LIVORNO (E DINTORNI), DOVE LA CORSA È UNA RELIGIONE
C’era un muro di cemento a bordo campo. Non è una metafora letteraria, era proprio un muro.
Siamo a Siracusa, inizio anni ’90. Il tecnico è Adriano Cadregari, un visionario di provincia. Chiama a sé un giovane terzino livornese, timido tecnicamente ma con due polmoni che sembrano mantici industriali. Indica il cemento: «Vedi quel muro? Buttalo giù e ti faccio giocare».
David Balleri guarda il muro. Guarda il mister. E capisce. Non doveva abbatterlo a testate. Doveva correre così tanto, con così tanta rabbia e intensità, da far sembrare quel limite fisico un dettaglio irrilevante. David inizia a correre quel giorno e, di fatto, si ferma solo vent’anni dopo.
Nasce così il "Pendolino".
PRIMA DEL BRASILIANO, C’ERA IL LIVORNESE
Oggi, se dici "Pendolino" a un ragazzo della scuola calcio, probabilmente ti risponde: «Cafu!». Il sorriso, la gomma da masticare, la maglia del Milan o della Roma, la tecnica brasiliana. Giusto, sacrosanto. Marcos Cafu è stato un gigante.
Ma negli spogliatoi italiani, quelli che profumano di canfora e olio riscaldante, il copyright di quel soprannome appartiene (anche) a David Balleri. Un Pendolino diverso. Meno samba, più metalmeccanica. Meno doppi passi, più diagonali profonde. Balleri è stato l’avanguardia del terzino moderno in un’epoca in cui il ruolo stava cambiando. Non bastava più marcare l’ala: bisognava essere un’ala aggiunta. E lui lo faceva con una costanza quasi ipnotica.
L’ARTE DELLA GAVETTA: DALLA C2 ALLA COPPA UEFA
La sua non è la storia del predestinato che esce dalla Primavera di un top club. CuoioPelli, Cerretese, Siracusa, Cosenza.
David scala le categorie una a una, mangiando polvere e imparando che la serie A non è un diritto, ma una conquista settimanale. Quando nel 1993 il Parma lo acquista per 4 miliardi di lire, sembra un azzardo. Invece è l’affare della vita. Balleri si ritrova all'Olimpico per l'esordio in A e pochi mesi dopo alza al cielo la Supercoppa UEFA contro il Milan. Da quel muro di Siracusa alla coppa europea. In mezzo, nessuna magia. Solo l’applicazione feroce di chi sa che, se smette di pedalare, cade.
IL METODO BALLERI: LEZIONE PER I GIOVANI
Perché raccontare Balleri oggi? Perché il suo stile di gioco è un manuale per i terzini che alleniamo nei nostri settori giovanili. Balleri non cercava la giocata a effetto per i fotografi. Lui cercava l'efficacia:
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La lettura preventiva: capire prima dove finisce la palla.
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La scivolata di reparto: non un gesto disperato, ma un modo per chiudere le linee di passaggio.
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Il cross sul secondo palo: teso, forte, per premiare l'inserimento della punta (chiedere a Cristiano Lucarelli ai tempi del Livorno).
Con le maglie di Sampdoria, Lecce e infine del suo Livorno (dove diventa capitano e simbolo), mette insieme 300 presenze in Serie A. Trecento. Non ci arrivi per caso. Ci arrivi se sei affidabile come una Volvo e resistente come l'acciaio.
ALLENARE LA FASCIA
Oggi David Balleri insegna calcio. È vice allenatore e responsabile del settore giovanile del Varazze F.C.B., in Serie D. Ha smesso di correre sulla fascia, ma non ha smesso di indicare la via. Ai ragazzi non chiede di essere Cafu. Chiede di guardare il loro "muro" personale e di provare a buttarlo giù.
La sua carriera ci ricorda che i soprannomi si possono condividere con i campioni del mondo, a patto di avere il coraggio di sudarseli ogni singola domenica.
Crediti immagini
Foto: Belle riprese, «Balleri contro Hamšík in Livorno–Napoli» (10 maggio 2023), CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons.
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