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20 Dicembre 2025
L’arbitro João Pinheiro
Un vento tagliente alle Azzorre, una curva che fischia, un recupero che si allunga fino a diventare la notizia. Santa Clara–Sporting, ottavi di Taça de Portugal 2025/26: finisce 2-3 dopo supplementari. Ma la partita resta inchiodata a un fotogramma e a un tempo: rigore al 90+16’, assegnato dopo un controllo VAR lunghissimo.
Lo Sporting parte forte e va avanti al 12’ con il giovane João Simões. Il Santa Clara non si scompone: pareggia con Lucas Soares al 28’ e la ribalta all’86’ con Gabriel Silva. Poi l’episodio che sposta tutto: all’89’ rosso a Paulo Victor, padroni di casa in dieci.
Nel recupero, quando sembra che basti resistere ancora qualche secondo, arriva il contatto in area tra Tiago Duarte e Morten Hjulmand. Da lì, il tempo si ferma: sala VAR, attesa, monitor a bordo campo, altra attesa. Poi la scelta: rigore. Luis Suárez lo trasforma al 90+16’ e rimette in piedi lo Sporting: 2-2.
Ai supplementari, al 98’, la decide Fotis Ioannidis di testa: 2-3. Sporting ai quarti (ad Alvalade contro l’AVS). Santa Clara fuori, furioso.
Qui nasce il “caso”. Le ricostruzioni oscillano, ma la sostanza non cambia: si parla di oltre 10 minuti complessivi, con stime tra 11 e 13 minuti. Un’enormità per una review che, per protocollo, dovrebbe correggere un «chiaro ed evidente errore», non aprire una discussione infinita nel grigio.
Ed è proprio questo il paradosso: più che la decisione in sé, è la durata ad aver spostato la percezione collettiva. Stadio congelato, giocatori raffreddati, tensione che sale minuto dopo minuto. E quando finalmente arriva il rigore, non è più solo un rigore: è un detonatore.
La dinamica, per come è stata raccontata, ruota attorno a un tocco con braccio/avambraccio di Tiago Duarte all’altezza del volto di Hjulmand. Qui sta il confine: normale duello o condotta negligente? Il VAR ritiene l’episodio da on-field review; João Pinheiro va al monitor e decide per la massima punizione.
Tecnicamente, il calcio vive di soglie. E quando la soglia è sottile, la decisione diventa inevitabilmente soggettiva. Ma se ci vogliono 10–13 minuti per arrivarci, la domanda si ribalta: era davvero “chiaro ed evidente”?
Possesso: 60% Sporting, 40% Santa Clara
Tiri: 17 (5 in porta) Sporting; 8 (6 in porta) Santa Clara
Angoli: 6 Sporting, 3 Santa Clara
Rosso: Paulo Victor all’89’ (e tensione altissima dopo il rigore, con segnalazioni di allontanamenti anche dalla panchina)
Nel dopo partita, la temperatura sale ancora. Da Santa Clara arriva amarezza e accusa: «Avevamo l’impresa in mano». Il Benfica entra a gamba tesa con toni durissimi, parlando di episodio «inaccettabile» per la credibilità del calcio portoghese e insistendo sulla durata (“minuti per trovare un rigore”). Dallo Sporting, invece, linea bassa: dichiarazioni prudenti, niente benzina sul fuoco.
Tradotto: un episodio di Coppa diventa un tema politico-sportivo.
Questa partita resta un caso-studio per un motivo semplice: la tecnologia, che dovrebbe chiarire, qui ha oscurato. Non solo per la decisione, ma per come ci si è arrivati.
Tre frizioni, tutte evidenti:
Tempo: se serve così tanto, non siamo più nel “chiaro”, siamo nel “dibattibile”.
Comunicazione: stadio e TV in sospensione, senza spiegazioni. E dove manca informazione, cresce il sospetto.
Coerenza: i club chiedono uniformità. Se gli standard cambiano, ogni episodio sembra un precedente.
Le soluzioni di cui si parla altrove (e che tornano ciclicamente anche qui): annuncio audio dell’arbitro, indicazioni più rigide sui tempi di review, report post-gara più trasparenti sugli episodi borderline.
Tolto il rumore, il campo dice questo: Sporting non muore, si aggrappa alla partita, sfrutta l’episodio e colpisce nei supplementari. Santa Clara gioca con coraggio, segna due volte, arriva a un passo dall’impresa e la vede scivolare via nel tempo più crudele.
Ma dimostra anche altro: oggi, a volte, una qualificazione non la decide un’azione. La decide un monitor. E il tempo che ci metti a guardarlo.