Trendy News
31 Dicembre 2025
Dennis Bailey
Il 1° gennaio, in Inghilterra, non è una pagina bianca. È già sporca: di pioggia, di fango, di fiato corto.
Altrove si tirano le somme della notte; lì si aprono i cancelli e si entra con la sciarpa sopra il cappotto come se fosse un gesto antico, necessario. È calcio senza preamboli: non ti chiede come stai, ti chiede se ci sei.
E allora succede che il nuovo anno comincia così: con un tabellone che non aspetta la tua lucidità, con un gol che arriva presto, con una partita che ti dice subito che l’aria è cambiata. Queste dieci storie stanno tutte dentro quel primo giorno: non per folklore, ma perché il calcio—quel giorno—si diverte a essere più vero delle promesse.
lo schiaffo che non ti aspetti
Old Trafford è un posto che si presenta sempre uguale a sé stesso: grande, sicuro, convinto che certe cose succedano solo agli altri. Poi arriva il QPR e fa la cosa più insolente possibile: segna subito, e non si ferma. Andy Sinton apre la giornata, Dennis Bailey la trasforma in una faccenda personale: tre gol, da ospite, lì dentro.
Lo United prova a rimettere le cose a posto con McClair, ma è un gesto tardivo, quasi educato. Finisce 1-4 e la sensazione è semplice: il 1° gennaio può entrare in casa tua senza bussare.
Per Bailey quella partita diventa una seconda identità. Non servono titoli, non servono cornici: basta dire «hat-trick a Old Trafford il primo dell’anno» e capisci già tutto.
quando la festa la fa l’ospite
C’è un modo di perdere che somiglia a un fastidio che non passa. United–Tottenham di quel 1° gennaio è così: Adebayor segna e lo stadio reagisce con un silenzio che non è stupore, è riconoscimento. Poi arriva Eriksen, e quel raddoppio ha un sapore ancora peggiore: sembra naturale.
Welbeck accorcia, ma non cambia l’umore. La partita resta in mano agli altri e Old Trafford si ritrova a guardare una porta che non si riapre.
Quel risultato è una fotografia di stagione: non la spiega da solo, ma la racconta benissimo. Il nuovo anno, per lo United, comincia con una domanda che pesa.
otto gol e nessuna diplomazia
Se vuoi capire cosa può essere il Capodanno quando lo giochi, questa partita è un manuale a cielo aperto. Il Chelsea va avanti, come fanno le squadre che in quel momento hanno l’abitudine di comandare. Ma il Tottenham decide che il 1° gennaio non è un giorno per la prudenza.
Kane segna e trascina, la partita si apre come una finestra sbattuta dal vento: entra aria, entra caos, entra rumore. Otto gol, 5-3, e quel senso di eccesso che ti rimane addosso come una notte lunga.
Quel pomeriggio toglie a Kane l’etichetta di promessa e gli consegna un’altra parola: certezza. Non definitiva, ma abbastanza da cambiare il modo in cui lo guardi.
lo “scorpione” di Giroud e il giorno che diventa immagine
Arsenal–Palace potrebbe essere una partita ordinata, quasi di routine. E invece Giroud decide di inventare un gesto che il corpo, di solito, non concede: colpisce la palla con lo “scorpione”, e il gol nasce così, come una frase detta senza pensarci e proprio per questo perfetta.
Lo stadio prima ride, poi smette di ridere: perché capisce che non è uno scherzo. È un’immagine destinata a tornare.
Quel gol diventa un simbolo popolare: una clip che riappare ogni volta che il calcio vuole ricordarsi di essere anche istinto, anche fantasia, anche follia controllata.
due doppiette e la classifica che cambia faccia
Il Watford prova a rimanere dentro la partita, ma il Tottenham entra come se avesse dormito otto ore e non due. Kane fa doppietta. Dele Alli fa doppietta. 1-4.
Non è una gara piena di poesia: è una gara piena di efficacia. E a Capodanno l’efficacia è una forma di crudeltà.
Quel risultato non ti regala una coppa, ma ti regala credibilità. E nel calcio, quando inizia l’anno, la credibilità pesa più delle parole.
un colpo di testa e la giornata prende una direzione
Ci sono partite che decidono di essere semplici. Questa lo è: Wijnaldum sale e colpisce di testa, 1-0, e da quel momento la gara diventa una questione di resistenza e nervi.
Anfield non festeggia in modo elegante: festeggia serrando i denti. E quando il City prova a riprendersi la scena, trova una porta che sembra più piccola e un pubblico che sembra più vicino.
Quel primo gennaio lascia un messaggio netto: se entri distratto ad Anfield, esci più leggero. E non parlo solo di punti.
minuto 94: Klavan e l’uomo che non ti aspetti
Turf Moor è un posto dove le partite non si “giocano”: si sopportano. Il Burnley pareggia tardi e pensa di aver strappato il suo pezzo di giornata. Poi, al 94’, arriva Klavan. Difensore. Uno che, nella sceneggiatura, non dovrebbe mai essere protagonista.
E invece segna lui, e il 1-2 ha il sapore crudele delle cose decise all’ultimo respiro: quando non hai più tempo per essere bravo, hai solo tempo per essere presente.
Quella vittoria diventa una lezione semplice: il Capodanno non è un giorno gentile. Se molli un secondo, ti prende.
due gol “puliti” in una giornata sporca
Questo è il Capodanno senza fuochi d’artificio, quello del lavoro. Martial segna, Lingard chiude, 0-2. Goodison è grigio, l’aria è pesante, e proprio per questo i gol sembrano ancora più “puliti”: tecnica essenziale, colpi asciutti, niente fronzoli.
Sono quelle partite che non fanno poster, ma ti tengono in vita.
L’anno, per lo United, comincia con una cosa rarissima nelle giornate storte: una vittoria che non chiede interpretazioni.
quattro firme per togliersi di dosso l’aria cattiva
Qui l’Arsenal decide di iniziare l’anno come si apre una finestra: facendo entrare aria. Xhaka, Lacazette, Ramsey, Aubameyang: 4-1.
Non è solo un risultato largo. È una piccola ripulitura mentale, un modo per dire allo spogliatoio: «Siamo ancora capaci di far male, siamo ancora capaci di essere noi».
Quando vinci così a inizio anno, ti porti dietro una cosa preziosa: un po’ di leggerezza. E la leggerezza, nel calcio, è spesso la forma più concreta della fiducia.
il primo “sì” di Arteta
Pépé segna presto. Sokratis raddoppia. 2-0. Ma il dettaglio vero è un altro: è il primo giorno dell’anno e l’Arsenal prende la prima vittoria dell’era Arteta.
La partita ha un’energia diversa: più ordine, più corsa, più sensazione di gruppo che si muove con un’idea comune. Non risolve tutto—non lo fa mai una partita sola—però mette un paletto. E quando inizi un percorso, un paletto vale oro.
Quel 1° gennaio diventa una data di inizio. Non una promessa: un fatto.
A Capodanno, normalmente, si alza il calice e si dice «da domani».
Il calcio inglese spesso non ti concede il lusso del “domani”: ti mette davanti un tabellone e ti chiede di scrivere subito qualcosa che regga.
E forse è per questo che questi primi gennaio restano in memoria: perché non hanno la gentilezza delle intenzioni. Hanno la sincerità dei risultati.