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30 Dicembre 2025
Maradona fa il suo ingresso in un San Paolo gremito per la presentazione come nuovo acquisto del Napoli, 5 luglio 1984
Nel palazzo di giustizia di Buenos Aires l’aria è densa come in uno spogliatoio prima di una finale. Un numero, più di ogni parola, rimbalza tra corridoi e carte: 2.000.000.000. Sono i pesos che la Corte d’appello ha deciso di mettere sotto sequestro a carico delle sorelle di Diego Armando Maradona, del suo ex avvocato Matías Morla e di altri imputati per la presunta gestione fraudolenta della “marca Diego Maradona”. E un principio, scolpito nero su bianco, chiude il cerchio: i beni “materiali e immateriali” tornano “immediatamente” agli eredi, cioè ai figli dell’ex capitano dell’Argentina. Una sentenza che non archivia le polemiche: le rilancia, fissando paletti giuridici e un nuovo equilibrio nel business globale legato al mito del Diez.
La decisione, resa pubblica tra il 29 e il 30 dicembre 2025, conferma il quadro definito in settembre 2025: misure cautelari patrimoniali e contestuale conferma dei procedimenti a carico dell’ex legale Morla, dei suoi collaboratori e di due sorelle del fuoriclasse, Rita Mabel e Claudia Norma Maradona. L’ammontare, 2 miliardi di pesos (circa 1,16–1,37 milioni di dollari a seconda del cambio considerato), è ritenuto “proporzionato” rispetto ai profitti e ai danni contestati nell’amministrazione del marchio. La Sala VII della Cámara del Crimen ha richiamato i diritti degli eredi e rigettato la tesi difensiva secondo cui Maradona avrebbe voluto devolvere alle sorelle il controllo dei segni distintivi: in assenza di testamento valido, spiegano i giudici, prevalgono le quote legittime dei figli.
In un passaggio di rilievo, la decisione precisa che i beni “tangibili e non” passano agli eredi: un indirizzo che orienta l’immediata restituzione di diritti, marchi e utilità collegati, superando una stagione di contenziosi feroci sulla titolarità dello sfruttamento commerciale. È un passaggio che vale non solo in diritto, ma anche sul piano economico: si sblocca infatti la possibilità per gli eredi di contrattualizzare iniziative senza lo schermo di soggetti terzi oggi indagati.
Il caso affonda le radici nel 2021, quando Dalma e Gianinna Maradona depositano una denuncia su ciò che definiscono l’appropriazione illecita della “marca Maradona”; successivamente, si uniscono gli altri tre figli riconosciuti: Jana, Diego Jr. e Dieguito Fernando. Nella ricostruzione accusatoria, al centro c’è Sattvica S.A., la società attraverso cui Morla avrebbe gestito marchi e diritti, compiendo manovre simulate e trasferimenti che avrebbero privato gli eredi del legittimo usufrutto dopo la morte del padre, avvenuta il 25 novembre 2020. Fra i segni distintivi coinvolti rientrerebbero denominazioni iconiche: “Diego Maradona”, “El Diez”, “La Mano de Dios”, “El Diego”.
Già in settembre 2025, un collegio della Sala IV aveva disposto il sequestro fino a 2 miliardi di pesos per ciascun imputato, sulla base di un quadro probatorio ritenuto sufficiente a delineare l’ipotesi di defraudazione per amministrazione fraudolenta. Il dispositivo odierno, firmato da un diverso collegio della stessa Cámara, consolida quella misura: conferma i procedimenti, ribadisce i diritti degli eredi e cristallizza l’obbligo di “restituzione” dei beni immateriali, ossia i marchi e i relativi profitti, al patrimonio successorio.
La difesa di Matías Morla insiste da mesi su una linea netta: l’ex legale avrebbe agito “su richiesta” di Maradona, che avrebbe “promesso” alle sorelle la gestione delle sue marche. Nel aprile 2025, al momento dell’interrogatorio, i legali di Morla depositano una memoria corposa per spiegare origini e traiettorie della cessione, sostenendo l’assenza di vantaggi economici personali e l’esistenza di documentazione idonea a provarne la liceità. La Corte, tuttavia, sottolinea la prevalenza delle norme successorie, ritenendo inaccettabile sostituire con deleghe o poteri l’assenza di testamento valido. È qui che la sentenza segna il discrimine: il “desiderio” non basta, servono atti conformi alla legge.
Oltre a Morla, il provvedimento tocca l’ex assistente Maximiliano Pomargo, il collaboratore Sergio (o Cristian) Garmendia citato in più atti, la notaio Sandra Verónica Iampolsky e le sorelle Rita Mabel e Claudia Norma Maradona. A vario titolo, sono indicati come presunti coautori o complici nella gestione ritenuta fraudolenta di Sattvica S.A. e dei profitti derivanti dallo sfruttamento di immagine e marchio. In diritto, il cuore dell’accusa è la “defraudación por administración fraudulenta”, un’ipotesi tipica dell’ordinamento argentino quando chi amministra un patrimonio (o un diritto) lo gestisce contro l’interesse del titolare, procurandogli un danno.
A livello patrimoniale, la Corte ha stimato il sequestro tenendo conto di “utili” generati dalle marche, della variazione dei cambi e di un’eventuale indennità risarcitoria; nel computo rientrano anche oneri e spese legali. È un passaggio tecnico che chiarisce perché il numero, 2.000 milioni, non sia simbolico ma ancorato a una valutazione economica del giro d’affari intorno al nome Maradona.
