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Qui nasce una rivalità internazionale: l’ex Lazio riaccende la finale del secolo

Argentina-Francia 2022, il caso Enzo Fernández e un nuovo duello calcistico: Djibril Cissé senza filtri

Djibril Cissé, Francia

FRANCIA • Djibril Cissé, centravanti francese

Ci sono partite che si esauriscono nel risultato e altre che, invece, continuano a vivere nel tempo, trasformandosi in qualcosa di più profondo. La finale del Mondiale di Qatar 2022 appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Non soltanto per il suo svolgimento epico, ma per le conseguenze emotive e simboliche che ha lasciato in eredità, soprattutto sul fronte francese. Le parole pronunciate recentemente da Djibril Cissé, ex attaccante della nazionale transalpina e con un passato italiano alla Lazio, non sono semplici dichiarazioni a caldo né una provocazione isolata: sono il riflesso di una ferita sportiva ancora aperta. Attraverso il suo sfogo emerge un sentimento più ampio, che racconta come, a distanza di tempo, Argentina e Francia abbiano iniziato a percepirsi non più come avversarie occasionali, ma come poli opposti di una rivalità in costruzione.

PUNTO DI ROTTURA

Le dichiarazioni di Djibril Cissé hanno colpito per la loro durezza, ma vanno lette nel contesto di una finale mondiale che ha segnato in modo profondo l’immaginario collettivo francese. La sconfitta ai rigori contro l’Argentina, arrivata dopo una rimonta straordinaria e una partita vissuta sul filo dell’emotività, ha assunto nel tempo un valore che va oltre il semplice trofeo mancato. Cissé, intervenuto in un programma speciale di L’Équipe dedicato alla rievocazione di quella finale, ha parlato apertamente di rabbia, di fastidio, persino di «odio» in termini esclusivamente calcistici, chiarendo come quelle immagini continuino a generare frustrazione. Il riferimento non è solo al risultato, ma anche a ciò che è accaduto dopo: i festeggiamenti argentini, le immagini circolate sui social, le polemiche legate ai cori intonati da alcuni giocatori dell’Albiceleste «Ascoltate, fate girare, giocano in Francia, ma son tutti dell'Angola. Che bello è, scapperanno, sono tutti sc**a tra*******li come il fr***o di Mbappè. La loro madre è nigeriana, il loro padre camerunese, ma sul documento nazionalità francese».

In questo quadro si inserisce soprattutto il caso Enzo Fernández, che durante una diretta su Instagram, festeggiando sul pullman della nazionale argentina, aveva intonato il coro sopracitato. Fernández era stato perdonato rapidamente dai compagni di club al Chelsea, ma non del tutto digerito da una parte dell’opinione pubblica francese. Per Cissé, l’episodio rappresenta un simbolo di una distanza culturale ed emotiva che si è accentuata dopo il Mondiale. Il suo stupore per la rapidità con cui la vicenda è stata archiviata racconta una sensibilità ancora scossa, in cui la finale del 2022 viene percepita come una sconfitta identitaria, non soltanto sportiva. È proprio in questa dimensione che la partita di Lusail — città qatariota dove si è giocata la finale — smette di essere un evento isolato e inizia a sedimentarsi come un punto di rottura nei rapporti calcistici tra le due nazionali.

UNA NUOVA RIVALITÀ

Nel suo intervento, Djibril Cissé sceglie un linguaggio diretto, quasi ruvido, che restituisce tutta la portata emotiva lasciata dalla finale di Qatar 2022. «Dopo aver rivisto le immagini sono rimasto arrabbiato», racconta, spiegando come il tempo non abbia smussato le sensazioni provate quella notte a Lusail. «Sento ancora molto odio verso di loro», aggiunge, chiarendo che si tratta di un sentimento esclusivamente calcistico, ma non per questo meno profondo o significativo. Per l’ex attaccante, quella partita rappresenta uno spartiacque nella storia recente della nazionale francese: non una semplice sconfitta, bensì un evento capace di ridefinire percezioni, gerarchie emotive e prospettive future. È in questo contesto che Cissé arriva a una conclusione forte, destinata a far discutere: oggi l’Argentina è il riferimento assoluto, la squadra da battere, «il nostro principale nemico». Parole che vanno oltre la provocazione estemporanea e che si inseriscono in una dinamica più ampia, perché la storia del calcio insegna come le grandi rivalità internazionali non nascano a tavolino, ma si formino attraverso partite simboliche, cicatrici condivise e narrazioni contrapposte.

Fino a pochi anni fa, Francia e Argentina non rientravano pienamente in questa categoria: incroci prestigiosi, certo, ma privi di un vero carico  emotivo duraturo. La finale mondiale del 2022 ha però cambiato lo scenario, erigendosi a potenziale finale del secolo. Dal punto di vista francese, quella gara è stata vissuta come una grande occasione sfumata, forse la più significativa dell’era recente; per l’Argentina, invece, ha rappresentato l’apice di un percorso culminato con l’ultima consacrazione mondiale di Lionel Messi. Le dichiarazioni di Cissé non vanno quindi lette come una presa di posizione ufficiale, ma come il sintomo di una percezione che inizia a diffondersi: il desiderio di una rivincita, espresso apertamente con lo sguardo rivolto al Mondiale del 2026, è uno degli elementi fondanti di ogni rivalità, la necessità di riscrivere la storia e riequilibrare un confronto che ha lasciato un conto aperto.

In questo senso, la figura dello stesso Cissé diventa emblematica: protagonista di una carriera importante a livello di club, ma con un rapporto complesso con la nazionale, porta con sé il peso di una generazione che non sempre è riuscita a tradurre il talento in successi con Les Bleus. Il suo racconto personale si intreccia così con una narrazione collettiva più ampia, in cui Francia e Argentina iniziano a guardarsi non solo come potenze calcistiche, ma come specchi opposti di due modi diversi di vivere il calcio, la vittoria e la sconfitta. Se questa rivalità diventerà strutturale lo diranno il tempo e i prossimi incroci, ma le basi emotive, oggi, sembrano già ben piantate.

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