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L'intervista

Beppe Bergomi sul calcio giovanile: «Persino l'Inter non investe da un decennio»

«Nell'agonistica lavoriamo bene, ma i giovani vanno aspettati»

Beppe Bergomi tuona: «I giovani li abbiamo ma non li facciamo giocare. L'Inter? Non investe un euro da un decennio»

Beppe Bergomi, attuale allenatore dell'Under 17 dell'Accademia Inter

Se attualmente l'attenzione degli appassionati di calcio italiani è tutta sul rush finale di un campionato - quello di Serie A - incerto e aperto a qualsiasi scenario come non si vedeva da anni, la situazione è destinata a cambiare tra circa sei mesi quando le altre Nazionali si prepareranno al Mondiale in Qatar (21 novembre/17 dicembre 2022) e noi staremo a guardare per la seconda edizione consecutiva. La sconfitta contro la Macedonia del Nord dello scorso 24 marzo, oltre a riaprire svariate discussioni circa i problemi del calcio italiano, ha riportato l'attenzione del grande pubblico al calcio giovanile: da quello professionistico a quello dilettantistico, passando ovviamente per le scuole calcio laddove si danno i primi calci al pallone. Secondo svariati addetti ai lavori il problema del nostro movimento calcistico parte dal basso, ma siamo sicuri che il lavoro nei nostri settori giovanili sia tutto da buttare? 

Uno scatto di Bergomi in maglia Atalanta

LO ZIO

A parlarne è una figura storica del nostro calcio, un professionista esemplare che di ruoli nel mondo del pallone ne ha ricoperti - e ne ricopre tuttora - svariati. Ai più conosciuto come leggenda del calcio italiano prima e commentatore sportivo poi, pochi ne conoscono il trascorso decennale sui campi di calcio giovanile, sia dilettantistico che professionistico. Parliamo di Beppe Bergomi, uomo di sport per definizione: bandiera e capitano dell'Inter nell'era precedente all'avvento di Javier Zanetti, è ancora oggi il più giovane calciatore italiano ad aver vinto un Mondiale (Spagna 1982 alla tenera età di 18 anni) dietro solamente all'inarrivabile Pelè. Ad arricchire ancor di più il bagaglio culturale dello Zio, come detto, ci hanno pensato le esperienze collezionate in giro per i campi lombardi: Accademia Inter, Monza, Atalanta, Como e ancora Accademia Inter, la sua attuale casa calcistica essendo allenatore dell'Under 17 Élite.

LE MACROAREE DI BEPPE

  • ATTIVITÀ DI BASE: allontanamento dei ragazzi dal mondo del calcio
  • SETTORE GIOVANILE: si lavora bene e si ottengono risultati
  • SALTO TRA I GRANDI: i giovani non vengono valorizzati

«Il primo aspetto da tenere in considerazione è l'attività di base. Purtroppo - racconta lo Zio - negli ultimi anni ci sono pochi ragazzi che si approcciano al mondo del calcio. Ci sono aree in cui vai a pescare ancora bene, altre in cui non trovi più niente». Legato a questo aspetto c'è l'attività calcistica nelle scuole, praticamente assente in Italia rispetto a paesi come il Belgio: «Da noi non insegniamo il calcio nelle scuole. Sembra un aspetto secondario ma non lo è: nazioni come per esempio il Belgio hanno rifondato il proprio sistema calcio partendo da lì, ma da noi questo tipo di ragionamento non si fa».

Scatto amarcord di Beppe Bergomi in festa

ANALISI

Diversa la situazione nel settore giovanile vero e proprio, ovvero dall'Under 14 all'Under 17. «Qui lavoriamo bene e ci siamo - afferma Bergomi - come dimostrato dal numero di ragazzi talentuosi che sforniamo ogni fanno. Il problema sta più avanti, ovvero quando questi giovani devono essere valorizzati: in questo non ci siamo per niente, basti pensare che da noi a 21 o 22 anni sei ancora considerato un giovane». A rafforzare tale tesi ci sono i recenti impegni delle Nazionali giovanili. Dalla qualificazione agli Europei della Nazionale Under 19 al ruolino di marcia impressionante degli Azzurrini Under 17 - sei vittorie e due pareggi in otto amichevoli giocate - passando per l'ottima figura dell'Under 16 nel recente doppio test match contro i pari età della Germania.

LA CARRIERA DI BERGOMI ALLENATORE

  • ACCADEMIA INTER
  • MONZA
  • ATALANTA
  • COMO
  • ACCADEMIA INTER

Si dice che l'Italia non sia un paese per giovani, e le parole dello Zio lo confermano. Pare dunque evidente: i giovani forti li abbiamo, vengono preparati anche discretamente ma non vengono né valorizzati né aspettati. «Come diceva Mino Favini, i giovani vanno aspettati» racconta Bergomi, che sposta poi il focus sulle infrastrutture e su tutto ciò che sta attorno alla valorizzazione dei ragazzi. «All'estero i progetti vincenti partono dalle strutture. Averle adeguate è la base, poi viene tutto il resto. Da noi ci si allena su metà campo, inoltre nei settori giovanili non si investe più come una volta. L'esempio lampante è l'Inter. Persino il settore giovanile nerazzurro - racconta l'ex calciatore - non investe un euro dall'ormai lontano 2010».

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