23 Gennaio 2021
Più che allenatore mi definisco un educatore, poche volte ricopro il ruolo di tecnico, in quanto ho avuto sempre gruppi che si avvicinavano per la prima volta al calcio a 11 e quindi mostravano lacune sotto aspetti tecnici e atletici oltre che caratteriali: puntavo e punto sempre nel far sentire il ragazzo parte fondamentale del gruppo e del progetto in modo che possa esprimere tutto ciò che possiede. Mi definiscono meticoloso, preciso, pignolo, carismatico: effettivamente non posso negarlo, lo sono, e lo devo agli allenatori che ho avuto in passato i quali mi hanno "insegnato" ad amare il calcio e al tempo stesso sudare tanto per ottenere le cose in questo splendido sport. Come modulo di gioco mi piace variare, ma dopotutto milito in un settore giovanile, dove vi sono ragazzi con abilità e tecniche e struttura fisica diverse e quindi devo cercare di utilizzare quello che ritengo migliore per mettere in evidenza il talento di ogni singolo ragazzo, poi per il resto son solo numeri che sommando danno sempre "11". Cerco di insegnare un calcio polivalente ossia, imparare a far più ruoli, in modo tale da potersi mettere nei panni del compagno, solo così secondo me nasce un gruppo, un gioco e logicamente il risultato. Ho due allenatori che stimo parecchio: uno è Carlo Mazzone, che ha potuto allenare il miglior numero 10 della storia del calcio Italiano (Roberto Baggio), l'altro è Josep Guardiola, che considero come il più grande, vincente e innovativo tecnico dei nostri tempi. Le aspettative di questa stagione erano sicuramente iniziare il primo campionato a 11 e terminarlo, spero si possa ancora, per lo meno mi auguro di poter ritrovare i ragazzi sul campo, sicuramente avranno una voglia matta di poter calciare quel pallone! Per me, essendo una persona che non pensa tanto al passato, la partita più bella è quella che deve ancora avvenire e speriamo, visti i tempi che corrono, che sia il più presto possibile.»