L'intervista
22 Novembre 2021
Alessandro Campanaro, allenatore della Football Leon Under 19
Quarantadue anni tra pochi mesi, di cui sedici passati sui campi come allenatore. Alessandro Campanaro ha posto l’asticella piuttosto in alto per questa stagione: portare la Football Leon Under 19 alla vittoria del campionato per conquistare la promozione nella fascia A. Dopo aver cominciato come vice alla Casati Arcore è passato al Renate, iniziando così un lungo percorso nelle giovanili delle società professionistiche e semiprofessionistiche che l’ha portato anche ad ottenere i necessari patentini Uefa. Folgore, Novara e Brianza Olginatese le altre sue mete, prima di essere costretto a fermarsi per questioni lavorative e tornare nel dilettantismo. Un downgrade che non ha però mutato passione e ambizione, facendo restare vivo il sogno di tornare ad allenare nel calcio professionistico.
Com’è avvenuto il tuo approdo alla Football Leon?
«Vivendo vicino a Lesmo, un giorno sono andato a vedere una partita e mi hanno proposto di guidare la prima squadra quando ancora giocava in Terza Categoria. Dopo essere saliti in Seconda sono stato sostituito, poi mi è stato proposto di passare ad allenare le giovanili e così ho accettato di prendere in mano la Juniores. Qui c’è una società seria e una struttura invidiabile in cui lavorare. Infatti auguro alla Football Leon di raggiungere in breve tempo palcoscenici più importanti in ogni categoria, perché le persone che lavorano all’interno della società meritano i successi per tutta la passione e l’amore che ci mettono quotidianamente. Tuttavia, confesso che continuo a coltivare il sogno di riuscire un giorno a tornare ad allenare nel professionismo. Infatti, non ho mai smesso di aggiornarmi e di confrontarmi con tecnici di livello più alto del mio. Alcune offerte le ho anche ricevute, ad esempio dalla Sampdoria, ma non si è mai concretizzato nulla perché erano inconciliabili col mio lavoro. Per la mia metodologia di allenamento penso di poter rendere meglio dagli allievi in su, quindi difficilmente accetterei una proposta per i ragazzi più piccoli».
Quali sono le principali differenze che noti rispetto a quando hai cominciato ad allenare?
«Un allenatore oggi deve essere molto bravo nel gestire la testa dell’atleta, perché oltre ad avere magari lacune tecniche, atletiche e coordinative, la maggior parte dei ragazzi non è predisposta al sacrificio. Viviamo in una realtà e in un contesto dove i giovani hanno tutto, a volte anche troppo, quindi il passaggio mentale del conquistarsi qualcosa diventa difficile da digerire. Questa è proprio una delle ragioni per cui spero di tornare nel professionismo: lì i ragazzi sono psicologicamente più predisposti a questo, perché non vedono il calcio solo come un passatempo ma anche come un’opportunità per il loro futuro. Quello che però mi stimola per continuare ad allenare è principalmente la stima, ricambiata, che ricevo da parte dei giocatori che ho avuto in questi sedici anni e con cui ancora mi sento dopo tanto tempo».
Passiamo all’attualità: siete ancora in corsa su entrambi i fronti essendovi qualificati per i quarti di finale in Coppa e facendo parte del gruppo di testa in campionato. Sei soddisfatto di quanto sta facendo la tua squadra?
Qual è il segreto di questa continuità di rendimento?
«Penso che nulla venga per caso e, se la squadra sta dando delle risposte positive nonostante il momento difficile, è soprattutto grazie ai ragazzi che si sono messi a mia disposizione. Io sono un allenatore che pretende sempre tanto. Siamo in linea rispetto alle aspettative come risultati mentre a livello di gioco c’è ancora da migliorare, anche se abbiamo ricevuto diversi complimenti dai nostri avversari e questo fa enormemente piacere. Purtroppo oggi i settori giovanili si sono impoveriti a livello tecnico perché, rispetto a un po’ di anni fa, mancano i cortili, quindi i ragazzi si allenano meno e lo fanno soltanto al campo. Così, quando arrivano nelle società, hanno grosse lacune che dobbiamo colmare. Anche a livello di coordinazione noto ragazzi sempre più legati, mentre prima c’era una maggiore tendenza a farli giocare all’aperto e questo portava innegabili benefici dal punto di vista fisico».
Quindi pensi che sia questa la ragione principale dell’impoverimento del settore giovanile?
«Non solo, perché purtroppo in Italia si lavora troppo sulla tattica e sull’aspetto fisico per sopperire alle lacune tecniche, però a livello di qualità manca tanto. Infatti, quando trovi un ragazzo sopra la media, questo ti fa vincere le partite anche se la squadra non gioca bene, perché alla fine è la tecnica a fare la differenza».
Tornando alla tua squadra, qual è l’aspetto dove deve ancora migliorare per compiere il definitivo salto di qualità?
«Già adesso stiamo facendo molto bene, però ci manca ancora uno step a livello di mentalità. Bisogna capire che, per arrivare a raggiungere il nostro obiettivo, serve ancor più disponibilità al sacrificio. Tuttavia, devo riconoscere che il bello di allenare questi ragazzi è che ad ogni seduta dimostrano entusiasmo, rispetto e gratitudine, sia per il lavoro che svolgono sia per le persone che si mettono a loro disposizione per farli crescere. Io cerco sempre di coinvolgere tutti, anche quelli che non partono titolari e sono seduti accanto a me in panchina. Gli assegno dei compiti affinché restino sempre vigili e attivi perché sanno che possono rendersi utili alla squadra. Questo ha portato a creare un’alchimia molto bella nello spogliatoio».
Tatticamente, quale sistema di gioco si adatta meglio alle vostre caratteristiche?
«Io alterno 4-2-3-1 e 4-3-3, ma spesso ci mettiamo anche con un 4-2-4 che diventa 4-4-1-1 in fase di non possesso. Dipende dagli interpreti che ho a disposizione. A quest’età i ragazzi non hanno ancora un ruolo così ben definito, sta agli allenatori inquadrarli per capire come metterli nelle condizioni di rendere al meglio, anche in un’altra zona del campo rispetto a quella che ricoprono abitualmente».
Quale obiettivo vi siete posti per questa stagione?
«Vogliamo far crescere il maggior numero di giocatori per portarli in prima squadra nei prossimi anni, ma al contempo anche vincere il campionato perché, con la rosa che ho a disposizione, entrambe le cose possono andare di pari passo. Quando una squadra si mette a disposizione dell’allenatore io non mi sento di escludere nulla, né la Coppa né il campionato. Se poi troveremo qualcuno più bravo di noi gli faremo i complimenti