di Vialli. Allora entrava per un minuto. Oggi, in Atalanta, quel minuto non è ancora finito.

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