L'intervista
14 Dicembre 2023
Sergio Pellegrino, 32 anni
Trentadue anni, monzese ma di origini siciliane, un futuro tutto da scrivere. Lui è Sergio Pellegrino, è un giovane allenatore e si sta facendo largo nel mondo del calcio. Ha una storia molto particolare, ha già incrociato il suo cammino con diversi campioni e di sicuro non ha alcuna intenzione di fermarsi. Una Laurea Magistrale in Scienze dell'Economia e della Gestione Aziendale all'Università degli Studi di Parma, è reduce da un'esperienza molto positiva - e per certi versi storica, poi vedremo perché - sulla panchina della Primavera del Pontedera. Nel suo passato c'è anche una lunga esperienza in Spagna, dove ha avuto modo di condividere il campo - allenando nel Settore Giovanile - con dei giovanissimi Cucurella, Ansu Fati e Gavi. Insomma, roba seria.
La vita sportiva di Sergio Pellegrino comincia in una piccola società nel parmense, la US Astra, dove prende in mano i Pulcini. Poi il suo destino si sposta in Spagna dove consegue l'UEFA B e poi - a 28 anni - il patentino UEFA A. Nel frattempo, ovviamente, comincia il suo percorso da allenatore: PB Barcino, CF Badalona (Under 16), CE Europa (vice allenatore dell'Under 19), CE L'Hospitalet (Under 16) e FC Santboia (Under 19) le sue tappe principali. Un'esperienza che lo ha formato, che gli ha permesso di entrare a contatto con realtà e personaggi importanti come Claudio Lo Sardo, ex scouting di Nike International nonché uomo di fiducia di Frank Rijkaard al Barcellona: «Sono rimasto quasi 6 anni in Spagna - racconta Pellegrino - e la cosa che mi porto dietro è un modo di fare calcio totalmente diverso rispetto all'Italia: inizialmente fu anche uno shock per certi versi, come quando vidi bambini della Scuola Calcio lavorare sul sistema di gioco. C'era un approccio alla tecnica diverso, il miglioramento avviene attraverso la complessità delle situazioni che si vanno a creare: e devo dire che è una filosofia che funziona, l'ho visto coi miei occhi». E con i suoi occhi, oltre a vedere il modo di lavorare di una della Nazioni più calcisticamente avanzate e stimate del pianeta, ha potuto incrociare il cammino con alcuni giovani talenti poi diventati campionissimi: «Ho avuto a che fare con i settori giovanili di Barcellona ed Espanyol, affrontandoli da avversario: ho visto da vicino Marc Cucurella, Ansu Fati e Gavi, ragazzi che oggi non hanno bisogno di presentazioni. Già allora si vedeva che avevano qualità straordinarie».
Sergio Pellegrino • Data di nascita: 18 marzo 1991. Segni particolari: una vita per il calcio
Quando rientra nella sua Monza, Sergio Pellegrino sposa il progetto Alcione dove ricopre il ruolo di vice-allenatore della prima squadra in Serie D e di responsabile tecnico nel Settore Giovanile del club: «Ho cercato di portare il mio credo, ho apprezzato molto l'atteggiamento di alcuni allenatori che magari non erano più di primo pelo ma che si sono messi in gioco con una nuova filosofia. Hanno cambiato approccio, si sono divertiti e hanno imparato qualcosa di diverso: è stata un'esperienza gratificante». Il matrimonio con la famiglia orange però dura una sola stagione, perché l'anno successivo arriva la prima chiamata italiana come allenatore in un club professionistico. A campionato in corso, infatti, Pellegrino viene ingaggiato dal Pontedera per sostituire Massimiliano Muraglia: «Ho preso in mano la squadra in un momento complicato, ho cercato di inculcare nei ragazzi la cultura del lavoro soprattutto negli allenamenti e sono arrivati dei risultati positivi». La squadra, che alla fine del girone d'andata è ultima con 4 punti, chiude il campionato al nono posto con 4 vittorie nelle ultime 5 partite, con 27 punti totali e con un cammino da terza in classifica solo nel girone di ritorno: «Ma mi brucia ancora - ricorda Pellegrino - quella partita persa 4-3 col San Marino: loro erano ultimi, avevo brutte vibrazioni perché era la classica partita-trappola dopo alcuni risultati positivi. E infatti perdemmo, anche se fummo noi a complicarci parecchio la vita. Fu però la gara della svolta: cambiammo modulo e da lì abbiamo invertito definitivamente la rotta».
Sergio Pellegrino • Qui al momento della firma con la Primavera del Pontedera
È alla Coppa Carnevale, però, che Sergio Pellegrino fa la storia. Per meriti suoi, visto che il Pontedera quell'anno centra il suo miglior risultato di sempre raggiungendo gli ottavi di finale, e perché c'è lui in panchina nella partita contro il Don Torcuato, salita agli onori delle cronache per il comportamento dei calciatori argentini che al termine della sfida distrussero gli spogliatoi del centro sportivo: «Quella del Viareggio fu un'esperienza pazzesca: non tutti in società volevano partecipare, c'era un po' di timore. E invece, col senno di poi, fu la scelta migliore». Il Pontedera finisce nel girone con il Torino, con gli australiani dell'APIA Leichhardt e con gli argentini del Don Torcuato appunto. Contro i granata finisce 6-0, poi con l'Apia arriva la grande impresa: «All'intervallo siamo sotto 2-1, entro in spogliatoio e dico a tutti che se anche avessimo subito il terzo gol avremmo vinto: mi presero per pazzo. Rientriamo in campo, subiamo il 3-1 e alla fine vinciamo 4-3». Nella terza partita, invece, succede di tutto: «Contro gli argentini fu una partita molto tesa. Andiamo in svantaggio, ma nel secondo tempo uno dei loro viene espulso e riusciamo a pareggiare. Gli ultimi 10 minuti furono di fuoco, il post partita lo fu ancora di più…». L'1-1 promuove la formazione toscana agli ottavi di finale dove arriva il derby con la Fiorentina vinto 4-0 dai viola: «Nell'unica altra occasione in cui il club passò il turno, poi perse 8-0 con l'Inter: quindi per noi, nonostante la sconfitta che non era scontata ma quasi, quello fu comunque un grande risultato. Anzi, fu un vero e proprio miracolo».
Come abbiamo detto all'inizio, un futuro tutto da scrivere: «Il mio sogno - confessa Pellegrino - sarebbe quello di allenare il Monza un giorno, è la squadra della mia città e sarebbe bellissimo». Ma come scriverlo questo futuro? «Con tutto quello che ho imparato fino ad oggi, soprattutto in Spagna. Lì il sistema agevola il lavoro dei piccoli vivai, in Italia spesso le società non capiscono l'importanza del Settore Giovanile che viene visto più come un costo che come una risorsa. Delle strutture nemmeno parlo, c'è un abisso. In tanti casi però manca anche competenza manageriale e dirigenti all'altezza. Però non è che in Spagna ci siano degli scienziati, semplicemente sono meglio strutturati e organizzati». La ricetta, per Pellegrino, è semplice: «In Italia il talento c'è, ma è allenato male con metodologie di 20 anni fa. Quindi secondo me la parola chiave è "apertura mentale". Non vedo l'ora di metterla a disposizione di chi vorrà puntare su di me».