Scuola Calcio
03 Agosto 2022
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Ascoltate le società, raccolti i commenti da parte di lettori e appassionati, sull’argomento caldo della selezione nella preagonistica interviene anche Giorgio Fabris, delegato per l’attività di base lombarda fino a luglio 2022: «Sicuramente sbagliata è la modalità di comunicazione attraverso una mail o un messaggio: un ragazzino vive di questo sport e delle aspettative a esso legate, ha delle amicizie radicate, scorretto è pertanto notificare una non conferma senza la possibilità di un confronto. Detto questo è vero e fa parte della normalità che in Lombardia, e in particolar modo nel milanese, ci sono tantissime alternative a distanza a volte di pochi metri. Così non è nel resto d’Italia, dove questa problematica è meno sentita proprio perché spesso un ragazzo rimane per tutta la vita nella stessa società, con l’eventualità di cambiare soltanto in caso di approdo nei professionisti».
Cruciale il passaggio a proposito della Carta dei Diritti dei Bambini, che l’SGS divulga a tutte le società: «Uno dei principi riportati è che i bambini e bambine debbano giocare con compagni della stessa età e della stessa abilità. Quindi come settore giovanile scolastico consideriamo senz’altro l’idea di creare, per intenderci, una squadra A e una squadra B nell’ottica di favorire una crescita. Ma è altrettanto vero che esistono ragazzi più precoci e più tardivi, che vanno aspettati; nel momento in cui una società opera una selezione è fondamentale che questa possa favorire il ragazzo nel trovare una nuova soluzione. Per noi è importantissimo che i ragazzi non smettano di giocare a calcio e ancor di più non smettano di fare sport in senso più generale. Quello del “drop out” è un problema enorme del nostro paese: lo sport viene praticato sempre di meno, non si fa più a scuola, quindi il fatto di non dare un’alternativa valida è molto spesso l’anticamera dell’abbandono per un ragazzo che si trova in difficoltà nel momento di provare ad affrontare altre discipline, perché magari ha sempre giocato solo a calcio».
Allo stesso modo, però, non è neanche sbagliato pensare che un giocatore particolarmente abile debba rimanere in una società con dei limiti, e che non sia giusto che questo possa essere portato, e incoraggiato magari anche dalla società di appartenenza, a confrontarsi con un ambiente più competitivo». Capitolo genitori: «Sbagliato colpevolizzarli. I genitori sono una parte centrale nella crescita dei ragazzi e vanno considerati come una risorsa, non un problema. La chiave è coinvolgerli, fare delle riunioni, spiegare e condividere le strategie mettendo a punto anche un regolamento chiaro e sottoscritto da entrambe le parti. Lo so benissimo che le aspettative di alcuni sono incomprensibili, ma ci sono anche società che illudono ragazzi e famiglie, alimentando queste aspettative che poi sfociano negativamente nel momento in cui non si concretizzano. Sicuramente utile nell’organigramma di una società potrebbe essere la figura di uno psicologo, o di uno psicopedagogo, che sostenga le famiglie al momento di fare delle scelte, e che faccia capire come comportarsi di fronte a tante cose: assorbire la cultura della sconfitta, un cambiamento del tecnico, ma anche gestire le emozioni e le aspettative nei confronti dei ragazzi».
In ultimo, un messaggio proprio alle società: «Io le difendo quando vengono “accusate” di guadagnare sulle quote, perché da fuori non ci si rende conto dei costi; le invito in questo senso a pubblicare i propri bilanci, esporre in tribuna il piano delle spese in modo che i genitori si rendano conto. Ma prima di tutto è importante che le società sappiano gestire i numeri umani in maniera corretta. Se io, da piccoli, prendo tutti, devo essere in grado di garantire loro un percorso. Presso di me, oppure spendendomi con società vicine se non ho gli spazi».