La frase chiave della decisione, rivendicata dalla parte civile, è che i beni “materiali e immateriali” oggetto di contesa tornano “immediatamente” nella disponibilità degli eredi. Tradotto: l’uso della marca e i proventi relativi devono essere riferiti al patrimonio successorio e la loro contrattualizzazione spetta a chi ne detiene la legittima titolarità, cioè i cinque figli del Diez. In pratica, viene riconfigurata la catena dei diritti in modo da slegarla dalle strutture che, secondo l’accusa, li avrebbero trattenuti o deviati.
È un passaggio che ha riflessi immediati sul mercato: nei mesi scorsi, alcune intese commerciali hanno iniziato a considerare come controparte non più società terze, ma direttamente gli eredi o loro mandatari. È un processo in corso, che la decisione ora rafforza sul piano giuridico e negoziale.
Va ricordato che il fronte marchi/immagine procede parallelo — ma separato — rispetto al grande processo sulle responsabilità mediche per la morte di Maradona. Quest’ultimo, apertosi nel marzo 2025, è stato dichiarato nullo a fine maggio 2025 dopo l’uscita di scena della giudice Julieta Makintach per il caso del documentario non autorizzato. Tutto da rifare: un nuovo collegio è stato designato e, dopo vari passaggi, il via al nuovo processo è fissato per il 17 marzo 2026, con un’agenda corposa di testimoni. La fotografia è questa: mentre la giustizia penale riorganizza la partita sulla morte del Diez, quella civile-penale sui marchi accelera e mette punti fermi.
Il dato economico va letto in controluce con l’inflazione argentina e con la fluttuazione del cambio. La stima in euro e dollari offerta dai media oscilla (tra circa 1,16 e 1,37 milioni), proprio perché dipende dalla fotografia valutaria del momento. Per questo la Corte ha adottato un criterio di “adeguatezza” del sequestro: si proietta non solo sul pregresso (gli utili già maturati), ma anche su margini risarcitori e spese di procedimento. Un approccio prudenziale, ma fondato su parametri di proporzionalità.
Alcuni passaggi della sentenza sono stati salutati con soddisfazione dagli eredi; sui social, Gianinna Maradona ha scritto: “Todo llega”, segnalando un clima di riscatto dopo anni di schermaglie in aula e fuori. Sul fronte delle sorelle e della difesa, si continua a rivendicare la legittimità delle scelte fatte in vita da Diego e la bontà della cessione alle sorelle, ma la Corte ha già tracciato un confine: senza testamento conforme a legge, la volontà personale non può sacrificare i diritti “legittimi” dei figli. È la regola, e ora fa giurisprudenza anche nel caso più mediatico d’Argentina.
Il marchio Maradona non vive solo in Argentina. Negli ultimi anni non sono mancati episodi giudiziari anche all’estero: in Stati Uniti, per esempio, un giudice federale in Florida ha adottato misure cautelari in una controversia che coinvolgeva profili social e uso della marca sul territorio americano, con disposizioni restrittive nei confronti di soggetti collegati alla famiglia e riferimenti alla società Sattvica. Vicende parallele che mostrano la complessità di un brand globale, dove ogni ordinamento applica regole proprie. Il quadro argentino attuale, però, è inequivoco: nel perimetro nazionale, i marchi riconducono al patrimonio ereditario e vanno amministrati nell’interesse degli eredi.
Il caso Maradona mette a nudo un tema che il calcio globale fatica ancora a gestire con regole uniformi: la governance postuma dei diritti di immagine e dei marchi personali dei campioni. Quando un’icona come Maradona muore, il flusso di contenuti, memorabilia, licensing, docu-serie, NFT, videogame, collezioni e capsule fashion non si ferma: accelera. In questa giungla contrattuale, la chiarezza sulla titolarità dei diritti non è un tecnicismo, ma il cuore di ogni progetto. La Corte argentina, con questa sentenza, manda un messaggio che vale oltre il caso concreto: senza trasparenza e senza il rispetto delle regole successorie, ogni operazione è a rischio sequestro e contenzioso.
C’è infine un aspetto simbolico. Per anni, il nome Maradona è stato campo di battaglia tra affetti, affari e tribunali. La decisione di questi giorni riallinea la palla al centro: riconosce la centralità degli eredi, restituisce loro strumenti e diritti, e stabilisce che il patrimonio immateriale del Diez — il più prezioso — vada amministrato secondo legge e con responsabilità. Restano i gradi di giudizio, restano le difese, restano i margini di ricorso. Ma la traiettoria, oggi, è chiara: la “marca Diego” torna a casa. E da lì dovrà ripartire, tra sentenze, contratti e memoria.
Le informazioni riportate provengono da fonti giudiziarie e giornalistiche di primo piano, tra cui cronache con documenti d’appello consultati e analisi firmate da testate argentine e internazionali. Le stime in euro e dollari variano in funzione del cambio al momento della pubblicazione e sono indicate come intervallo (da circa 1,16 a 1,37 milioni di dollari). Dove la documentazione è riservata o non integralmente pubblica, le ricostruzioni seguono il criterio di massima prudenza e indicano i passaggi confermati da più testate.