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A vent'anni ha lasciato la Serie D da titolare, oggi gioca e allena i ragazzi nella società che l'ha cresciuto

Il titolo provinciale, la rapidissima scalata con la maglia della Caronnese: «Esperienza indimenticabile , ma ho capito che non era ciò che volevo»

A vent'anni ha lasciato la Serie D da titolare, oggi gioca e allena i ragazzi nella società che l'ha cresciuto

Matteo Baldo è stato senza alcun dubbio uno dei maggiori talenti calcistici prodotti dall’Ardor Bollate. Attaccante estremamente tecnico ed elegante, fu campione provinciale Giovanissimi con la storica annata arancionero del ’99, prima di spiccare il volo verso il panorama regionale e interregionale.

È la Caronnese a puntare forte su di lui, e in rossoblù Baldo scala presto tutte le gerarchie arrivando giovanissimo a giocare titolare in Serie D, oltre che nel giro della rappresentativa di categoria. «Sono stati tre anni per me eccezionali in Serie D, che mi hanno formato da ogni punto di vista tecnico e personale. A un certo punto, però, ho capito che non era più quello che volevo. Stava diventando difficile conciliare quell’impegno con gli studi che avevo cominciato, sono venute meno le motivazioni, così ho deciso di smettere nonostante le offerte che avevo ricevuto.

Baldo è successivamente tornato a giocare all’Ardor, a casa sua: «Ho ripreso grazie agli amici, ma cerco sempre di perseguire l’obiettivo con impegno e serietà, non è un passatempo anche se giochiamo in Seconda» e ha iniziato la sua carriera di allenatore. Dopo due anni da secondo, quest’anno c’è la prima panchina come primo tecnico, sui 2007. In mezzo una laurea in Scienze Motorie un percorso magistrale in procinto di cominciare. Due partite, due vittorie fino ad ora, con 8 gol fatti e nemmeno uno subito.


Ma che allenatore è Matteo Baldo: «Mi piace vedere giocare calcio, cerco di costruire basso, ma non per moda: credo che questo ci permetta di attirare l’avversario sulla nostra trequarti liberando spazi per attaccare. Vorrei sempre vedere una squadra aggressiva, che abbia personalità e coraggio. L’intensità è fondamentale, è il calcio moderno a richiederla, ma una volta arrivati sulla trequarti, la parola d’ordine dev’essere fantasia.

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