In serie A ha segnato più di Totti, Baggio e Di Natale, 6 in una sola domenica e una carriera spesa a fare a sportellate. Storia del bomber che non danzava, ma timbrava
Il suo record dura dal 7 febbraio 1954 e sta ancora lì, in cima, come se il tempo non avesse avuto il coraggio di spostarlo
Silvio Piola con la maglia della Pro Vercelli (squadra in cui militò dal 1929 al 1934) e, a sinistra, in azione con la maglia della Lazio
Novara, l’ultimo inverno Novara, 7 febbraio 1954. È una domenica di provincia, grigia e umida, di quelle dove il freddo ti entra nelle ossa e il pallone di cuoio pesa come una pietra. Di fronte c’è il Milan. In mezzo all’area del Novara c’è un signore di quarant’anni che dovrebbe essere in pensione, e invece è ancora lì a spiegare ai difensori giovani come si sta al mondo. Silvio Piola tocca la palla e segna. Non è un gol qualunque. È il numero 274 in Serie A. In quel momento, nessuno può saperlo, ma quel signore sta chiudendo a chiave la porta della storia. Da quel pomeriggio, per oltre settant'anni, nessuno riuscirà a salire così in alto. Francesco Totti, mezzo secolo dopo, si fermerà a 250. Piola è ancora lassù, 24 gradini sopra, irraggiungibile come una vetta alpina.
Il centravanti come mestiere Nato nel 1913 a Robbio, Piola non era un divo. Era un operaio del gol. In un’epoca in cui il calcio era fango, botte e scarpe pesanti, lui ha trasformato il ruolo del centravanti in una scienza esatta. Non aveva la grazia effimera dei trequartisti, aveva la potenza della necessità. Giocava spesso spalle alla porta, difendeva il pallone con il fisico, faceva salire la squadra e poi, con una capriola improvvisa o un tocco sporco, la buttava dentro. Ha vestito le maglie di Pro Vercelli, Lazio, Juventus e Novara. Ha cambiato città, colori e compagni, ma non ha mai cambiato abitudine: la domenica, lui timbrava il cartellino.
Parigi val bene due gol C’è una data che separa il buon giocatore dalla leggenda nazionale: 19 giugno 1938. Parigi, finale della Coppa Rimet. L’Italia di Vittorio Pozzo gioca contro l’Ungheria in un clima surreale, tra tensioni politiche e telegrammi del regime. Quando la palla scotta e le gambe tremano, Piola si prende la scena. Segna due gol nella finale. L’Italia vince 4-2 e diventa campione del mondo per la seconda volta consecutiva. Lì Piola smette di essere solo il bomber della domenica e diventa il volto vincente di un Paese che sta per sprofondare nel buio della guerra.
La Sestina di Vercelli:28 ottobre 1933. Piola ha vent’anni e gioca nella Pro Vercelli. Arriva la Fiorentina e ne esce distrutta. Finisce 7-2. Piola segna sei volte. Sei. È un record di marcature in una singola partita che condivide con Omar Sívori (che però giocò contro una squadra di ragazzini per protesta). Piola no, Piola li fece a una difesa vera. È la dimostrazione di una voracità che non conosce sazietà.
L'acrobazia come marchio:Piola era potente, sì, ma sorprendentemente agile. È il padre nobile della rovesciata in Italia. Non la faceva per i fotografi, la faceva perché era spesso l'unico modo per raggiungere palloni impossibili. La sua schiena era sempre sporca di terra, perché per segnare bisogna anche saper cadere.
L'addio silenzioso:Quel gol al Milan nel 1954 è l'ultimo rigo di un romanzo infinito. Piola si ritira a 41 anni. Non cerca passerelle, non fa giri di campo strappalacrime. Smette perché ha finito il lavoro. E il suo lavoro era fare gol.
La porta non si corteggia, si abbatte Il segreto di Piola non era magico, era fisico e mentale. Era "immarcabile" perché non accettava la sconfitta nel duello individuale. Se il difensore usava il gomito, lui usava la spalla. Se il difensore lo anticipava, la volta dopo lui partiva un secondo prima. Il suo record di 274 gol resiste non perché manchino i campioni oggi, ma perché manca quella continuità feroce. Piola non ha avuto stagioni da 40 gol e poi il buio; ha avuto venticinque anni di costante, inesorabile presenza nel tabellino. È stato un martello pneumatico che ha lavorato per decenni, costruendo un muro che nemmeno i giganti moderni sono riusciti a scavalcare.
Il Re di pietra Oggi Silvio Piola è un nome che mette soggezione. È un numero (274) che ogni attaccante guarda con rispetto e disperazione. Totti, Baggio, Nordahl, Meazza: tutti grandissimi, tutti sotto di lui. Il suo record dura da quel freddo pomeriggio di Novara del 1954. È lì, immobile, a ricordare che nel calcio le mode passano, le scarpe diventano colorate e leggere, i palloni perfetti, ma alla fine vince sempre chi la butta dentro una volta in più degli altri. E nessuno l'ha fatto più volte di Silvio Piola.
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